Lo specifico pattern di progressione al trattamento con atezolizumab - secondo un recente studio metodologico tedesco - si associa ad una diversa durata della sopravvivenza post-progressione. La proposta di una nuova categorizazione della progressione produce risvolti clinici e fa riflettere sul futuro disegno dei trial.
Saal J, Eckstein M, Ritter M, Brossart P, Luetkens J, Ellinger J, Grünwald V, Hölzel M, Klümper N. Dissection of Progressive Disease Patterns for a Modified Classification for Immunotherapy. JAMA Oncol. 2024 Dec 26.
Se 15 anni fa i criteri RECIST hanno stabilito un oggettivo paradigma di rinnovamento nella modalità di classificare risposta e progressione al trattamento chemioterapico, ora si sente la necessità di evolvere nel definire la progressione all'immunoterapia.
Non solo si sono susseguiti criteri RECIST modificati ad hoc (immunoRECIST), ma gli studi biologici sul comprendere meccanismi di eterogeneità nella valutazione della singola lesione hanno aperto nuovi scenari, anche considerando che un discreto numero di pazienti continua a beneficiare del trattamento immunoterapico anche dopo la formale PD.
Lo studio tedesco, condotto su poco meno di 1400 pazienti inclusi in 5 trial clinici randomizzati di fase III con atezolizumab nel braccio sperimentale (OAK, IMmotion151, IMvigor211, IMspire150, e Impower133), mira a verificare se segmentare in differenti categorie il pattern di progressione possa avere dei risvolti nella predizione della prognosi del paziente, associandosi a una differente sopravvivenza post-progressione.
In particolare, sono stati evidenziati 7 differenti pattern di progressione:
1) incremento del +20% dal baseline o dal livello minimo raggiunto in qualsiasi target lesion
2) PD in qualsiasi nontarget lesion
3) PD in almeno una target lesion e almeno 1 nontarget lesion
4) comparsa di qualsiasi nuova lesione senza PD in target/nontarget lesion
5) comparsa di qualsiasi nuova lesione con PD in lesioni target ma non in lesioni nontarget
6) comparsa di qualsiasi nuova lesione con PD in lesioni nontarget ma non in lesioni target
7) comparsa di qualsiasi nuova lesione con PD sia in lesioni target che in lesioni nontarget
verificando quindi l'associazione del pattern con la sopravvivenza post progressione (PPOS, differenza tra PFS e OS).
La possibilità di PPOS a 6 mesi variava dal 26% per il pattern 7 al 90% per i casi di progressione esclusiva nelle sole lesioni target o nontarget.
E' stata quindi categorizzata la PD in tre differenti livellli di rischio: i pattern di progressione 1-3 sono stati definiti come low risk, il pattern 4 come intermediate risk, e i pattern 5-7 come high risk.
Questi score erano associati a una PPOS in pazienti con carcinoma renale in progressione a immunoterapia rispettivamente con HR di 0.23 (95%CI 0.13-0.41; P <0.001) e HR 0.39 (95%CI 0.23-0.66; P <0.001) per i rischi basso e intermedio vs la PD con pattren di rischio elevato (trial IMmotion 151).
A conferma, la probabilità di sopravvivenza a 12 mesi dopo la prima progressione era del 75% in caso di progressione con pattern a basso rischio, del 58% in caso di progressione con pattern a rischio intermedio e del 25% in caso di progressione con pattern ad alto rischio.
La validità dello score è stata confermata tra differenti tipologie di tumori trattati con atezolizumab.
Lo studio - che si allinea ad altri tentativi di rifinire l'uso dei criteri RECIST per la valutazione di risposta all'immunoterapia - conferma che la progressione durante PD-L1 inibitore sia un evento eterogeneo e suggerisce una categorizzazione in tre gruppi del pattern di progressione che possa aiutare il clinico nel predire l'oucome successivo del paziente e scegliere quindi in modo più ragionato la strategia terapeutica.
Un plus del lavoro è la conferma della classificazione in multiple patologie oncologiche, sebbene la proporzione tra i tre tipi di pattern di progressione non sia omogenea per tumori differenti, i dati derivino da analisi post-hoc di trial clinici e manchi in ogni caso una validazione prospettica. Non è nemmeno considerata la variabile temporale: è ragionevole supporre che una rapida evluzione della malattia predica prognosi meno favorevole.
Ma che una progressione pluridistrettuale (nella quale si censisca la comparsa di nuove lesioni e un simultaneo aumento dimensionale di quelle esistenti) sia meno favorevole di una progressione più "limitata" è davvero una grande sorpresa?