Miscellanea
Giovedì, 10 Marzo 2022

Iodio, radiazioni e protezione tiroidea (anche in tempi di pace)

A cura di Giuseppe Aprile

Il radioiodio è largamente utilizzato come trattamento adiuvante dopo la tiroidectomia per neoplasia localizzata, sebbene il vantaggio della strategia rimanga una questione dibattuta nei casi in cui il rischio di recidiva è limitato. Sembrava difficile avere una forte evidenza a favore o contro. E invece ora c'è.

Leboulleux S, et al. Thyroidectomy without Radioiodine in Patients with Low-Risk Thyroid Cancer. N Engl J Med. 2022 Mar 10;386(10):923-932. doi: 10.1056/NEJMoa2111953

Sebbene il rischio di recidiva della neoplasia tiroidea ben differenziata sia piccolo e la maggior parte dei pazienti possa guarire con il solo intervento chirurgico, spesso è utilizzato un trattamento postoperatorio con Iodio-131 a basse dosi (1.1 GBq) con il duplice fine di ablare tessuto tiroideo microscopico residuo ovvero eliminare  la persistenza di malattia.

L'effetto protettivo glòobale di questo trattamento postoperatorio rimane tuttavia poco convincente proprio per l'elevato tasso di guarigione e l'indicazione ad evitare esposizione a radiofarmaci nei pazienti giovani e con neoplasia a caratteristiche istologiche favorevoli. Pareva molto difficile raggiungere una solida evidenza su quale fosse la migliore strategia, anche secondo il parere degli espertio mondiali. 

Per chiarire definitivamente l'indicazione è stato disegnato lo studio prospettico randomizzato ESTIMABL2, un trial in aperto di non-inferiorità che aveva come endpoint primario un dato composito che definiva l'assenza di anormalità cliniche, biologiche o metaboliche a tre anni. Come per tutti i trial di non inferiorità era cruciale la stima della definizione: in questo studio erav definita non inferiorità una differenza percentuale tra gruppi inferiore al 5% di avere nel follow-up a) fici anomali di captazione di radioiodio che avessero richiesto trattamento, b) anoramiltà al controllo ecografico del collo ovvero c) livelli elevati di tireoglobulina o TG anticorpi.

 

Tra il 2013 e il 2018 sono stati randomizzati 730 pazienti (589 nel braccio con radioiodio, 587 in quello di solo follow-up), seguiti in follow-up per tre anni dopo la tiroidectomia.

L'età mediana era di circa 52 anni e come atteso l'80% dei pazienti inclusi era di genere femminile.

L'istologia papillare era di gran lunga quella prevalente in entrambi i bracci (95%), con il nodulo di maggiori dimensioni pari mediamente a 13 millimetri e la presenza di multifovalità nel 40% dei casi.

Al follow-up a 3 anni non si sono rilevate differenze in termini di eventi - definiti come descritto nell'introduzione - tra i due gruppi: la percentuale di soggetti senza evento era del 95.9% nel braccio di trattamento con Iodio-131 vs 95.6% in quello di sola osservazione postchirurgica, con una differenza percentuale di solo 0.3 punti percentuali (90%CI -2.7 +2.2). Il primary endpoint di non-inferiorità è stato quindi raggiunto.

 

Il messaggio dello studio è semplice e chiaro: in pazienti tiroidectomizzati per una neoplasia a basso rischio di recidiva il trattamento postoperatorio con radioiodio non è necessario, in quanto non vi sono differenze in termini di evento di recidiva funzionale (scintigarfica), strutturale (ecografica) o biochimica a tre anni.

Rimane invece indicata la terapia radiometabolica postoperatoria in pazienti con più elevato rischio di recidiva.

Un secondo trial randomizzato - condotto in UK - ha completato l'arruolamento e potrà eventualmente confermare il dato del trial ESTIMABL2.