Immunoterapia
Sabato, 26 Febbraio 2022

Quale scelta è più efficace, immunoterapia da sola o combinazione con la chemio?

A cura di Massimo Di Maio

Una delle questioni più discusse negli ultimi anni è stata la scelta della miglior terapia nei casi di tumore del polmone avanzato con espressione elevata di PD-L1: solo immunoterapia oppure chemio-immuno? In assenza di confronti randomizzati, i dati di real world possono contribuire all’evidenza?

M. Pérol, E. Felip, U. Dafni, et al. Effectiveness of PD-(L)1 Inhibitors Alone or in Combination With Platinum-Doublet Chemotherapy in First-Line (1L) Non-Squamous Non-Small Cell Lung Cancer (nsq-NSCLC) With PD-L1–High Expression Using Real-World Data. Ann Oncol 2022. Published:February 23, 2022 DOI:https://doi.org/10.1016/j.annonc.2022.02.008

Nei pazienti con tumore del polmone non a piccolo cellule (NSCLC) avanzato, selezionati per elevata espressione di PD-L1 (superiore al 50%), l’immunoterapia con agente singolo ha dimostrato superiorità rispetto alla chemioterapia, ed ha cambiato lo standard di trattamento di questi pazienti. Il primo farmaco a dimostrare questo tipo di beneficio è stato il pembrolizumab, nell’ambito dello studio KEYNOTE-024.

Successivamente, vari studi hanno dimostrato la superiorità della combinazione di chemio-immunoterapia rispetto alla chemioterapia da sola, indipendentemente dall’espressione di PD-L1, proponendo anche la combinazione come standard di trattamento.

In ragione di tali risultati, sia l’immunoterapia come agente singolo sia la combinazione sono, nei casi con elevata espressione di PD-L1, trattamenti considerati efficaci. Non esistono confronti randomizzati diretti che abbiano dimostrato la superiorità della combinazione rispetto all’immunoterapia da sola.

L’analisi pubblicata da Annals of Oncology mirava a produrre evidenze sul suddetto confronto, basandosi su una raccolta retrospettiva di dati “real world”. Erano eleggibili pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule metastatico, ad istologia non squamosa, caratterizzati da elevata espressione di PD-L1, che nel periodo compreso tra l’ottobre 2016 e il febbraio 2019 avessero iniziato un trattamento di prima linea con immunoterapia come agente singolo, oppure con la combinazione di chemioterapia a base di platino e immunoterapia.

Endpoint dell’analisi erano:

  • - La sopravvivenza globale (overall survival, OS)
  • La sopravvivenza libera da progressione(progression-free survival, PFS).

Considerando che le rivalutazioni strumentali e cliniche non erano basate su un protocollo prospettico ma sulla pratica clinica, descritta retrospettivamente, gli autori hanno definito questo endpoint “real-world PFS”.

Sia la sopravvivenza globale che la PFS sono state analizzate mediante metodo di Kaplan Meier. L’analisi è stata corretta (adjusted hazard ratio) per alcune caratteristiche prognostiche basali considerate rilevanti per l’outcome dei pazienti. La correzione è stata eseguita mediante la tecnica dell’”inverse probability of treatment weighting”. Quest’ultima è una delle tecniche statistiche impiegate per ridurre l’impatto del bias di selezione quando si confrontano tra loro serie di pazienti in cui l’assegnazione del trattamento non è avvenuta a caso, ma inevitabilmente influenzata dalle caratteristiche cliniche. Ad esempio, è chiaro che un paziente considerato in condizioni più scadute sarà stato più facilmente trattato con l’immunoterapia come agente singolo che con la combinazione con terapia a base di platino.

Il bias di selezione tra i due gruppi confrontati è confermato dal fatto che i pazienti trattati con immunoterapia come agente singolo (che erano 351) erano mediamente più anziani rispetto ai pazienti trattati con la combinazione di chemio-immunoterapia (che erano 169).

Le analisi sono state condotte dopo un follow-up mediano di 19.9 mesi per la combinazione di chemio-immunoterapia e 23.5 mesi per l’immunoterapia da sola.

Non sono state descritte differenze significative tra i 2 gruppi in termini di sopravvivenza globale e di real world PFS.

Nel dettaglio, la OS mediana è risultata pari a 21.0 mesi con la combinazione e 22.1 mesi con l’immunoterapia da sola (Hazard Ratio corretto 1.03, intervallo di confidenza al 95% 0.77 - 1.39, p=0.83).

La PFS real-world mediana è risultata pari a 10.8 mesi con la combinazione e 11.5 mesi con l’immunoterapia da sola (Hazard Ratio corretto 1.04, intervallo di confidenza al 95% 0.78 - 1.37, p=0.81).

Nel sottogruppo di pazienti senza storia di fumo (che erano in tutto 50), è stato riportato un risultato significativamente migliore a favore della combinazione di chemio-immunoterapia, sia in termini di OS (Hazard Ratio 0.25, intervallo di confidenza al 95% 0.07-0.83) sia in termini di PFS real world (Hazard Ratio 0.40, intervallo di confidenza al 95% 0.17-0.95).

Sia l’analisi di PFS che di OS hanno evidenziato un’interazione significativa tra l’efficacia del trattamento e la storia di fumo (P=0.02 per l’analisi di OS e p=0.04 per l’analisi di PFS).

Sulla base dei risultati sopra sintetizzati, gli autori dello studio pubblicato da Annals of Oncology concludono che, con l’eccezione del sottogruppo dei pazienti non fumatori, l’impiego dell’immunoterapia da sola rispetto alla combinazione di chemio-immunoterapia, nei pazienti con tumore del polmone avanzato non squamoso caratterizzato da elevata espressione di PD-L1, non sembra impattare significativamente sulla sopravvivenza.

In assenza di confronti diretti randomizzati, in questi ultimi tempi si è molto discussa la scelta tra le 2 opzioni (combinazione di chemio-immunoterapia vs immunoterapia da sola), entrambe sicuramente migliori rispetto alla chemioterapia da sola, ma che non sono state confrontate direttamente tra loro.

In Italia, la scelta del trattamento è condizionata dalla restrizione regolatoria, in quanto in questi pazienti il trattamento con immunoterapia agente singolo è rimborsato, mentre il trattamento con la combinazione di chemioterapia e immunoterapia (che rappresenta lo standard per i casi con PD-L1 assente o basso) non è rimborsato.

Di fatto, quindi, la decisione clinica nel nostro paese è dettata dalla suddetta restrizione di rimborsabilità. Sul piano teorico, la dimostrazione di superiorità rispetto alla chemioterapia è avvenuta prima per l’immunoterapia agente singolo, facendo di quest’ultima lo standard di trattamento, quindi l’onere della dimostrazione di superiorità rispetto a quest’ultima spetterebbe alla combinazione di chemio-immunoterapia, in quanto inevitabilmente associata a una maggiore tossicità. Peraltro, ci sono situazioni cliniche in cui, in assenza di restrizioni regolatorie, si sarebbe tentati di scegliere la combinazione con la chemio invece che l’agente singolo, pur in assenza di un confronto diretto.

Ebbene, l’analisi retrospettiva non evidenzia differenze significative in termini di efficacia. Naturalmente, l’analisi è metodologicamente più debole rispetto a uno studio randomizzato, in quanto i bias di selezione potrebbero falsare il risultato. E’ vero che , da una parte, i pazienti trattati con immunoterapia come agente singolo erano più anziani, come atteso, e probabilmente più fragili. E’ anche vero però che, potendolo fare, sono stati i pazienti con caratteristiche peggiori di aggressività di malattia ad essere trattati con la combinazione. Questo complica inevitabilmente l’interpretazione delle curve di sopravvivenza.

Nel complesso, i risultati confortano le decisioni cliniche dettate finora dalla restrizione regolatoria in Italia, e confortano anche chi, in assenza di dimostrazione diretta di superiorità, ha scelto convintamente il trattamento meno tossico.

Interessante peraltro, anche alla luce della letteratura già esistente sull’associazione tra storia di fumo ed efficacia dell’immunoterapia, il dato relativo al sottogruppo dei pazienti non fumatori. Questi ultimi hanno un outcome peggiore quando trattati con l’immunoterapia da sola.

Le linee guida AIOM (edizione 2021) contengono una raccomandazione positiva forte a favore dell’impiego del pembrolizumab come agente singolo: Nei pazienti con NSCLC metastatico, senza mutazioni di EGFR o riarrangiamenti di ALK, con espressione di PD-L1 ≥ 50%, il trattamento di prima linea con pembrolizumab dovrebbe essere preso in considerazione come opzione terapeutica di prima scelta rispetto alla chemioterapia.