Il trial randomizzato NADINA, presentato in plenaria all'ASCO 2024 e immediatamente pubblicato, dimostra come in pazienti con melanoma stadio III un trattamento preoperatorio con ipilimumab e nivolumab sia superiore alla terapia standard indipendentemente dalla presenza di mutazione di BRAF.
Blank CU, et al. Neoadjuvant Nivolumab and Ipilimumab in Resectable Stage III Melanoma. N Engl J Med. 2024 Jun 2.
Nonostante l'utilizzo di terapie adiuvanti (che non hanno impattato sulla sopravvivenza overall anche considerate le terapie di salvataggio), la relapse-free survival a 5 anni dopo la resezione chirurgica di melanoma in stadio III resta limitata.
Sulla base del trial di fase I Opacin, lo studio NADINA si sviluppa come un trial di fase III randomizzato investigator-initiated dedicato ai pazienti con melanoma in stadio III e testa in setting preoperatorio la combinazione di ipilimumab e nivolumab, che dimostra alti tassi di risposta patologica completa in questo setting.
Il trial prevedeva la random 1:1 a due cicli preoperatori di ipilimumab (80 mg) + nivolumab (240 mg) q3w ovvero a chirurgia direttamente seguita da immunoterapia adiuvante. Nel caso del braccio sperimentale, il trattamento adiuvante era concesso solo in assenza di pCR/near pCR (<10% cellule vitali), con nivolumab o terapia target in base al profilo molecolare della malattia.
Fattori di stratificazione erano la presenza di mutazione BRAF, la provenienza geografica e la presenza di metastasi in-transit.
Endpoint primario del trial è la event-free survival (EFS), con una potenza del 90% di dimostrare un vantaggio assoluto del 15% in EFS (da 60% a 75%) a 24 mesi; endpoint secondario chiave la sopravvivenza overall, tra gli altri endpoint secondari vi erano il tasso di risposta patologica, la RFS e gli eventi avversi della terapia.
Sonon stati screenati 485 pazienti e 423 inclusi nella analisi ITT (212 nel braccio sperimentale vs 211 nel braccio standard), con caratteristiche clinico-patologiche ben bilanciate tra i due gruppi.
Nel braccio sperimentale 120 pazienti non ricevevano alcuna terapia adiuvante avendo ottenuto una risposta patologica maggiore con la terapia preoperatoria; nel braccio standard 170 pazienti avviavano invece il trattamento adiuvante con nivolumab.
Lo studio ha centrato il suo primary endpoint già alla prima analisi prepianificata, dimostrando un chiaro vantaggio per il trattamento neoadiuvante: EFS rate a 12 mesi era 83.7% vs 57.2% (eventi 28/212 vs 72/211), HR 0.32, 99%CI 0.15-0.66, p<0.0001. Il risultato di superiorità era confermato in tutti i sottogruppi ed indipendente dalla presenza/assenza di mutazione BRAF.
Da segnalare che alla revisione centralizzata il trattamento neoadiuvante con ipilimumab e nivolumab otteneva un 59% di pCR/near pCR, un fattore predittivo di outcome molto forte che come atteso era sottostimate alla radiologia.
La tossicità era maggiore nel braccio di terapia neoadiuvante.
Lo studio NADINA è un trial di strategia che dimostra un cambio di paradigma practice-changing: il trattamento neoadiuvante con la combinazione di ipilimumab e nivolumab diventa il nuovo standard di riferimento per pazienti con melanoma in stadio III.
I risultati del trial sono certamente in linea con quanto era stato suggerito dallo studio SWOG 1801, dove tuttavia il disegno era di fase II e il confronto era tra neoadiuvante + adiuvante (con pembrolizumab) vs sola terapia adiuvante.
Da segnalare che nel trial NADINA il vantaggio in EFS è stato ottenuto offrendo ai due terzi dei pazienti solo sei settimane di immunoterapia seguite da chirurgia e semplice follow-up, ma senza alcun trattamento adiuvante: questo dato ha importanti implicazioni cliniche, organizzative e di sostenibilità economica.
Oltre ai dati più maturi per stimare l'effetto in sopravvivenza overall, si attendono i risultati degli studi traslazionali sul materiale patologico disponibile e i possibili emendamenti agli studi di terapia adiuvante attualmente in corso.
Rimane anche da riflettere sulla possibilità di generare effetti collaterali gravi e talvolta difficilmente revertibili nel trattare i pazienti con intento guaritivo (la terapia preoperatoria con ipilimumab e nivolumab raddoppia il rischio di tossicità G3-G4). Nonostante questa evidenza un secondo abstract presentato ad ASCO 2024 dimostra non vi sia impatto negativo in QOL per il trattamento preoperatorio (LBA 9584).