Pubblicati sulle pagine del New England Journal of Medicine i risultati dello studio ALINA, presentato all’ESMO 2023, che ha documentato il netto beneficio ottenuto con alectinib adiuvante, nei casi di NSCLC con positività di ALK operati radicalmente, rispetto al tradizionale trattamento chemioterapico con platino.
Wu YL, Dziadziuszko R, Ahn JS, Barlesi F, Nishio M, Lee DH, Lee JS, Zhong W, Horinouchi H, Mao W, Hochmair M, de Marinis F, Migliorino MR, Bondarenko I, Lu S, Wang Q, Ochi Lohmann T, Xu T, Cardona A, Ruf T, Noe J, Solomon BJ; ALINA Investigators. Alectinib in Resected ALK-Positive Non-Small-Cell Lung Cancer. N Engl J Med. 2024 Apr 11;390(14):1265-1276. doi: 10.1056/NEJMoa2310532. PMID: 38598794.
Fino a poco tempo fa, i farmaci a bersaglio molecolare (e le relative determinazioni molecolari necessarie sul tessuto tumorale per identificare i casi oncogene addicted) hanno caratterizzato il trattamento dei pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule (non-small cell lung cancer, NSCLC) avanzato.
Come accade spesso in oncologia, ai successi ottenuti nella malattia avanzata sono seguiti i tentativi di sperimentare i trattamenti nei pazienti in stadio più precoce. Apripista sono state, come era accaduto nella malattia avanzata, le mutazioni attivanti di EGFR, con osimertinib che ha dimostrato un beneficio significativo prima in disease-free survival (DFS) e poi anche in overall survival (OS).
A ruota, sono stati presentati allo scorso ESMO meeting i risultati dello studio randomizzato di fase III Alina, che ha sperimentato l’impiego adiuvante di alectinib in pazienti operati per NSCLC caratterizzato dalla positvità di ALK. Lo studio è stato ora pubblicato dal New England Journal of Medicine.
Come noto, il trattamento standard, anche per i casi caratterizzati da positività di ALK, è stato finora rappresentato dalla chemioterapia con cisplatino.
Lo studio ALINA era uno studio randomizzato di fase III, che prevedeva l’inclusione di pazienti con NSCLC radicalmente resecato, in stadio IB (con dimensione del tumore superiore a 4 cm), II o IIIA (sulla base della settima edizione della classificazione AJCC / UICC).
I pazienti eleggibili sono stati randomizzati in rapporto 1:1.
Endpoint primario dello studio era la disease-free survival. Il piano statistico dello studio prevedeva un’analisi gerarchica, per cui la differenza tra i due bracci era in primis testata nei pazienti in stadio II-IIIA e, in caso di significatività in tale popolazione, nella popolazione intention-to-treat che includeva anche i pazienti in stadio IB.
Tra gli endpoint secondari, c’erano la disease-free survival specifica a livello del sistema nervoso centrale, la sopravvivenza globale e la tossicità del trattamento.
Complessivamente, sono stati randomizzati 257 pazienti, dei quali 130 assegnati al braccio sperimentale con alectinib e 127 al braccio di controllo con chemioterapia.
A 2 anni, nell’analisi condotta nei pazienti in stadio II e IIIA, la percentuale di pazienti vivi e liberi da recidiva è risultata pari a 93.8% nel braccio sperimentale e al 63.0% nel braccio di controllo. Tale differenza corrisponde a hazard ratio per recidiva o morte pari a 0.24, intervallo di confidenza al 95% 0.13 - 0.45, p<0.001).
Nell’analisi condotta nella popolazione intention-to-treat, a 2 anni, la percentuale di pazienti vivi e liberi da recidiva è risultata pari a 93.6% nel braccio sperimentale e al 63.7% nel braccio di controllo. Tale differenza corrisponde a hazard ratio per recidiva o morte pari a 0.24, intervallo di confidenza al 95% 0.13 - 0.43, p<0.001).
Un beneficio di dimensione simile è stato descritto anche in termini di disease-free survival a livello del sistema nervoso centrale, con un hazard ratio per recidiva o morte pari a 0.22, intervallo di confidenza al 95% 0.08 – 0.58).
I dati di sopravvivenza globale, al momento dell’analisi presentata nella pubblicazione, erano ancora immaturi.
L’analisi della tossicità ha evidenziato un profilo di eventi avversi coerente con quanto noto con alectinib nel trattamento della malattia avanzata.
Sulla base dei risultati sopra sintetizzati, gli autori concludono che alectinib ha dimostrato in questo studio un importante beneficio clinico e che si propone come nuova opzione di trattamento per i pazienti con NSCLC in stadio precoce operato radicalmente.
Il disegno dello studio era diverso rispetto a quello adottato per testare l’efficacia di osimertinib nei pazienti con NSCLC EGFR-mutato. In quel caso, i pazienti potevano ricevere chemioterapia sulla base della pratica clinica e, a valle dell’eventuale chemioterapia, erano randomizzati a ricevere osimertinib oppure nessun trattamento attivo. Invece, nello studio ALINA, si è testato alectinib direttamente rispetto alla chemioterapia standard, proponendo quindi il farmaco a bersaglio molecolare come alternativa all’attuale standard.
Come giustamente discusso dagli autori nella discussione del lavoro, poter evitare la chemioterapia adiuvante è sicuramente un potenziale vantaggio per i pazienti, anche se la tossicità di due anni di trattamento con alectinib non è banale. Peraltro, sottolineano che la percentuale di pazienti che hanno interrotto il trattamento per tossicità è stata contenuta, e inferiore con alectinib rispetto alla chemioterapia.
Sarà sicuramente interessante attendere i dati di sopravvivenza globale per capire meglio come il trattamento con alectinib, associato ad un inequivocabile beneficio nel ritardare la recidiva, modifichi eventualmente l’aggressività della malattia al momento della progressione e la sensibilità ai trattamenti sistemici da somministrare al momento della recidiva. In attesa di vedere tali risultati e tali dettagli, il risultato presentato sulle pagine del NEJM è sicuramente rilevante, e si candida per modificare le linee guida e la pratica clinica.
Come sempre, quando l’impiego di un farmaco presuppone un test molecolare, sarà essenziale la diffusione del test e la sua esecuzione tempestiva, per evitare disparità di accesso all’opzione terapeutica tra pazienti di centri diversi. Tale aspetto, insieme alla discussione sul ruolo eventuale della chemioterapia nei casi oncogene addicted e al tema della durata del trattamento adiuvante (necessariamente empirica, in questo caso 2 anni), è affrontato nel bell’editoriale di Antonio Passaro e Solange Peters che accompagna la pubblicazione dell’articolo.