Miscellanea
Sabato, 27 Giugno 2020

…il braccio e la mente: per approvare un farmaco basta uno studio senza braccio di controllo?

A cura di Massimo Di Maio

Un’interessante analisi passa in rassegna le approvazioni di farmaci oncologici da parte dell’autorità regolatoria europea negli ultimi 10 anni… Le caratteristiche degli studi a supporto delle domande di approvazione sono sicuramente cambiate, e spesso si tratta di studi a braccio singolo.

Tenhunen O, Lasch F, Pean E, Schiel A, Turpeinen M. Single-Arm Clinical Trials as Pivotal Evidence for Cancer Drug Approval: a Retrospective Cohort Study of Centralised European Marketing Authorizations between 2010-2019 [published online ahead of print, 2020 Jun 23]. Clin Pharmacol Ther. 2020;10.1002/cpt.1965. doi:10.1002/cpt.1965

Molte volte, negli ultimi anni, il dibattito scientifico relativo all’approvazione dei farmaci oncologici si è concentrato sul livello di evidenza necessario per approvare alcuni nuovi farmaci, in particolare quelli diretti contro alterazioni presenti in sottogruppi numericamente limitati di pazienti.

La classica successione delle fasi di sperimentazione clinica, in base alla quale l’approvazione di un trattamento avviene tradizionalmente dopo la dimostrazione di efficacia nell’ambito di uno studio clinico randomizzato di confronto con il miglior trattamento disponibile per la medesima indicazione, è stata ormai da diversi anni messa in discussione.

Il dibattito è peraltro ancora attuale, anche perché le decisioni in merito delle autorità regolatorie sono in vari casi eterogenee. Qualche tempo fa, ha suscitato molto dibattito la decisione dell’autorità regolatoria europea di non approvare il trattamento immunoterapico per i pazienti con tumore del colon-retto metastatico caratterizzato da instabilità dei microsatelliti, pur essendo rilevanti i risultati in termini di attività e controllo di malattia documentati dagli studi a braccio singolo esistenti. Analogamente, qualche anno prima, gli esperti di tumore del polmone avevano assistito al diverso comportamento di FDA, che aveva ritenuto sufficiente l’evidenza prodotta dal trattamento target anti-ALK nell’ambito di studi non controllati, ed EMA, che aveva invece rinviato l’approvazione alla conduzione dello studio randomizzato, “in ossequio” alla classica metodologia delle fasi di sperimentazione.

I suddetti sono solo un paio di esempi di una discussione scientifica relativamente frequente negli ultimi anni. Gli autori dell’articolo appena pubblicato su Clinical Pharmacology & Therapeutics hanno passato in rassegna tutte le approvazioni da parte dell’agenzia regolatoria europea in un arco di tempo di 10 anni, dal 2010 al 2019.

Come noto, in Europa vige una procedura centralizzata per cui le richieste di approvazione vengono esaminate dall’EMA a livello centrale. L’autorità regolatoria si avvale del lavoro di valutazione da parte di un comitato dedicato ai trattamenti farmacologici per uso umano (CHMP) e vengono resi pubblici dei report di valutazione.

Basandosi sulla disponibilità di tali valutazioni, gli autori hanno selezionato tutti i farmaci che hanno ottenuto parere favorevole sulla base di studi non randomizzati, quindi senza braccio di confronto.

Sono state analizzate le caratteristiche degli studi presi in considerazione per la valutazione dell’approvazione, sia in termini di metodi che di risultati.

Complessivamente, la ricerca ha portato a individuare 22 approvazioni corrispondenti a studi a braccio singolo, 14 farmaci di sintesi chimica e 8 farmaci biologici. A fronte di 10 approvazioni corrispondenti a indicazioni per malattie ematologiche, 12 corrispondevano a indicazioni per il trattamento di tumori solidi, di cui 5 corrispondenti a farmaci per il trattamento del tumore del polmone con specifiche alterazioni molecolari.

In 17 casi su 22, il CHMP dell’EMA aveva espresso parere unanime, mentre in 5 casi il parere favorevole è stato espresso a maggioranza. Nella maggior parte dei casi (16 su 22), si è trattato di un parere favorevole condizionato (“conditional approval”), in attesa di valutare ulteriori evidenze.

Spesso, la sottomissione della richiesta di approvazione era stata preceduta dalla richiesta di consiglio scientifico (scientific advice) da parte del promotore all’agenzia regolatoria.

La documentazione scientifica a sostegno della richiesta di approvazione era mediamente basata su 8 studi (range compreso tra 1 e 24), naturalmente includendo anche gli studi iniziali di farmacocinetica e valutazione precoce della tossicità. Nella quasi totalità dei casi, gli studi con dati di attività / efficacia a sostegno della richiesta di approvazione erano 1 o 2.

Il numero mediano di pazienti inclusi negli studi di attività / efficacia era 175, con il 50% degli studi compreso tra 100 e 200 pazienti.

L’endpoint di gran lunga più impiegato come endpoint primario era la risposta obiettiva (19 applicazioni su 22).

In aggiunta alla descrizione della proporzione di risposte obiettive, la maggior parte degli studi comprendeva una valutazione della durata della risposta e dei “time-to-event” endpoints come la sopravvivenza libera da progressione e la sopravvivenza globale, naturalmente non in maniera comparativa (non essendoci gruppo di controllo) ma in termini descrittivi della casistica trattata.

L’analisi degli autori europei “fotografa” una realtà ben nota negli ultimi anni, vale a dire il crescente numero di indicazioni approvate per l’impiego nella pratica clinica sulla base di dati di attività (in particolare la proporzione di risposte obiettive).

Tra i farmaci approvati, la cui lista è possibile consultare nel lavoro, figura anche il larotrectinib che, come noto, ha ricevuto “conditional approval” sulla base dei dati di risposte obiettive nell’ambito di studi condotti in indicazione “agnostica”, vale a dire in pazienti non selezionati per istologia tumorale ma per la presenza dell’alterazione molecolare bersaglio.

In generale, sia nell’indicazione “agnostica” che nell’indicazione “tradizionale”, Il tema del livello di evidenza necessario per l’approvazione è particolarmente importante nei setting in cui le alterazioni molecolari target sono presenti in una minoranza numericamente limitata di casi.

L’evidenza di una percentuale di risposte obiettive spesso nettamente superiore a quella attesa con i trattamenti già disponibili nella pratica clinica ha rappresentato, in molti casi, un buon motivo per consentire un’approvazione unanime da parte del comitato di valutazione.

Queste approvazioni, peraltro, difettano di una quantificazione del beneficio clinico rispetto allo standard, che rappresenterebbe sicuramente il valore aggiunto di un confronto randomizzato. Anche la descrizione della qualità di vita dei pazienti, per quanto tecnicamente possibile anche nell’ambito di uno studio a braccio singolo, sarebbe sicuramente più completa e “quantificabile” in uno studio randomizzato.

Su questo argomento, il rischio di essere “tradizionalisti” e rallentare il progresso è sicuramente concreto, ma l’altra faccia della medaglia è rappresentata dal rischio opposto, vale a dire quello di approvare rapidamente farmaci senza conoscere approfonditamente il reale valore dei trattamenti. In alcuni casi, distinguere la novità dall’innovazione, sulla base di un numero limitato di pazienti trattati in uno studio a braccio singolo, può essere difficile.