Una patologia oncologica spesso letale in cui non c’è alcuna evidenza a favore dello screening di popolazione. Ma la sorveglianza applicata ad individui ad alto rischio di sviluppare la malattia impatta davvero sulla sopravvivenza?
Blackford AL, Canto MI, Dbouk M, Hruban RH, Katona BW, Chak A, Brand RE, Syngal S, Farrell J, Kastrinos F, Stoffel EM, Rustgi A, Klein AP, Kamel I, Fishman E, He J, Burkhart R, Shin EJ, Lennon AM, Goggins M. Pancreatic Cancer Surveillance and Survival of High-Risk Individuals. JAMA Oncol. 2024 Jul 3:e241930.
Lo studio recentemente pubblicato su JAMA Oncology affronta il tema della sorveglianza in soggetti a rischio di sviluppare un adenocarcinoma pancreatico, una patologia oncologica con alta letalità (sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi pari a circa il 10% per tutti gli stadi) e nella quale non vi sono dati per raccomandare lo screening nella popolazione asintomatica a rischio standard.
Sebbene alcune esperienze iniziali suggeriscano che un attento monitoiraggio clinico strimentale focalizzato su individui con elevato rischio genetico possa aumentare il tasso di diagnosi precoce (stadio I/II), non vi è una prova che questo intervento sanitario impatti sull’outcome e su un maggior tasso di guarigione o lungosopravvivenza. Questo è infatti l’obiettivo dello studio: verificare se la sorveglianza applicata ad individui ad alto rischio di sviluppare la malattia arruolati nel programma CAPS (Cancer of the Pancreas Screening) impatti sulla sopravvivenza a lungo termine.
Gli individui high-risk sono stati inclusi basandosi su criteri di una predisposizione familiare (almeno un parente di primo grado affetto da carcinoma pancreatico e che fossero parte di un ceppo familiare con almeno un paio di parenti di primo grado ammalati) ovvero una predisposizione genetica (portatori di una mutazione germinale in un gene associato al carcinoma pancreatico ereditario quale ATM, BRCA1, BRCA2, CDKN2A, PALB2, o STK11). Nel momento in cui questi individui avessero sviluppato una lesione pancreatica sospetta o avessero una citologia positiva erano rapidamente sottoposti a chirurgia.
Gli individui erano matched con 1500 pazienti controllo estratti dal database SEER per sesso, età, sede della neoplasia e tipo di chirurgia ricevuta; è stata anche condotta una analisi di sensitività e un adjustement per il lead-time bias.
I dati di outcome di 26 soggetti ad alto rischio di sviluppare un adenocarcinoma pancreatico (61.5% per predisposizione familiare, 38.5% per predisposizione genetica) seguiti per un follow-up mediano di poco inferiore ai tre anni sono stati confrontati con quelli di 1.504 casi utilizzati come controllo.
Nei pazienti ad alto rischio osservati con sorveglianza stretta, al momento della diagnosi il diametro mediano della neoplasia primitiva era minore (2.5 cm [range 0.6-5.0] vs 3.6 cm [range, 0.2-8.0] P < 0.001). Inoltre gli individui oggetto di studio avevano maggiore probabilità di avere alla diagnosi uno stadio precoce rispetto ai casi controllo (stadio I n=10 [38.5%] vs stadio I n=155 [10.3%]; stadio II n=8 [30.8%] vs stadio II n=377 [25.1%]; P < 0.001).
Il tasso di mortalità cancro-specifica a 5 anni era anche inferiore (43% vs 86%; HR 3.58; 95% CI, 2.01-6.39; P < 0.001) e la sopravvivenza mediana più lunga (mOS 61.7 mesi [range, 1.9-147.3] vs 8.0 mesi [range, 1.0-131.0]; 5-year OS rate 50% [95% CI, 32%-80%] vs 9% [95% CI, 7%-11%]).
I risultati dello studio - in linea con le raccomandazioni della società americana di gastroenterologia che suggerisce la sorveglianza in individui selezionati per elevato rischio di sviluppare la malattia – dimostrano per la prima volta che la sorveglianza in questi soggetti non solo permette una diagnosi precoce con una maggiore probabilità di riscontrare la malattia in stadio I o II, ma anche impatta favorevolmente sull’outcome e sulla chance di guarigione e lungosopravvivenza.
Tra i limiti dello studio di coorte ricordiamo la bassa numerosità campionaria (sono stati seguiti solo 26 soggetti a rischio elevato), la variabilità dei metodi di sorveglianza utilizzati (ecoendoscopia, ecografia, RMN) e il rischio di falsi positivi che conducono a una chirurgia pancreatica non scevra di rischi anche in mani esperte e in centri ad alto volume.
Nello studio non erano previste analisi traslazionali e sarà sfidante adattare questi risultati al contesto europeo attuale, dove la larga maggioranza dei pazienti con adenocarcinoma pancreatico sono oggi testati per alterazioni geniche (BRCA mutazioni, ma non solo, secondo le più indicazioni di ESMO), talvolta estese ai parenti di primo grado.