Lunedì, 06 Giugno 2016
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Chemioradioterapia nel carcinoma del pancreas: un altro punto. A sfavore.

A cura di Giuseppe Aprile

Carcinoma del pancreas: oltre 11.000 casi all’anno in Italia e un paziente su tre esordisce con una malattia localmente avanzata. Lo studio LAP07 si propone di verificare in questa popolazione l’efficacia della radiochemioterapia di consolidamento dopo una fase di induzione con sola chemioterapia. 

Hammel P, et al. Effect of Chemoradiotherapy vs Chemotherapy on Survival in Patients With Locally Advanced Pancreatic Cancer Controlled After 4 Months of Gemcitabine With or Without Erlotinib: The LAP07 Randomized Clinical Trial. JAMA. 2016 May3;315(17):1844-53 

Un terzo dei pazienti con adenocarcinoma pancreatico esordisce con malattia localmente avanzata, giudicata non resecabile per infiltrazione vascolare venosa o arteriosa o, meno frequentemente, per infiltrazione degli organi vicini.

Questa condizione conferisce ai pazienti una prognosi non certo favorevole (sopravvivenza mediana di 10-12 mesi, sopravvivenza a 5 anni del 10-15%), ma intermedia tra quella dei pazienti con malattia resecabile e quella dei pazienti con malattia metastatica.

In questa situazione, il ruolo della chemioradioterapia rimane contraddittorio. Spesso, il motivo della negatività dei risultati degli studi ad oggi pubblicati è imputato a errore nel disegno statistico, sample-size limitato, regimi chemioterapici obsoleti ovvero trattamenti radioterapici poco moderni.

Ma superati questi limiti, i dati possono cambiare? Lo studio LAP07 coordinato dal GERCOR francese persegue una strategia di trattamento sequenziale e si pone due obiettivi principali: 1) verificare se l’introduzione di erlotinib in combinazione a gemcitabina nella terapia di induzione sia di beneficio e 2) stabilire se la chemioradioterapia di consolidamento dopo il controllo iniziale della malattia (dopo 4 mesi di trattamento) sia superiore al proseguire la sola chemioterapia. I risultati preliminari dello studio, inizialmente presentati all’ASCO 2013 e updatati l’anno seguente, giungono ora alla pubblicazione in esteso. Obiettivo primario dello studio era la sopravvivenza overall determinata dal momento della prima randomizzazione. 

Lo studio è stato completato nell’accrual in circa 3 anni e mezzo, da febbraio 2008 a dicembre 2011. Nella prima randomizzazione sono stati inclusi 442 pazienti (223 a sola gemcitabina, 219 a gemcitabina + erlotinib); di questi 269 pazienti che non avevano discontinuato il trattamento sono stati randomizzati una seconda volta alla prosecuzione della sola chemioterapia (136) vs al consolidamento con chemioradioterapia (133). I dati finali sono pubblicati a un follow-up mediano di circa 3 anni.

La maggior parte dei pazienti aveva un PS 0-1 (circa 95%), una neoplasia cefalopancreatica (65% circa) e un’età mediana di 63 anni. La positività linfonodale era stata documentata in circa il 40% dei casi.

L’analisi prepianificata ad interim per l’endpoint primario è stata condotta dopo il raggiungimento di 221 eventi morte (109 tra quelli randomizzati a chemioradioterapia vs 112 in quelli assegnati a proseguire la sola chemioterapia) ed ha raggiunto il limite stabilito per futilità. In effetti, la sopravvivenza mediana dalla prima randomizzazione era di 16.5 mesi per i pazienti assegnati al trattamento con sola chemioterapia (95%CI 14.5-18.5 mesi) vs 15.2 mesi per i pazienti assegnati al trattamento radiochemioterapico (95%CI 13.9-17.3 mesi) e tale differenza non era statisticamente significativa (HR 1.03, 95%CI 0.79-1.34). Tuttavia va segnalato che il trattamento con chemioradioterapia permetteva di ottenere un minor tasso di recidiva locale (32% vs 46%, p=0.03) senza gravare in maniera rilevante sulla tossicità.

Come era ragionevole attendersi dai risultati dello studio di NCI Canadese PA.3 (Moore M, et al. J Clin Oncol 2007) che peraltro includeva un 25% di pazienti con malattia localmente avanzata, nemmeno l’utilizzo di erlotinib in combinazione alla gemcitabina nella fase di induzione era di vantaggio: HR 1.19 (a sfavore di erlotinib), 95%CI 0.97-1.45, p=0.09.

Da segnalare che solo 18 pazienti inclusi nella sperimentazione clinica hanno avuto una conversione a malattia resecabile, con una sopravvivenza mediana riportata di circa 31 mesi.

Un altro punto a sfavore del trattamento radioterapico per il carcinoma del pancreas, già criticato dopo resezione radicale, che anche se condotto con tecniche moderne non pare utile nella malattia localmente avanzata.

Erlotinib nella patologia pancreatica? Da dimenticare.

Altri schemi sono possibili? La sensazione è che l’utilizzo di FOLFIRINOX potrebbe migliorare l’outcome in questa situazione: in una recente revisione sistemica della letteratura sono riportate PFS di 15 mesi e sopravvivenza mediana superiore ai 2 anni, seppur i dati si riferiscano a pazienti selezionati, non abbiano un braccio di controllo e debbano essere validati da studi prospettici ad hoc (Suker M, Lancet Oncol 2016)