Miscellanea
Martedì, 08 Marzo 2016

La ricerca sul carcinoma mammario: è una danza di porcospini?

A cura di Fabio Puglisi

L'autorevole penna della Martine Piccart fa il punto sulle novità scientifiche del 2015 in tema di carcinoma mammario. Buon connubio tra ricerca accademica e interesse clinico. Ogni tanto, per fortuna, i porcospini riprendono a danzare.

Piccart MJ, Gingras I. Breast cancer in 2015: Academic research sheds light on issues that matter to patients. Nat Rev Clin Oncol 2016; 13:67-8.

Nella ricerca medica, le difficoltà di interazione tra accademia e industria sono state descritte attraverso la metafora della danza dei porcospini* ripresa da una novella inglese. D'inverno, i porcospini si ritirano nelle tane e stanno vicini tra loro per scaldarsi, senza pungersi vicendevolmente. Accademia e industria sono costrette a muoversi l'una vicina all'altra ma, al contrario dei porcospini, rischiano di farsi male. Il timore che interessi divergenti sfocino in risultati a danno del paziente e della ricerca stessa è alto (Lewis S, et al. CMAJ 2001;165:783-5)

A rassicurarci, una revisione a cura della prof. Martine Piccart che riassume gli avanzamenti più rilevanti della ricerca sul carcinoma mammario riportati nel 2015. Diversi studi, condotti in modo indipendente, hanno prodotto risultati con ricadute direttamente tangibili per le pazienti. Forse i porcospini, ogni tanto, ritrovano la voglia di danzare.  

 

Nello sviluppo delle strategie terapeutiche antitumorali, è più popolare aggiungere che togliere. La diretta conseguenza è una escalation nella prescrizione dei farmaci con un incremento esponenziale dei costi. La ricerca focalizzata sulla rimozione di determinati agenti potenzialmente tossici da schemi terapeutici collaudati è, altresì, estremamente rilevante ma di difficile conduzione. Classico esempio in cui l'accademia può e deve intervenire, muovendosi oltre gli interessi dell'industria. 

  • Lo studio di fase II a singolo braccio coordinato dal Dana–Farber Cancer Institute ha esplorato l'omissione delle antracicline nel trattamento adiuvante di pazienti con carcinoma mammario HER2 positivo a rischio più basso per T (T1 e T2) e N (N0). Dopo un follow-up mediano di circa 4 anni, il tasso di recidiva è stato particolarmente contenuto impiegando un regime con 3 mesi di paclitaxel settimanale e un anno di trastuzumab.

-Tolaney, S. M. et al. N. Engl. J. Med. 372, 134–141 (2015)-

  • Lo studio SOFT ha sottolineato che il beneficio dalla soppressione della funzione ovarica in aggiunta al tamoxifene, approccio gravato da un triplicarsi degli effetti collaterali, è ristretto alle donne in premenopausa con un rischio iniziale sufficientemente alto da ricevere la chemioterapia. In altre parole, la chemioterapia assume il significato di un proxy del rischio.
    Viceversa, nelle situazioni la cui prognosi è stimata buona, la monoterapia con tamoxifene è una valida opzione terapeutica.

-Francis, P. A. et al. N. Engl. J. Med. 372, 436–446 (2015)-

  • Lo studio americano TAILORx, prospettico, accademico, è stato disegnato per definire le condizioni nelle quali la chemioterapia adiuvante può essere evitata. Nel 2015, sono stati riportati i dati di una parte dello studio. In particolare, è stato osservato un outcome eccellente per le donne definite a basso rischio sulla base dello score dell’ Oncotype DX®: 98.7% di donne sopravviventi libere da recidiva con la sola terapia endocrina. 

-Sparano, J. A. et al. N. Engl. J. Med. 373, 2005–2014 (2015)-

La ricerca sul trattamento radiante incontra spesso difficoltà nel ricevere adeguati finanziamenti.

  • Nel 2015 sono stati riportati i risultati di due studi con follow-up di 10 anni. Nonostante le differenze in termini di popolazione studiata e di dimensione campionaria, i due trial sono giunti alla medesima conclusione: l'aggiunta della radioterapia sui linfonodi rispetto alla sola terapia sulla mammella residua o sulla parete toracica non migliora la sopravvivenza ma riduce il tasso di recidive locali e a distanza.  L'entità dell'effetto è modesta e sono necessari approfondimenti di ricerca traslazionale per identificare quei sottogruppi che potrebbero trarre il beneficio maggiore.

-Whelan, T. J. et al. N. Engl. J. Med. 373, 307–316 (2015)-

-Poortmans, P. M. et al. N. Engl. J. Med. 373, 317–327 (2015)-

Il trattamento della malattia metastatica è l'arena dove vengono messe alla prova le terapie innovative. Non sorprende quindi che lo scenario sia caratterizzato da una prevalenza di studi guidati dall'industria.

  • Onore al merito per i gruppi CALGB e NCCTG che sono stati in grado di effettuare un confronto testa a testa tra nab-paclitaxel e ixabepilone verso paclitaxel, tutti i farmaci in combinazione con bevacizumab, quale trattamento di prima linea in 799 donne con carcinoma mammario metastatico. Il vincitore in termini di progression free survival (PFS) e di time to treatment failure è risultato il paclitaxel convenzionale.

-Rugo, H. S. et al. J. Clin. Oncol. http://dx.doi.org/10.1200/jco.2014.59.5298 (2015)-

  • Similmente, uno studio inglese ha dimostrato che nel confronto tra carboplatino (AUC6 q21) verso docetaxel (100 mg/m2 q21) in donne carcinoma mammario metastatico triple-negative, il primo si rivela superiore nei casi con documentata mutazione di BRCA, l'8% della popolazione del trial: PFS mediana di 6.8 verso 3.1 mesi. Lo studio non è stato ancora pubblicato in extenso.

-Tutt, A. et al. Cancer Res. 75, S3-01 (2015)-

  • Interessanti anche i risultati degli studi con l'inibitore di CDK4/6, il palbociclib. Sia in combinazione con letrozolo che in combinazione con il fulvestrant, il farmaco ha fatto registrare un importante beneficio in termini di PFS, con un profilo di tossicità maneggevole (neutropenia e fatigue) e non interferendo con la qualità di vita. 

-Finn, R. S. et al. Lancet Oncol. 16, 25–35 (2015)-

-Turner, N. C. et al.  N. Engl. J. Med. 373, 209–219 (2015).

Altro ambito di studio con risultati prodotti dalla ricerca accademica è quello del "molecular imaging".

  • Il trial ZEPHIR è stato disegnato con l'obiettivo di decifrare la eterogeneità del carcinoma mammario HER2 positivo. Un totale di 56 pazienti con patologia HER2‑positiva in stadio avanzato sono state sottoposte a HER2 PET–CT prima di ricevere T-DM1. L'espressione di HER2 è risultata eterogenea nei vari siti metastatici. Inoltre, circa il 29% delle pazienti aveva una HER2 PET–CT negativa; tale sottogruppo ha ricavato un beneficio modesto dal trattamento con T-DM1.

-Gebhart, G. et al.  Ann. Oncol. http://dx.doi.org/http://dx.doi.org/10.1093/annonc/mdv577 (2015)- 

Esistono ambiti della ricerca medica che difficilmente incontrano l'interesse dell'industria. In queste situazioni, il ruolo dell'accademia è fondamentale e può produrre risultati di grande rilevanza clinica.

Nel 2015, abbiamo avuto una dimostrazione tangibile che la ricerca indipendente sul carcinoma mammario sia stata in grado di fornire importanti risposte a quesiti chiave, con beneficio diretto per le pazienti.