Lunedì, 04 Aprile 2016
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Neoplasia del pancreas: quando la nanomedicina fa passi da gigante

A cura di Giuseppe Aprile

Dopo il nab-paclitaxel, un altro chemioterapico ingabbiato in minuscole particelle liposolubili per raggiungere una maggior concentrazione a livello tumorale. Testata l’efficacia dell’irinotecan nanoliposomiale in pazienti con carcinoma del pancreas.

Wang-Gillam A, et al.Nanoliposomal irinotecan with fluorouracil and folinic acid in metastatic pancreatic cancer after previous gemcitabine-based therapy (NAPOLI-1): a global, randomised, open-label, phase 3 trial. Lancet 2015, epub ahead of print Nov 22

La notevole attività dei trattamenti di prima linea nel tumore pancreatico sta producendo un aumento della quota di pazienti che progrediscono con un minor carico di malattia e che, in condizioni cliniche migliori al momento dell'evoluzione della malattia, possono beneficiare di un trattamento successivo. La scelta della terapia di seconda linea, tuttavia, rimane ancorata a un giudizio soggettivo e prevalentemente limitata a un trattamento non cross-resistente.

Mentre studi clinici di fase II hanno suggerito come irinotecan abbia un ruolo in questa patologia, la possibilità di somministrare questa molecola incapsulata in liposomi di piccole dimensioni (irinotecan nanoliposomiale, aka Nal-IRI o MM-398) ne permette di migliorare l’attività, aumentando il livello di irinotecan e del suo metabolita attivo SN-38 a livello tumorale di circa 5 volte.

Sulla scorta dei risultati di un interessante studio di fase II (Ko AH, et al. Br J Cancer 2013), lo studio NAPOLI-1 ha confrontato in pazienti pretrattati con una combinazione contenente gemcitabina e KPS>60 il trattamento con irinotecan nanoliposomiale single-agent (120 mg/mq ogni 3 settimane) vs 5-FU e leucovorin (fluoropirimidina somministrata a 2000 mg/mq in 24 ore con schedula settimanale). Non appena sono stati resi noti i dati di safety della combinazione, il trial è stato emendato con l’aggiunta di un terzo braccio con irinotecan liposomiale a 80 mg/mq + 5-FU a 2400 mg/mq in 46 ore ogni 2 settimane (prevedendo quindi una randomizzazione 1:1:1 nella versione emendata del protocollo).

Endpoint primario dello studio era la sopravvivenza overall nella popolazione intention-to-treat, con i seguenti fattori di stratificazione: KPS (<90 vs 90 o 100), livello di albumina plasmatica (<40 g/L vs 40 o superiore) e etnia (caucasica vs Asiatica vs altro).

Tra gli endpoint secondari ricordiamo la PFS, il tasso di risposte e la qualità di vita.

Da notare, inoltre, che il 20% dei pazienti randomizzati avevano ricevuto trattamento radiante e il 30% circa almeno due precedenti linee di terapia.

Inoltre, tutti i pazienti erano testati per genotipo di UGT1A1: in caso di presenza omoziogote dell’aplotipo UGT1A1*28 la dose dell’irinotecan nanoliposomiale era ridotta di 20 mg/mq al primo ciclo.

Lo studio NAPOLI-1, in soli 18 mesi, ha arruolato 417 pazienti che sono stati randomizzati al trattamento con solo nal-IRI (n=151), con solo 5-FU ic (n=149) o alla combinazione (n=117).

Mentre la sopravvivenza mediana non differiva nei due bracci ad agente singolo (4.9 mesi per solo nal-IRI vs 4.2 mesi per solo 5-FU, HR 0.99, p=0.94), il trattamento di combinazione ha prodotto un incremento della sopravvivenza mediana di circa 2 mesi rispetto al solo 5-FU: sopravvivenza overall mediana di 6.1 mesi (95%CI 4.8-8.9) vs 4.2 mesi (95%CI 3.3-5.3), HR 0.67, 95%CI 0.49-0.92, p=0.012.

In accordo al dato principale, la combinazione ha dimostrato di essere superiore al solo 5-FU anche in termini di risposte (16% vs 1%), PFS mediana (HR 0.56), tempo alla progressione (HR 0.60) e risposta biochimica (28% vs 9%).

Come atteso, la tossicità del trattamento è stata leggermente superiore nel braccio di combinazione (27% di neutropenia G3-G4, 10% di tossicità gastrointestiale, 14% di fatigue), ma la terapia è stata nel complesso molto ben tollerata.

Interessante notare che in entrambi i bracci di trattamento un terzo dei pazienti riceveva al momento della progressione una successiva terapia (terza-quarta linea).

"Riformulare" è il verbo vincente nella patologia pancreatica. Se hanno deluso paclitaxel e irinotecan, hanno centrano l’obiettivo nab-paclitaxel e irinotecan nanoliposomiale.

Con lo studio NAPOLI-1 si apre dunque una nuova prospettiva di trattamento in pazienti che hanno fallito una prima linea con gemcitabina, che si affianca alla combinazione con oxaliplatino (Oettle H, et al. J Clin Oncol 2014); rimane da stabilire se l’esposizione upfront a FOLFIRINOX (che contiene irinotecan) possa essere un fattore limitante nella scelta del trattamento di seconda linea.

Ora, considerati i successi sequenziali di queste nuove molecole nella malattia pancreatica, possiamo iniziare a parlare di (nano)strategia?