Uno studio randomizzato condotto in India ha confrontato l’efficacia antiemetica e la sicurezza di 2 dosi di olanzapina in aggiunta alla terapia antiemetica standard: la dose di 2.5 mg si dimostra non inferiore rispetto alla dose di 10 mg, con una sonnolenza nettamente inferiore.
Bajpai J et al. Low-dose versus standard-dose olanzapine with triple antiemetic therapy for prevention of highly emetogenic chemotherapy-induced nausea and vomiting in patients with solid tumours: a single-centre, open-label, non-inferiority, randomised, controlled, phase 3 trial. Lancet Oncol, published January 12, 2024.
L’olanzapina è un antipsicotico che blocca numerosi neurotrasmettitori nel sistema nervoso centrale: i recettori della dopamina D1, D2, D3, della serotonina 5-HT2a, 5-HT2c, 5-HT3 e 5-HT6, gli α1 adrenergici, i muscarinici e quelli dell’istamina H1. Da vari anni, l’olanzapina è stata prima sperimentata e poi introdotta nella pratica clinica come agente antiemetico efficace. Tuttavia, il farmaco provoca una importante sonnolenza diurna quando somministrata alla dose standard.
Sulla base delle suddette premesse, un gruppo di autori indiani ha condotto uno studio randomizzato di non inferiorità, con l’obiettivo di confrontare l'efficacia di olanzapina a basso dosaggio rispetto a quella a dosaggio standard nei pazienti affetti da tumori solidi sottoposti a chemioterapia altamente emetogena.
Si trattava di uno studio di fase 3 randomizzato, in aperto, di non inferiorità, condotto in un singolo centro di riferimento per l'assistenza terziaria in India (Tata Memorial Centre, Homi Bhabha National Institute, Mumbai).
Lo studio prevedeva l’eleggibilità di pazienti di età compresa tra 13 e 75 anni con un performance status Eastern Cooperative Oncology Group (ECOG) pari a 0-2, che stavano ricevendo doxorubicina-ciclofosfamide o cisplatino a dosi elevate per il trattamento di un tumore solido.
I pazienti sono stati randomizzati (in rapporto 1:1), stratificati per sesso, età (≥55 o <55 anni) e regime chemioterapico, a ricevere una dose bassa (2,5 mg) quotidiana di olanzapina orale oppure olanzapina orale alla dose standard quotidiana (10,0 mg) per 4 giorni, in combinazione con un regime antiemetico triplo (steroide, antiserotoninergico, anti-NK1). Lo studio era condotto in aperto.
L'endpoint primario era il controllo completo, definito come l’assenza di episodi emetici, l’assenza di assunzione di farmaci di salvataggio e assenza di nausea (o al massimo presenza di lieve nausea) nella fase complessiva (0-120 ore) data dalla somma della fase acuta (giorno 1) e fase ritardata (giorni 2-5). L’endpoint era valutato nella popolazione intention-to-treat modificata (mITT) (costituita in pratica dai pazienti eleggibili che avessero ricevuto il trattamento previsto dal protocollo). L’endpoint di sicurezza di interesse era la sonnolenza diurna.
Lo studio prevedeva la dimostrazione di non inferiorità per la dose bassa di olanzapina se il limite superiore dell’intervallo di confidenza unilaterale al 95% della differenza tra le proporzioni di controllo completo tra i gruppi di trattamento avesse escluso il margine di non inferiorità del 10%.
Nello studio sono stati complessivamente randomizzati 275 pazienti, tra il febbraio 2021 e il maggio 2023. Nel dettaglio, 134 pazienti sono stati randomizzati al braccio trattato con olanzapina 2,5 mg e 141 al braccio trattato con olanzapina 10 mg).
Nella popolazione dell’analisi intention-to-treat modificata, comprendente 267 pazienti (132 nel gruppo trattato con 2,5 mg e 135 nel gruppo trattato con 10,0 mg), 252 pazienti (94%) erano di sesso femminile, solo 15 (6%) erano maschi e 242 (91 %) erano affetti da tumore della mammella.
59 (45%) pazienti su 132 nel braccio trattato con olanzapina 2,5 mg hanno ottenuto il controllo completo nel periodo complessivo di osservazione (fase acuta + ritardata), rispetto a 59 (44%) su 135 nel braccio trattato con olanzapina 10,0 mg (differenza –1,0% [intervallo di confidenza al 95% da –100.0 a +9.0]; p=0.87). L’intervallo di confidenza osservato ha soddisfatto la definizione di non inferiorità.
L’incidenza di sonnolenza diurna di qualsiasi grado nell’intero periodo di osservazione è risultata inferiore nel braccio trattato con olanzapina 2,5 mg rispetto al gruppo olanzapina 10,0 mg (86 [65%] su 132 vs 121 [90%] su 135; p<0.0001). Analogamente, anche l’incidenza di sonnolenza severa nel primo giorno è risultata minore nel braccio trattato con la dose più bassa di olanzapina (6 [5%] vs 54 [40%]; p<0.0001).
Sulla base dei risultati sopra sintetizzati, gli autori concludono che l'olanzapina alla dose di 2,5 mg, risultando non inferiore a 10,0 mg in termini di efficacia antiemetica, e determinando una ridotta insorgenza di sonnolenza diurna tra i pazienti sottoposti a chemioterapia altamente emetizzante, dovrebbe essere considerata come un nuovo standard di cura.
Da vari anni, l’olanzapina ha dimostrato efficacia come antiemetico, e il suo impiego è contemplato dalle linee guida nazionali ed internazionali. E’ noto che la dose di 10 mg è associata a un’incidenza tutt’altro che trascurabile di sonnolenza, e già studi precedenti avevano suggerito la dose di 5 mg come attiva in termini di profilassi antiemetica e al tempo stesso preferibile in termini di sonnolenza. Lo studio indiano si inserisce in tale “filone” di ricerca, proponendo una dose ancora più bassa in nome di un favorevole rapporto tra efficacia e tossicità.
Le linee guida AIOM (edizione 2021) commentavano le evidenze relative all’olanzapina affermando che “sono necessari di confronto dell’efficacia e tossicità di diverse dosi di olanzapina (ad esempio 2,5 mg vs 5 mg vs 10 mg, sempre associata alla tripletta di antiemetici) e di diverse schedule (ad esempio somministrazione di olanzapina solo al giorno 1 o per più giorni) per identificare la dose meno tossica ed ugualmente efficace di olanzapina.
Questa dose di olanzapina dovrebbe essere associata alla tripletta e valutata vs la sola tripletta di antiemetici sia in pazienti sottoposti a cisplatino che in donne affette da carcinoma della mammella sottoposte ad antracicline + ciclofosfamide per confermare i risultati degli studi già pubblicati.”
Da questo punto di vista lo studio indiano, condotto pressoché esclusivamente in donne affette da tumore della mammella, ha colmato una delle lacune dell’evidenza descritte nelle linee guida AIOM.