Uno studio randomizzato ha provato a semplificare la storica scala a tre gradini della WHO per il controllo del dolore. E’ proprio necessario far ricorso agli oppiacei deboli o è più semplice assumere direttamente morfina o altri oppiacei del terzo gradino?
M Fallon et al. An international open-label randomised trial comparing a two-step approach versus the standard three-step approach of the WHO analgesic ladder in patients with cancer. Ann Oncol. 2022 Aug 30:S0923-7534(22)03964-3. doi: 10.1016/j.annonc.2022.08.083. Epub ahead of print. PMID: 36055465.
Il dolore è uno dei sintomi più frequenti nei pazienti oncologici, e sicuramente è uno di quelli che impatta maggiormente sulla qualità di vita. Da tempo, le linee guida internazionali condividono l’approccio a tre gradini della World Health Organization (WHO), che come noto consiste in un primo gradino basato sull’impiego di farmaci non oppioidi (tipicamente il paracetamolo), un secondo gradino basato sull’impiego di oppioidi deboli (ad esempio tramadolo o codeina), e un terzo gradino basato sull’impiego di oppioidi forti (morfina e simili).
Questo approccio, che tradizionalmente è stato impiegato con l’obiettivo di adottare farmaci dalla “potenza” proporzionale all’intensità del dolore, è stato da molti messo in discussione, sia perché l’impiego di uno scalino intermedio in alcuni casi può ritardare il controllo ottimale del dolore, sia perché alcuni effetti collaterali possono essere paradossalmente minori con l’impiego di oppiacei forti, sia infine perché i costi dei farmaci oppiacei deboli non sono bassissimi, e questo può rappresentare un problema specialmente in alcuni paesi (o in alcuni pazienti) economicamente svantaggiati.
Allo scopo di sperimentare un approccio “semplificato” a due scalini (che bypassa lo scalino intermedio passando direttamente agli oppiacei forti senza passare per lo scalino intermedio degli oppiacei deboli), gli autori dello studio pubblicato su Annals of Oncology a fine agosto 2022 hanno disegnato e condotto uno studio randomizzato, in aperto.
Lo studio è stato condotto in centri di più nazioni.
I pazienti eleggibili avevano una diagnosi di neoplasia, con dolore di intensità pari o superiore a 4 nella scala numerica da 0 a 10, per il quale fosse richiesta almeno una terapia analgesica del primo gradino della scala WHO (paracetamolo).
I pazienti eleggibili sono stati randomizzati in rapporto 1:1 al braccio di controllo o al braccio sperimentale.
L’endpoint primario dello studio era il tempo al controllo stabile del dolore, definito come dolore di intensità pari o inferiore a 3 / 10 per almeno tre giorni consecutivi.
Endpoint secondari dello studio erano lo stress, l’incidenza di eventi avversi legati all’uso di oppioidi e i costi.
Lo studio aveva un dimensionamento originario di 400 pazienti, per dimostrare una superiorità del braccio sperimentale in termini di tempo al controllo ottimale del dolore, in particolare ipotizzando che la proporzione di pazienti che nell’arco dei 20 giorni di follow-up ottenessero un controllo ottimale del dolore potesse passare dal 60% nel braccio di controllo al 75% nel braccio sperimentale.
L’analisi è stata condotta secondo il principio dell’intention to treat, con un follow-up di 20 giorni.
Complessivamente, sono stati randomizzati 153 pazienti, dei quali 76 assegnati al braccio di controllo e 77 al braccio sperimentale.
Non sono state dimostrate differenze statisticamente significative nel tempo al controllo stabile del dolore (p=0.667), con un hazard ratio pari a 1.03 (intervallo di confidenza al 95% 0.72 - 1.49).
Nel braccio di controllo, più della metà dei pazienti (38, pari al 53%) hanno avuto necessità di scalare al terzo gradino, passando da un oppioide debole a un oppioide forte a causa del controllo subottimale del dolore. In particolare, questo cambiamento è avvenuto dopo un tempo mediano di 6 giorni, con un range interquartile compreso tra 4 e 11.
Rispetto al braccio di controllo, i pazienti assegnati al braccio sperimentale hanno avuto meno nausea (p=0,009), e il trattamento ha comportato costi inferiori.
Sulla base dei risultati sopra sintetizzati, gli autori concludono che questo studio randomizzato produce evidenza che, per il controllo del dolore oncologico, un approccio a due gradini può essere considerato alternativo al classico approccio a tre gradini.
Naturalmente, lo studio ha una potenza inferiore rispetto alla pianificazione orginaria: era dimensionato per dimostrare la superiorità del braccio sperimentale, e tecnicamente questo obiettivo non è stato raggiunto, in quanto non c’è stata differenza statisticamente significativa nel tempo al controllo ottimale del dolore.
La difficoltà nel raggiungere l’accrual pianificato nonostante il setting multicentrico internazionale consente una riflessione sulla difficoltà di condurre sperimentazioni cliniche nel campo delle terapia di supporto. Si tratta di quesiti meno “caldi” rispetto all’efficacia di farmaci antitumorali innovativi, ma dal punto di vista clinico studi come questo producono evidenze potenzialmente molto utili e molto pratiche.
Pur ammettendo la negatività formale dello studio, gli autori sottolineano l’utilità del risultato, enfatizzando che oltre metà dei pazienti assegnati al braccio di controllo hanno dovuto passare dal secondo al terzo scalino per cercare di controllare al meglio il dolore. Tra l’altro, questo studio prevedeva un controllo quotidiano del dolore e quindi un tempestivo passaggio al gradino superiore, ma nella pratica clinica l’attesa dei pazienti con un controllo subottimale del dolore potrebbe essere peggiore, essendo subordinata al contatto con i curanti e all’eventuale visita in ospedale.
Peraltro, dal punto di vista della tollerabilità, lo studio ha evidenziato che usare direttamente un farmaco del terzo scalino non peggiora l’incidenza di eventi avversi, anzi. L’incidenza di nausea è risultata significativamente migliore nel braccio sperimentale.
Infine, è utile sottolineare il risultato vantaggioso per il braccio sperimentale in termini di costi. In vari paesi gli oppiacei minori costano abbastanza di più della morfina, e questo rappresenta un potenziale problema di “financial toxicity” per i pazienti e per il sistema.
La scelta di questo articolo per Oncotwitting, pur con i limiti legati alla potenza ridotta del campione, vuole essere un omaggio alla ricerca sulle terapie di supporto e sul controllo dei sintomi, e un plauso ai ricercatori per lo sforzo fatto.