Uno studio irlandese condotto su pazienti con tumore del retto conferma che il rischio di morte collegata al tumore è maggiore in chi alla diagnosi fuma rispetto ai non fumatori, mentre tale incremento del rischio non si osserva negli ex fumatori!
Sharp, L., McDevitt, J., Brown, C., Carsin, A.-E. and Comber, H. (2017), Association between smoking at diagnosis and cause-specific survival in patients with rectal cancer: Results from a population-based analysis of 10,794 cases. Cancer. doi:10.1002/cncr.30583
E’ noto che la prevenzione primaria, in ambito oncologico, si concentra sulla cessazione dell’abitudine al fumo (o meglio ancora sull’evitare l’inizio dell’abitudine), al fine di ridurre l’incidenza del tumore del polmone e di altre neoplasie per le quali il fumo rappresenta un noto fattore di rischio.
E’ altrettanto importante ricordare, comunque, che numerosi studi, condotti non solo nel tumore del polmone ma anche in altri tumori, sottolineano l’importanza della cessazione del fumo in chi ha già ricevuto una diagnosi oncologica. In alcuni casi, è stato documentato un effetto negativo del fumo sulla tollerabilità ai trattamenti (e già questo basterebbe a raccomandare con decisione di cessare il fumo), ma in alcuni casi è stata anche descritta un’associazione tra il fumo e un peggior outcome di malattia.
In questo contesto, si inserisce l’analisi pubblicata su Cancer, che ha preso in esame l'associazione tra l'abitudine al fumo e l'outcome di una casistica irlandese di pazienti affetti da carcinoma del retto.
Lo studio di coorte è stato condotto con l’intento di verificare l’eventuale ruolo prognostico indipendente del fumo ala diagnosi in termini di sopravvvivenza globale in tali pazienti, descrivendo l’eventuale interazione di tale associazione con le caratteristiche cliniche dei pazienti (età, sesso, tipo di trattamento).
Lo studio si è basato sui dati di 10794 pazienti diagnosticati nel periodo compreso tra il 1994 ed il 2012, inseriti nel National Cancer Registry irlandese. I pazienti sono stati classificati sulla base dello stato di fumo alla diagnosi come fumatori, ex fumatori e mai fumatori.
L’analisi della sopravvivenza si è basata su un follow-up di 5 anni, troncato a fine 2012.
L’endpoint primario dell’analisi era la sopravvivenza specifica per neoplasia (cancer-specific death), e gli autori hanno analizzato l’impatto dello stato di fumo in un modello multivariato di Cox. Analisi di sottogruppo sono state eseguite per descrivere l’eventuale interazione con età, sesso e tipo di trattamento.
Sul totale di 10794 pazienti inseriti nell’analisi, il 25% erano fumatori al momento della diagnosi, il 24% erano ex fumatori, e il 51% erano mai fumatori.
Rispetto ai pazienti mai fumatori, i fumatori alla diagnosi presentavano un rischio di morte legato al tumore significativamente peggiore (Hazard Ratio 1.15, intervallo di confidenza al 95% 1.06 – 1.24).
Al contrario, il rischio di morte legato al tumore per i pazienti ex fumatori non è risultato significativamente peggiore rispetto ai pazienti mai fumatori (Hazard Ratio 1.02, intervallo di confidenza al 95% 0.94 – 1.11).
Nelle analisi per sottogruppi, il rischio di morte dei fumatori alla diagnosi, rispetto ai non fumatori, è risultato significativamente peggiore nei maschi (Hazard Ratio 1.13, intervallo di confidenza al 95% 1.02-1.24), ma non nelle femmine (Hazard Ratio 1.05; intervallo di confidenza al 95% 0.90 - 1.23). Tale interazione, comunque, non è risultata statisticamente significativa.
Nessuna interazione significativa è stata inoltre riscontrata analizzando i sottogruppi per età e per tipo di trattamenti ricevuti.
Lo studio pubblicato su Cancer è importante in quanto ci ricorda la potenzialità dell’invito alla cessazione del fumo, non soltanto come strumento di prevenzione primaria, ma anche come strumento di prevenzione “terziaria”, per il miglioramento dell’outcome, in pazienti che abbiano già ricevuto una diagnosi oncologica.
L’analisi basata sul registro dei pazienti irlandesi prendeva in considerazione, come endpoint primario, la sopravvivenza cancro-specifica, quindi la maggiore mortalità, significativamente peggiore, per i pazienti fumatori alla diagnosi, rispetto ai non fumatori, non è semplicemente attribuibile alla maggiore frequenza di eventi di altro tipo, correlati al fumo, ma proprio ad una peggiore prognosi del tumore del colon-retto.
La dimensione del rischio non è clamorosa, in quanto l’analisi multivariata descrive Hazard Ratio pari a 1.15 per i fumatori rispetto ai non fumatori. E’ importante sottolineare, però, che questa dimensione è del medesimo ordine di grandezza del vantaggio ottenuto con alcuni tipi di trattamento comunemente proposti nella pratica clinica, sia per questo tipo di neoplasia che per altri tumori. Sarebbe un peccato se il beneficio associato ai trattamenti venisse “vanificato”, in tutto o in parte, da una scarsa attenzione alla cessazione del fumo, che dovrebbe invece sempre essere tenuta presente, da parte sia degli operatori sanitari che dei pazienti.