Immunoterapia
Venerdì, 04 Giugno 2021

Tumore uroteliale: immunoterapia adiuvante dopo la chirurgia, verso un nuovo standard

A cura di Giuseppe Aprile

Meno recidive se è somministrata l'immunoterapia dopo la resezione chirurgica della neoplasia uroteliale muscolo invasiva [origine vescicale, ureterale o della pelvi renale]: questa è la bottom-line dello studio CheckMate 247, che ha testato nivolumab in setting adiuvante.

Bajorin DF, et al. Adjuvant Nivolumab versus Placebo in Muscle-Invasive Urothelial Carcinoma. N Engl J Med. 2021 Jun 3;384(22):2102-2114

Per anni si è dibattuto su quale fosse il miglior trattamento adiuvante dopo la resezione radicale di una neoplasia uroteliale muscolo-invasiva, una condizione che all'esame istologico definitivo riguarda la metà dei pazienti sottoposti a una chirurgia radicale per neoplasia localizzata in sede vescicale, ureterale ovvero originata nel bacinetto renale.

Sebbene la chemioterapia con platino possa essere considerata dopo l'intervento chirurgico nei tumori uroteliali "alti", il consenso sul beneficio in tremini di DFS non è internazionale e non è chiaro né cosa proporre a chi non possa ricevere platino né quale sia la migliore strategia in caso di residuo di malattia dopo il trattamento preoperatorio. Proprio per queste ragioni il braccio di controllo scelto come standard nel trial CheckMate 247 è stato solo placebo.

Inoltre, anche sull'immunoterapia restava aperto il dubbio, noti i risultati negativi del trial IMvigor10 che non ha dimostrato vanraggio in DFS per atezolizumab vs placebo in un setting molto simile [Bellmunt J, et al. Adjuvant atezolizumab versus observation in muscle-invasive urothelial carcinoma (IMvigor010): a multicentre, open-label, randomised, phase 3 trial. Lancet Oncol. 2021 Apr;22(4):525-537].

Il trial CheckMate 247 è stato disegnato come un fase III randomizzato classico, condotto in, che includeva pazienti dopo chirurgia radicale R0 a ricevere nivolumab alla dose di 240 mg ogni 14 gg per un anno ovvero placebo. I pazienti potevano avere ricevuto chemioterapia neoadiuvante. Fattori di stratificazione erano l[espressione di PD-L1 (≥1% vs. <1% or indeterminata), lo stato patologico dei linfonodi (N+ vs. N0 o NX con <10 linfonodi asportati vs. N0 con ≥10 linfonodi asportati) e l'uso di chemioterapia con cisplatino precedente alla chirurgia.

Endpoint primari simultanei della sperimentazione erano la DFS in tutti i pazienti [analisi ITT] e in quelli con neoplasia ad espressione di PD-L1 ≥1%.

 

In accordo al disegno dello studio, 353 pazienti hanno ricevuto nivolumab e 356 placebo. 

La mediana di disease-free survival nella popolazione ITT era 20.8 mesi (95%CI 16.5 - 27.6) nel braccio sperimentale con nivolumab e 10.8 mesi (95%CI 8.3 - 13.9) in quello dei pazienti assegnati al placebo.

Il tasso di sopravvivenza senza ripresa di malattia a sei mesi era 74.9% vs 60.3% a favore del trattamento con immunoterapia (HR per disease recurrence o morte, 0.70; 98.22%CI 0.55-0.90; P<0.001) e tale vantaggio era amplificato per i pazienti con neoplasia ad espressione di PD-L1 edi almeno 1%: 74.5% vs 55.7% (HR 0.55; 98.72%CI 0.35-0.85; P<0.001).

Interessante anche notare che il trattamento con nivolumab aumentava la sopravvivenza senza progressione extrauroteliale - come ci si aspetta da un trattamento che conferisce protezione sistemica - con una mediana pari a 22.9 mesi (95%CI 19.2-33.4) con il nivolumab e di 13.7 mesi (95%CI 8.4-20.3) con il placebo, con una chance di essere vivi e senza progressione extrauroteliale a sei mesi che passava dal 62.7% al 77.0% [HR 0.72] in tutta la popolazione analizzata e dal 56.7% al 75.3% [HR 0.55] nella popolazione PD-L1 positiva.

I dati di sopravvivenza overall erano immaturi al momento della pubblicazione.

Non sono emersi eventi collaterali inattesi, con un maggiore numero di effetti collaterali severi registrati nel braccio di terapia attiva e due morti tossiche relate a polmoniti non infettive.

Il vantaggio in DFS per il trattamento adiuvante con nivolumab in pazienti radicalmente operati per neoplasia uroteliale muscolo invasiva fa rivalutare il beneficio dell'immunoterapia in questo setting - anche dopo il drawback dell'ateolizumab - e propone nivolumab come un possibile nuovo standard terapeutico.

Le osservazioni che suggeriscono il vantaggio possa essere amplificato nella popolazione con neoplasia ad espressione di PD-L1 ≥1%, nei pazienti con neoplasia vescicale e dopo una chemioterapia preoperatoria con cisplatino [aumenta l'espressione di neoantigeni] devono essere considerate generatori di ipotesi da testare in prospettico.

Si attendono dati più maturi sulla sopravvivenza: il follow up mediano era di soli 21 mesi, sebbene dopo questo breve tempo la metà dei pazienti nel braccio sperimentale e quasi il 60% di quelli randomizzati al braccio standard avessero riportato l'evento per endpoint primario.