Uno studio condotto negli Stati Uniti ci ricorda che il rischio di interazioni farmacologiche (e di possibili tossicità) è presente non solo quando il paziente oncologico assume altri farmaci oltre alla chemioterapia, ma anche assumendo erbe e integratori apparentemente innocui.
Lee RT, Kwon N, Wu J, To C, To S, Szmulewitz R, Tchekmedyian R, Holmes HM, Olopade OI, Stadler WM, Von Roenn J. Prevalence of potential interactions of medications, including herbs and supplements, before, during, and after chemotherapy in patients with breast and prostate cancer. Cancer. 2021 Feb 1. doi: 10.1002/cncr.33324. Epub ahead of print. PMID: 33524183.
Non solo in Italia ma in tutto il mondo numerosi dati documentano la diffusione dell’impiego di erbe e supplementi da parte dei pazienti oncologici. A volte il paziente fa ricorso a supplementi e a medicine complementari con l’obiettivo di ridurre gli effetti collaterali delle terapie antitumorali (in primis della chemioterapia, ma il discorso vale anche con le terapie oncologiche più innovative), altre volte assume i supplementi sperando in un effetto antitumorale. In quest’ultimo caso, l’assunzione è praticamente sempre priva di fondamenti scientifici.
Quasi sempre le erbe e i supplementi, ritenuti “naturali”, vengono giudicati innocui, in contrapposizione ai farmaci “chimici” e quindi tossici. Questo non è vero, in quanto molte sostanze possono essere potenzialmente tossiche, in particolare provocando interazioni farmacologiche e quindi interferendo con l’efficacia, e con la tossicità, degli altri farmaci assunti. La chemioterapia e molti altri farmaci antitumorali hanno un basso indice terapeutico, vale a dire che bastano piccole riduzioni dell’efficienza con cui vengono metabolizzati per causare tossicità, e quindi le interazioni farmacologiche, argomento importante in tutti i pazienti che assumono più farmaci, lo sono in particolare nei pazienti oncologici.
Lo studio pubblicato da Cancer è stato condotto in pazienti affetti da tumore della mammella o da tumore della prostata, che avevano recentemente finito la chemioterapia presso 2 centri accademici. I pazienti sono stati contattati telefonicamente, e l’intervistatore chiedeva informazioni relative a tutti i farmaci e le altre sostanze (incluse erbe e supplementi) assunti prima, durante e dopo la chemioterapia.
Le potenziali interazioni tra farmaci sono state studiate con l’impiego di software dedicati: Micromedex, Lexicomp, e Natural Medicines Comprehensive Database.
Lo studio è stato condotto su 67 pazienti, dall’età compresa tra 39 e 77 anni. La maggior parte dei pazienti erano donne con tumore della mammella (87%). Il numero mediano di farmaci assunti è risultato pari a 11 (range compreso tra 2 e 28), considerando l’intero periodo, con una particolare concentrazione nel periodo di somministrazione della chemioterapia (numero mediano 7; range 2‐22).
Più di 4 pazienti su 5 (84%) riferivano di aver assunto erbe e/o supplementi.
L’analisi mediante software dedicati alle interazioni farmacologiche ha consentito di identificare un totale di 1747 potenziali interazioni, corrispondenti a 635 tipi diversi di interazioni nei 3 periodi considerati (prima, durante e dopo la chemioterapia). La maggior parte di tali potenziali interazioni farmacologiche è stata registrata nel periodo corrispondente alla somministrazione della chemioterapia.
Il 70% delle potenziali interazioni farmacologiche riguardava farmaci prescritti diversi dal trattamento antitumorale, il 56% riguardava erbe e supplementi, il 22% riguardava i farmaci antitumorali.
Poco più della metà delle potenziali interazioni farmacologiche (54%) sono state classificate come interazioni moderate, ma oltre un terzo (38%) sono state classificate come interazioni maggiori.
L’uso di erbe e supplementi è direttamente correlato alla prevalenza di interazioni associate: l’uso di erbe e supplementi è stato dichiarato dal 51% dai pazienti durante la chemioterapia e dal 66% dopo la chemioterapia, e tale incremento è risultato correlato a un’aumentata prevalenza di interazioni, dal 46% al 60%.
Nel complesso, i pazienti che hanno dichiarato di aver fatto uso di erbe e supplementi sono risultati maggiormente a rischio di un’interazione farmacologica maggiore (92% vs 70%; p = 0.038).
Il lavoro pubblicato da Cancer ci ricorda l’importanza dell’attenzione alle interazioni farmacologiche, che deve riguardare non solo gli altri farmaci assunti per le patologie concomitanti, ma anche eventuali terapie “naturali”, erbe e supplementi. E’ esperienza comune di tutti gli oncologi che i pazienti spesso non riferiscono se stanno assumendo trattamenti complementari, perché li ritengono “non farmaci”, e quindi naturali.
Da studi condotti negli anni scorsi, anche in Italia, sappiamo quanto sia estremamente diffusa tra chi è in cura per il tumore la tendenza ad assumere terapie “complementari”. Una survey pubblicata anni fa da Annals of Oncology (Molassiotis A, et al. Ann Oncol. 2005 Apr;16(4):655-63). aveva indagato il fenomeno in poco meno di un migliaio di pazienti di tutta Europa, dimostrando che in Italia il 73 per cento tra quanti erano in cura per un tumore si affidava anche a terapie “naturali”, contro una media europea che si aggirava intorno al 36 per cento: in Spagna, per citare un’area culturalmente vicina, la percentuale calava al 29 per cento.
Uno studio italiano (Berretta M, et al. Oncotarget. 2017 Apr 11;8(15):24401-24414), condotto su 468 pazienti, metteva in luce che il 48,9 per cento delle persone associa alla terapia antitumorale una terapia complementare: la frequenza risultava maggiore nei pazienti di istruzione più elevata.
Occorre che al paziente venga specificamente chiesto non solo se assume altri farmaci, ma anche quali trattamenti “naturali” sta assumendo.
Si tratta di preparati che non solo non hanno alcun effetto sulla malattia, ma che addirittura, come ci ricorda l’articolo di Lee, possono determinare interazioni con i farmaci antitumorali e quindi potenzialmente influire sulla sua efficacia.
Oggi esistono software grazie ai quali, inserendo i farmaci assunti dal paziente, è possibile ottenere un prospetto delle possibili interazioni. Tali strumenti sono clinicamente molto utili, e sottolineano l'importanza della collaborazione con i farmacisti e/o farmacologi per l'ottimizzazione della gestione dei pazienti. Si moltiplicano le esperienze di ambulatori congiunti, che vedono la figura del farmacista coinvolta insieme con l'oncologo e con l'infermiere, come l'ambulatorio di terapie orali che dal 2019 è stato realizzato al Mauriziano di Torino. Il prezioso apporto del farmacista si concretizza non solo nella valutazione dell'aderenza al trattamento antitumorale, ma anche nella valutazione della polifarmacoterapia e dei rischi di interazioni.