Un’analisi specificamente condotta nei pazienti sottoposti a trattamento chemio-immunoterapico, a differenza di quanto osservato con l’immunoterapia da sola, non evidenzia impatto negativo della terapia antibiotica, sia pregressa sia concomitante.
A. Cortellini, B. Ricciuti, F. Facchinetti, J.V.M. Alessi, D. Venkatraman, F.G. Dall’Olio, P. Cravero, V.R. Vaz, D. Ottaviani, M. Majem, A. Piedra, I. Sullivan, K.A. Lee, G. Lamberti, N. Hussain, J. Clark, A. Bolina, A. Barba, J.C. Benitez, T. Gorría, L. Mezquita, D. Hoton, F. Aboubakar Nana, B. Besse, M.M. Awad, D.J. Pinato. Antibiotic-exposed patients with non-small cell lung cancer preserve efficacy outcomes following first-line chemo-immunotherapy. Annals of Oncology, August 13, 2021. https://doi.org/10.1016/j.annonc.2021.08.1744
I farmaci immunoterapici di nuova generazione sono parte essenziale del trattamento di prima linea dei pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule, in assenza di oncogene addiction. Come noto, nei casi con espressione di PD-L1 superiore al 50%, il trattamento con immunoterapia da sola ha dimostrato efficacia superiore rispetto alla chemioterapia, ed è attualmente l’unico trattamento rimborsato in Italia. La combinazione di chemioterapia e immunoterapia, invece, ha dimostrato efficacia indipendentemente dall’espressione di PD-L1, ed è attualmente rimborsata in Italia solo per i casi con PD-L1 inferiore al 50%.
E’ noto che gli antibiotici, alterando la flora batterica intestinale, possono modificare l’efficacia del trattamento immunoterapico. Negli ultimi anni, in particolare, varie pubblicazioni hanno documentato l’impatto negativo dell’impiego di antibiotici sull’outcome dei pazienti sottoposti a trattamento immunoterapico.
Gran parte dei lavori in questione riguardano pazienti che ricevevano immunoterapia da sola, mentre attualmente molti pazienti ricevono nella pratica clinica, come trattamento di prima linea, la combinazione di chemioterapia ed immunoterapia. In tale setting, l’impatto del trattamento con antibiotici è meno studiato.
Lo studio recentemente pubblicato da Annals of Oncology è frutto di una collaborazione multicentrica, che ha coinvolto 8 centri.
L’analisi retrospettiva era condotta con l’obiettivo di descrivere l’associazione tra l’impiego di antibiotici (sia pregresso, vale a dire nei 30 giorni precedenti l’inizio del trattamento antitumorale, che durante il trattamento) e l’outcome dei pazienti con tumore del polmone non a piccolo cellule (NSCLC), sottoposti a trattamento chemio-immunoterapico di prima linea.
Endpoint dell’analisi erano:
L’impatto della terapia antibiotica è stato valutato mediante la conduzione di un’analisi multivariata, che includeva tutte le principali variabili prognostiche, aggiungendo anche l’interazione tra esposizione ad antibiotici e performance status, in considerazione del maggior impiego di antibiotici nei pazienti con performance status più compromesso.
Allo scopo di evitare il bias legato alla durata della potenziale esposizione (che in teoria avrebbe favorito un miglior outcome nei pazienti esposti agli antibiotici durante il trattamento chemio-immunoterapico), l’impiego concomitante di antibiotici è stato analizzato come variabile tempo-dipendente.
L’analisi ha incluso 302 pazienti affetti da tumore del polmone non a piccole cellule in stadio IV. Nel dettaglio, 216 pazienti (pari al 71.5%) erano ex fumatori, e 61 (pari al 20.2%) erano attualmente fumatori. Lo stato di PD-L1 era noto in poco più del 90% dei casi, ed era ≥ 50% in 76 pazienti (25.2%), compreso tra 1% e 49% in 84 pazienti (27.9%) ed era <1% in 113 pazienti (37.5%).
All’analisi multivariata, la precedente esposizione ad antibiotici non ha evidenziato un impatto significativo sulla prognosi rispetto ai casi non esposti:
Analisi esploratorie non hanno evidenziato differenze significative sulla base della durata della terapia antibiotica (inferiore o superiore a 7 giorni), né sulla base della modalità di somministrazione (endovenosa oppure orale).
L’impiego di antibiotici durante la terapia chemio-immunoterapica non è risultato associato a un significativo impatto sulla prognosi, né in termini di sopravvivenza globale (Hazard Ratio 1.29, intervallo di confidenza al 95% 0.91 - 1.84, p = 0.149) né in termini di sopravvivenza libera da progressione (Hazard Ratio 1.20, intervallo di confidenza al 95% 0.89 - 1.63, p = 0.222).
Sulla base dei risultati sopra sintetizzati, gli autori sottolineano che, a differenza di quanto evidenziato nei pazienti che ricevono un trattamento immunoterapico come agente singolo, nei pazienti sottoposti a trattamento combinato chemio-immunoterapico il pregresso trattamento con antibiotici non ha dimostrato un impatto significativo sulla prognosi.
Dal momento che l’uso recente di antibiotici ha documentato un impatto negativo nei pazienti che ricevono immunoterapia da sola, mentre questo studio non evidenzia un impatto significativo nei pazienti che ricevono la combinazione di chemio-immunoterapia, l’uso recente di antibiotici potrebbe rappresentare un criterio di scelta del trattamento nei casi con PD-L1 elevato, potenzialmente candidati a entrambe le strategie. Va sottolineato, comunque, che al momento in Italia il trattamento di prima linea rimborsato in questi casi è solo il trattamento con agente singolo.
Gli autori sottolineano anche che la necessità di intraprendere una terapia antibiotica durante il trattamento chemio-immunoterapico non ha ripercussioni negative sull’outcome.
L’analisi, che ha il merito di produrre dati in un setting dove l’impatto della terapia antibiotica era stato ancora poco investigato, è ovviamente limitata dalla natura retrospettiva e dall’assenza di un dimensionamento del campione sulla base di un’ipotesi predefinita.