Immunoterapia
Martedì, 06 Ottobre 2020

Per gli appassionati di immunoterapia

A cura di Fabio Puglisi

Per gli appassionati di immunoterapia importanti novità arrivano dallo studio IMpassion031, presentato all'ESMO 2020 e pubblicato sulla prestigiosa rivista The Lancet. Questa volta è protagonista atezolizumab che, nel setting neoadiuvante e in combinazione con la chemioterapia per il trattamento di pazienti con carcinoma mammario triple negative, produce un convincente beneficio in termini di risposte patologiche complete. 

Mittendorf EA, et al. Neoadjuvant atezolizumab in combination with sequential nab-paclitaxel and anthracycline-based chemotherapy versus placebo and chemotherapy in patients with early-stage triple-negative breast cancer (IMpassion031): a randomised, double-blind, phase 3 trial. Lancet 2020 (Epub ahead of print)

Disegno: studio randomizzato (1:1) di fase III, in doppio cieco, placebo-controlled.

Popolazione in studio: donne di età >18 anni, con diagnosi di carcinoma mammario triple negative in stadio II-III.

Trattamento neoadiuvante: Atezolizumab 840 mg o Placebo ogni 2 settimane associato a chemioterapia con nab-paclitaxel 125 mg/m2/settimana per 12 somministrazioni e, a seguire, doxorubicina 60 mg/m2 e ciclofosfamide 600 mg/m2 q14 per 4 cicli. 

Stratificazione: stadio e stato di PD-L1.

Co-primary endpoints: risposta patologica completa (pCR) in tutte le pazienti in studio (popolazione intention-to-treat, ITT) e nella popolazione PD-L1 positiva (cellule immunitarie infiltranti il tumore PD-L1 positive in ≥1% dell’area tumorale). 

L’arruolamento si è protratto per circa 2 anni (luglio 2017-settembre 2019) e ha visto il coinvolgimento di 455 pazienti. In totale, sono risultate eleggibili 333 pazienti (165 assegnate al braccio sperimentale con atezolizumab e 168 assegnate al braccio con placebo). 

Tasso di pCR nella popolazione ITT (atezolizumab + chemioterapia vs. placebo + chemioterapia): 58% vs 41%, differenza del 17%, p=0.004.

Tasso di pCR nella popolazione PDL-1 positiva (atezolizumab + chemioterapia vs. placebo + chemioterapia): 69% vs 49%, differenza del 20%, p=0.021.

Gli eventi avversi osservati fra le pazienti che hanno ricevuto atezolizumab + CT sono consistenti con i dati della letteratura. L’aggiunta di atezolizumab non ha compromesso la possibilità di ricevere chemioterapia. L’incidenza di eventi avversi seri è stata maggiore nel braccio con atezolizumab (neutropenia febbrile, polmonite, febbre in ≥2% delle pazienti). Gli eventi avversi di interesse speciale sono stati parimenti maggiori nel braccio con atezolizumab (epatite 1%, ipotiroidismo 7% e reazioni infusionali 10%).

Lo studio IMpassion031 ha valutato il ruolo dell’aggiunta di atezolizumab alla chemioterapia quale trattamento neoadiuvante in pazienti con carcinoma mammario triple negative in stadio II-III.

In accordo ai risultati dello studio, la combinazione di atezolizumab e chemioterapia (sequenza di nab-paclitaxel e AC) aumenta significativamente il tasso di risposta patologica completa (pCR) mantenendo un profilo di tossicità accettabile. 

Il beneficio in termini di pCR è indipendente dallo stato di PD-L1, a differenza di quanto osservato nello studio IMpassion130 dove il beneficio della combinazione atezolizumab/nab-paclitaxel impiegato nel trattamento di pazienti con carcinoma mammario triple negative in stadio avanzato è apparso confinato alla popolazione con tumori positivi per PD-L1. 

L’impressione è che lo stadio possa influenzare il beneficio dell’immunoterapia, ipotizzando che in pazienti in stadio avanzato il microambiente immunologico tumorale sia meno efficace, specie in presenza di uno stato PD-L1 negativo. 

Il beneficio da atezolizumab associato alla chemioterapia è risultato consistente nei vari sottogruppi, sebbene vada riconosciuto che lo studio non ha una potenza statistica sufficiente per un’analisi di sottogruppo. 

Di particolare interesse il beneficio nel sottogruppo con linfonodi positivi (delta in pCR del 27%) dove si ipotizza una maggiore attivazione del sistema immunitario da parte della terapia con immune checkpoint inhibitors. 

I risultati dello studio IMpassion031 sono molto promettenti, tuttavia il limite principale dello studio è quello di non essere adeguatamente potenziato per valutare outcome a lungo termine quali l’event-free survival o l’overall survival.