E' allarme rosso quando il 15% della popolazione assorbe oltre il 40% delle risorse sanitarie. In risposta al report dell’Institute of Medicine (IOM), un nuovo intervento dell’ASCO sulla gestione del paziente oncologico anziano, un tentativo per recuperare una situazione che sta sfuggendo al controllo?
Hurria A, et al. Improving the Evidence Base for Treating Older Adults With Cancer: American Society of Clinical Oncology Statement. J Clin Oncol 2015, epub ahead of print July 20
Il tempo di trascurare l’evidenza è finito da un pezzo: gli anziani sono una parte economicamente fondamentale della nostra società e costituiscono il nodo più critico nell’ambito dell’healthcare planning dei paesi industrializzati. Gli anziani (over 70 anni) rappresentano ora il 15% della popolazione, ma la loro quota è destinata a crescere rapidamente e superare il 22% della popolazione entro il 2030. Non solo, ma tra gli anziani il gruppo a maggiore crescita è quello degli over 85, soggetti per definizione fragili anche se non ammalati. In questa situazione un panel di esperti dell’ASCO affronta tre temi noti, ma ancor oggi senza un’adeguata soluzione:
1. la crescita notevole della prevalenza di pazienti oncologici anziani
2. la limitata rappresentazione della popolazione over 70 negli studi clinici (10-15%) e i pochi studi condotti in modo specifico nella popolazione anziana
3. le implicazioni cliniche del gap di conoscenza: la diversità nei trattamenti impostati nella pratica clinica, lo sfavorevole rapporto rischio/danno nella popolazione anziana, il maggior numero di eventi avversi.
Comprensibilmente, per il report non vi è un disegno statistico.
Il panel di esperti, dopo un’analisi ragionata, propone alcune raccomandazioni:
1. Utilizzare al meglio i trial clinici per implementare la conoscenza sul trattamento degli anziani con neoplasia. Su questo punto è incoraggiata la valutazione geriatrica multidisciplinare all’ingresso in studio e il report degli outcomes principali segmentati per classe di età.
2. Modificare e guidare l’approccio del disegno degli studi specifici per la popolazione anziana. In particolare, si auspica l’adozione di disegni innovativi e della ricerca di comparative effectiveness, facilitandola raccolta di notizie sulla popolazione geriatrica nei database clinici a integrare i big data.
3. Incrementare l’autorità (e autorevolezza?) della Food and Drug Administration nell’incentivare la ricerca oncologica geriatrica. Attualmente la FDA suggerisce, ma non richiede in modo obbligatorio, l’evidenza di dati di efficacia anche nella popolazione anziana. Gli autori suggeriscono agli enti regolatori di pretendere dagli sponsor dati di attività, efficacia e sicurezza delle nuove terapie anche nella popolazione anziana e di includere nei nuclei di valutazioni oncogeriatri di esperienza.
4. Favorire l’arruolamento dei pazienti anziani nei trial clinici, con un programma di educazione per i medici oncologi esplicativo dei vantaggi di avere informazioni specifiche nella popolazione anziana e una gratificazione economica per l’arruolamento dei senior negli studi.
5. Implementare il report da parte dei clinici riguardo la distribuzione per età e lo stato di salute dei pazienti arruolati. Questo potrebbe essere anche ottenuto tramite un’influenza sulle pubblicazioni scientifiche, richiedendo un dettaglio dei pazienti inclusi per classi di età (decadi, non range), invitando i peer reviewers a considerare la correttezza di questa informazione e includendo esperti di oncologia geriatrica negli editorial boards.
I baby boomers degli anni 50 sono diventati settantenni e l’ASCO prende sempre maggiore consapevolezza che il problema degli anziani sta diventando, per molti versi, ingestibile e pericoloso sia dal puntio di vista sociale che economico. Si corre ai ripari (in modo a tratti poco convincente), ma i ripari basteranno?