Le tossicità autoimmuni in corso di trattamento immunoterapico possono colpire tutti gli organi, anche il cuore. Per fortuna sono rare, ma quando capitano possono essere letali. Un’analisi basata sulle segnalazioni di eventi avversi fornisce interessanti numeri.
Salem J-E, Manouchehri A, Moey M, et al. Cardiovascular toxicities associated with immune checkpoint inhibitors: an observational, retrospective, pharmacovigilance study. Lancet Oncol 2018; published online Nov 12.
I nuovi immunoterapici, immune checkpoint inhibitors (ICIs), sono ormai parte del trattamento standard di numerosi tumori, e il numero di tali indicazioni sta rapidamente aumentando. Le tossicità autoimmuni sono ormai ben conosciute dagli oncologi che gestiscono tali farmaci, e sono stati recentemente pubblicati e ampiamente condivisi algoritmi per la diagnosi e la corretta gestione delle varie forme di tossicità. Alcune di queste sono più comuni, altre decisamente più rare. Tra queste ultime, va annoverata la tossicità cardio-vascolare, indubbiamente non comune ma che, quando capita, può mettere seriamente a rischio la vita del paziente.
L’analisi pubblicata da Lancet Oncology mira proprio a descrivere l’incidenza e le caratteristiche delle tossicità cardiovascolari nei pazienti trattati con ICIs. Mentre i singoli studi randomizzati si basano sui dati di poche centinaia di pazienti, e possono essere quindi largamente imprecisi nella stima delle tossicità rare, l’analisi del lavoro si basa sui dati di VigiBase, un grosso database di farmacovigilanza dell’Organizzazione Mondiale della Salute.
Si tratta quindi di uno studio osservazionale, retrospettivo, basato sulle segnalazioni di eventi avversi raccolte dal suddetto database.
Obiettivo dell’analisi è la descrizione del rischio di tossicità cardiovascolare, misurata in modo indiretto. Infatti, gli autori non possono usare come denominatore il totale dei pazienti trattati con ICIs (in quanto tale dato non è disponibile nel database, che si limita a raccogliere le segnalazioni di eventi avversi), ma stimano il rischio confrontando il numero di segnalazioni di tossicità cardiovascolare sul totale di segnalazioni per i pazienti trattati con ICIs, rispetto al numero di segnalazioni di tossicità cardiovascolare sul totale dell’intero database (vale a dire quindi per i pazienti trattati con qualunque altro farmaco).
L’analisi si basa su un totale di 31321 eventi avversi riportati nei pazienti trattati con ICIs, a fronte di 16343451 eventi avversi complessivamente presenti nel database, vale a dire riportati nei pazienti trattati con qualunque farmaco.
Il confronto indiretto del sottogruppo di segnalazioni per i pazienti trattati con ICIs con l’intero database ha evidenziato:
Le analisi di sottogruppo hanno evidenziato una maggiore frequenza di eventi avversi pericardici nei pazienti affetti da tumore del polmone, mentre la miocardite e la vasculite sono risultate più frequentemente riportate nei pazienti affetti da melanoma.
La grande maggioranza degli eventi avversi cardiovascolari segnalati è risultata severa (più dell’80%), con un’elevata letalità (50% dei casi di miocardite, 21% dei casi di pericardite, 6% dei casi di vasculite.
E' noto che gli studi registrativi, che sono ovviamente indispensabili per quantificare il beneficio di un trattamento sperimentale rispetto al precedente standard terapeutico, hanno dei limiti per quanto riguarda l'accurata descrizione delle tossicità. In particolare, mentre gli eventi avversi comuni sono accuratamente "catturati" dalla descrizione della tossicità in uno studio di fase III, altrettanto non è sempre vero per quanto riguarda le tossicità più rare. E' quindi importante la registrazione e l'analisi degli eventi avversi potenzialmente associati ai farmaci anche dopo la loro immissione in commercio.
Lo studio pubblicato da Lancet Oncology si basa sui grandi numeri di un database globale di farmacovigilanza, e, con una metodologia apparentemente ostica e indubbiamente caratterizzata da alcuni ovvi limiti, prova a quantificare il rischio di comparsa di eventi avversi cardiovascolari nei pazienti sottoposti a terapia con ICIs.
L’elevata severità e letalità di tali eventi, per quanto fortunatamente rari, giustifica l’attenzione al problema. I dati di questa pubblicazione, naturalmente, non vanno letti in tono allarmistico: la descrizione della tossicità cardiovascolare non modifica il giudizio complessivamente favorevole sul rapporto tra benefici e rischi per le indicazioni oggi approvate per l'impiego dei nuovi farmaci immunoterapici.
Peraltro, come giustamente sottolineato dagli autori, tale dato va tenuto presente sia nel disegno di nuovi studi di combinazione con farmaci potenzialmente cardio-tossici, sia nella gestione dei pazienti trattati nella pratica clinica.