Uno studio di fase III documenta il prolungamento della sopravvivenza globale con l’aggiunta dell’atezolizumab alla chemioterapia nel microcitoma esteso. Il risultato è importante, in una patologia “orfana”, ma l’entità del vantaggio non è ottimale.
Leora Horn, M.D., Aaron S. Mansfield, M.D., Aleksandra Szczęsna, M.D., Libor Havel, M.D., Maciej Krzakowski, M.D., Ph.D., Maximilian J. Hochmair, M.D., Florian Huemer, M.D., György Losonczy, M.D., Ph.D., Melissa L. Johnson, M.D., Makoto Nishio, M.D., Ph.D., Martin Reck, M.D., Tony Mok, M.D., Sivuonthanh Lam, Pharm.D., David S. Shames, Ph.D., Juan Liu, Ph.D., Beiying Ding, Ph.D., Ariel Lopez-Chavez, M.D., Fairooz Kabbinavar, M.D., Wei Lin, M.D., Alan Sandler, M.D., and Stephen V. Liu, M.D. for the IMpower133 Study Group. First-Line Atezolizumab plus Chemotherapy in Extensive-Stage Small-Cell Lung Cancer. The New England Journal of Medicine. September 25, 2018. DOI: 10.1056/NEJMoa1809064
Da vari decenni, il trattamento sistemico standard dei pazienti affetti da microcitoma polmonare è rappresentato dalla chemioterapia con platino ed etoposide. Numerosi studi che hanno testato l’efficacia dell’aggiunta di farmaci a bersaglio molecolare, in combinazione con la chemioterapia, oppure impiegati come mantenimento dopo il completamento del trattamento chemioterapico, oppure impiegati come trattamento di seconda linea al fallimento della chemioterapia, hanno inesorabilmente prodotto risultati negativi.
Negli ultimi anni, al pari delle altre neoplasie solide, l’immunoterapia di nuova generazione è stata sperimentata anche nel microcitoma polmonare. Questa neoplasia è caratterizzata da un elevato carico mutazionale, che, in analogia con altre neoplasie, rappresenta un buon razionale per testare l’efficacia dell’immunoterapia. Un precedente studio randomizzato di combinazione con la chemioterapia di prima linea, condotto con ipilimumab, ha prodotto un risultato negativo.
Ad oggi, le linee guida NCCN elencano tra i trattamenti possibili per I pazienti affetti da microcitoma polmonare il nivolumab e la combinazione di nivolumab ed ipilimumab, in pazienti pretrattati con chemioterapia che siano in progressione entro 6 mesi, e tale inclusione tra le opzioni terapeutiche si basa su dati di uno studio di fase I/II. Recentemente, la Food and Drug Administration statunitense ha rilasciato un’approvazione accelerata per l’impiego del nivolumab come agente singolo nei pazienti con microcitoma in progressione dopo chemioterapia con platino e un’altra linea di terapia. Tale approvazione è basata sui dati del gruppo di pazienti con microcitoma trattati nell'ambito dello studio non randomizzato CheckMate-032, nel quale è stata dimostrata una proporzione di risposte obiettive pari al 12% e una durata della risposta mediana pari a 17.9 mesi.
Lo studio IMpower133 era uno studio randomizzato di fase III, in doppio cieco, con placebo, disegnato per valutare l’efficacia dell’aggiunta dell’atezolizumab alla chemioterapia con carboplatino ed etoposide,in pazienti affetti da microcitoma polmonare in stadio esteso, candidati a trattamento sistemico di prima linea.
Lo studio prevedeva la randomizzazione in rapporto 1:1. La randomizzazione era stratificata per sesso, performance status e presenza di metastasi cerebrali.
Non era prevista selezione, né stratificazione, sulla base dell'espressione di PD-L1.
I pazienti assegnati al braccio sperimentale ricevevano carboplatino, etoposide ed atezolizumab per 4 cicli, con cadenza trisettimanale (fase di induzione), seguiti da una fase di mantenimento in cui ricevevano atezolizumab, fino a tossicità inaccettabile o progressione di malattia.
I pazienti assegnati al braccio sperimentale ricevevano carboplatino, etoposide e placebo per 4 cicli, con cadenza trisettimanale (fase di induzione), seguiti da una fase di mantenimento in cui ricevevano placebo, fino a tossicità inaccettabile o progressione di malattia.
Durante la fase di mantenimento, la radioterapia encefalica era consentita, mentre non era prevista la radioterapia toracica.
I due endpoint primari dello studio erano:
L’analisi è stata condotta secondo il principio dell’intention-to-treat.
Complessivamente, lo studio ha visto la randomizzazione di 403 pazienti, dei quali 201 sono stati randomizzati al braccio sperimentale con chemioterapia e atezolizumab, e 202 pazienti sono stati randomizzati al braccio di controllo con chemioterapia e placebo.
Dopo un follow-up mediano pari a 13.9 mesi, la sopravvivenza globale mediana è risultata pari a 12.3 mesi nel braccio sperimentale e 10.3 mesi nel braccio di controllo (hazard ratio 0.70, intervallo di confidenza al 95% 0.54 – 0.91, p=0.007).
La sopravvivenza libera da progressione mediana è risultata pari a 5.2 mesi nel braccio sperimentale e 4.3 mesi nel braccio di controllo (hazard ratio 0.77, intervallo di confidenza 0.62 – 0.96, p=0.02).
Il profilo di tollerabilità della combinazione sperimentale (atezolizumab + chemioterapia con carboplatino ed etoposide) è risultato coerente con l’atteso, sulla base del noto profilo di tossicità dei singoli farmaci.
Lo studio randomizzato di fase III presentato al WCLC di Toronto e contestualmente pubblicato sulle pagine del New England Journal of Medicine ha documentato l’efficacia dell’aggiunta di atezolizumab alla chemioterapia di prima linea per I pazienti affetti da microcitoma polmonare esteso. La combinazione sperimentale ha documentato un incremento statisticamente significativo della sopravvivenza globale e della sopravvivenza libera da progressione.
In termini assoluti, l’incremento della sopravvivenza globale mediana è stato di 2 mesi, e l’incremento della sopravvivenza libera da progressione mediana è stato di circa 1 mese. Negli ultimi anni, commentando i risultati ottenuti con l’immunoterapia di nuova generazione in molti tipi di tumori solidi, abbiamo spesso sottolineato che il confronto delle mediane non appare la migliore modalità per la descrizione del beneficio associato al trattamento sperimentale, in quanto quest’ultimo ha spesso determinato un significativo miglioramento non tanto della mediana quanto della “coda della curva”, vale a dire della percentuale di pazienti che si beneficia di un’efficacia a lungo termine del trattamento.
L’andamento delle curve dello studio IMpower133, purtroppo, non documenta un grande beneficio da questo punto di vista: ci sono molti pazienti con follow-up troncato, è vero, e questo potrebbe modificare, con il prolungamento del follow-up l’andamento della parte destra delle curve, ma al momento anche la curva del braccio sperimentale non evidenzia, purtroppo, l’auspicato plateau che abbiamo positivamente commentato in altri setting con il trattamento immunoterapico.
Il microcitoma è una patologia “orfana” che, negli ultimi decenni, ha visto tanti pazienti morire senza poter beneficiare di alcuna innovazione terapeutica. Questo porta a considerare il risultato ottenuto con atezolizumab, in ogni caso, come un’importante novità in questa patologia. Peraltro, se ci imponiamo di giudicare criticamente la rilevanza clinica dei risultati, è doveroso sottolineare che il risultato è tutto sommato lontano dall’essere esaltante, in quanto sembrano comunque molto pochi i pazienti che ottengono un beneficio prolungato.
Una tappa, insomma, piuttosto che un punto d’arrivo.