Quale rischio di infezione nei pazienti oncologici rispetto alla popolazione generale? Quale rischio di contagio legato agli accessi in ospedale per visite e terapie? Una sintetica pubblicazione cinese offre alcuni interessanti spunti di discussione, ma non risponde a tutti i quesiti.
Yu J, Ouyang W, Chua MLK, Xie C. SARS-CoV-2 Transmission in Patients With Cancer at a Tertiary Care Hospital in Wuhan, China. JAMA Oncol. Published online March 25, 2020. doi:10.1001/jamaoncol.2020.0980
Sin dall’inizio dell’esplosione della pandemia, è stato sottolineato che alcune persone sono più a rischio di sviluppare complicanze e forme potenzialmente letali di COVID-19. Leggendo i numeri diffusi dall’Istituto Superiore di Sanità nelle scorse settimane, è emersa ad esempio l’elevata prevalenza di pazienti con storia oncologica tra i casi letali. I pazienti oncologici presentano mediamente vari fattori di rischio per un’evoluzione potenzialmente severa dell’infezione: sono spesso anziani, spesso fragili, spesso immuno-compromessi sia per le malattia che per i trattamenti antitumorali. Peraltro, nonostante queste premesse, inevitabilmente ancora poco si conosce sui reali fattori di rischio e sull’andamento dell’infezione in questi pazienti.
In questi giorni, tutto il mondo guarda all’Italia, dove l’epidemia di COVID-19 è già esplosa in tutta la sua drammaticità, per acquisire preziose informazioni per la gestione dell’emergenza. Prima dell’Italia, l’emergenza era esplosa in Cina, e non è un caso che le prime pubblicazioni (sia riguardanti l’infezione in generale, sia specificamente nei pazienti oncologici) siano originate in Cina.
All’inizio del mese di marzo, una iniziale descrizione di un piccolo gruppo di pazienti oncologici, nell’ambito di una casistica di pazienti con infezione da SARS-CoV-2, pubblicata su Lancet Oncology, aveva suggerito che il rischio di infezione fosse maggiore nei pazienti oncologici rispetto alla popolazione generale (https://www.oncotwitting.it/miscellanea/item/1076-cosa-sappiamo-riguardo-all-infezione-da-coronavirus-covid-19-in-pazienti-oncologici). L’analisi pubblicata ora sulle pagine di JAMA Oncology descrive un’intera casistica oncologica trattata presso un centro localizzato nell’area epicentro della pandemia, e prova a descrivere l’incidenza dell’infezione. Quindi, il calcolo dell’incidenza nel lavoro di Lancet Oncology era eseguito avendo come denominatore tutti i pazienti positivi al contagio, mentre in questo caso il calcolo è stato fatto avendo come denominatore un’intera casistica di pazienti oncologici seguiti presso un centro.
Nel dettaglio, gli autori hanno rivisto le cartelle di 1524 pazienti in carico al Dipartimento di Radioterapia e Oncologia Medica dello Zhongnan Hospital of Wuhan University, nel periodo compreso tra il 30 dicembre 2019 e il 17 febbraio 2020.
Lo studio retrospettivo è stato approvato dal comitato etico dell’università di Wuhan che, in considerazione dell’eccezionalità dell’emergenza sanitaria e dell’importanza di acquisire e divulgare informazioni cliniche tempestive, ha concesso la descrizione della casistica pur in assenza di un consenso informato scritto individuale.
Nell’esperienza dell’ospedale cinese, su un totale di 1524 pazienti oncologici, sono stati descritti 12 casi di infezione da SARS-CoV-2. Questi numeri corrispondono a una percentuale dello 0.79% (intervallo di confidenza al 95% 0.3% - 1.2%). Gli autori confrontano questa percentuale di casi rispetto alla percentuale di casi riportati nella popolazione generale della città di Wuhan nello stesso periodo di tempo (0.37%; 41 152 casi su 11 081 000 abitanti). Questo confronto suggerisce un’incidenza circa doppia nella popolazione di pazienti oncologici rispetto alla popolazione totale.
L’età mediana dei pazienti oncologici positivi all’infezione era pari a 66 anni (range compreso tra 48 e 78 anni), e due terzi dei pazienti erano di età superiore a 60 anni. Ben 7 pazienti su 12 (pari al 58.3%) erano affetti da tumore del polmone non a piccole cellule (NSCLC). Cinque pazienti su 12 erano in trattamento chemioterapico (con o senza immunoterapia) o in trattamento radioterapico.
L’incidenza di COVID-19 nei pazienti con tumore del polmone è risultata pari al 4.3% nei casi di età superiore a 60 anni e pari all’1.8% nei casi di età inferiore a 60 anni.
Per quanto riguarda l’andamento clinico dell’infezione, gli autori descrivono 3 casi di SARS (25% della casistica), con 1 paziente trattato in terapia intensiva. Al 10 marzo 2020, 6 pazienti erano stati dimessi, e 3 purtroppo erano deceduti.
In zone caratterizzate da elevata incidenza di infezione, è evidente che il calcolo esatto del numero di pazienti positivi, assumendo che una parte dei soggetti che contraggono l’infezione potrebbe essere asintomatica, si può ottenere, in teoria, solo mediante test a tappeto. Peraltro, la descrizione del numero di casi documentati positivi aiuta a definire la portata “clinica” del fenomeno in termini di incidenza.
Il numero di pazienti complessivamente oggetto dell’analisi (oltre 1500) aiuta a stimare con discreta precisione l’incidenza di casi positivi. Peraltro, il numero assoluto di casi positivi (per fortuna basso, trattandosi di 12 pazienti) non consente una stima precisa dell’andamento dell’infezione nei pazienti oncologici positivi.
Allo scopo di caratterizzare meglio l’evoluzione dell’infezione in ambito oncologico, in questi giorni, anche in Italia e nel mondo si sta lavorando ad alcuni progetti di raccolta dati dei pazienti oncologici infetti da COVID-19:
Gli autori dell’analisi cinese sottolineano giustamente i rischi associati agli accessi in ospedale, che i pazienti oncologici effettuano per i trattamenti in corso. E’ un grosso problema, che tutti gli oncologi d’Italia e del mondo stanno affrontando in queste settimane. Da una parte, si punta a garantire i trattamenti necessari; dall’altra, è indispensabile proteggere i pazienti (e tutti i contatti) evitando gli accessi evitabili. Come noto, l’Associazione Italiana di Oncologia Medica ha divulgato indicazioni per la gestione dei pazienti oncologici durante l’emergenza: “Premesso che va garantita la continuità e la tempestività dei trattamenti antineoplastici, occorre prestare ancora maggiore attenzione alle valutazioni che vengono già normalmente eseguite in oncologia, considerando caso per caso anche la possibilità di rinvio di un trattamento, in base alle caratteristiche biologiche del tumore , al quadro clinico del paziente e ai potenziali rischi sanitari per infezione da COVID-19.”