Uno studio statunitense ha esaminato le caratteristiche delle richieste di informazioni al Cancer Information Service da parte di pazienti oncologici e caregiver: una parte di queste riguarda la prognosi. Molti pazienti e caregiver cercano informazioni sulla prognosi da fonti ulteriori rispetto al colloquio con i clinici.
Wilson, A., Huang, G., Kueppers, G. et al. Cancer prognosis information-seeking among survivors and caregivers: findings from the National Cancer Institute’s Cancer Information Service. Support Care Cancer 33, 30 (2025). https://doi.org/10.1007/s00520-024-09089-8
La comunicazione relativa alla prognosi, tra i medici e i pazienti oncologici, nonché con i loro caregiver e familiari, è tra gli aspetti più complessi e delicati della pratica clinica in oncologia.
Da una parte, l’esigenza di fornire informazioni appropriate, anche allo scopo di consentire scelte consapevoli e condivise sulle strategie terapeutiche; dall’altra, la necessità di una comunicazione corretta dal punto di vista psicologico.
Oltre a cercare informazioni nel colloquio con i clinici, pazienti e caregiver possono rivolgersi a fonti esterne (specialmente in era moderna, in considerazione della notevole mole di dati e fonti disponibili sul web), e questo può avvenire sia prima che dopo il colloquio in ambulatorio.
Gli autori dello studio recentemente pubblicato dalla rivista Supportive Care in Cancer sono partiti dalla considerazione che la letteratura fornisce pochi dati sulla ricerca di informazioni relative alla prognosi da parte dei pazienti e dei caregiver, al di fuori del colloquio con gli operatori sanitari.
Questo studio statunitense ha esaminato le richieste di informazioni sulla prognosi da parte dei pazienti oncologici e dei loro caregiver, utilizzando i dati del Cancer Information Service (CIS) del National Cancer Institute. Tale servizio è stato istituito molti decenni fa (nel 1975) e fornisce, attraverso vari canali, informazioni in lingua inglese e in lingua spagnola ai pazienti oncologici e ai loro caregiver.
Lo studio si è basato su un campione di 81.154 tra persone con una storia di cancro e loro caregiver. Le statistiche descrittive hanno esplorato le differenze tra le richieste di informazioni sulla prognosi e quelle relative ad altri aspetti, effettuate da ciascun gruppo in un periodo di 6 anni (quello compreso tra settembre 2018 ed agosto 2024).
Del totale delle 81154 richieste al CIS, 1138 erano relative alla prognosi.
Mediante un’analisi di regressione logistica, gli autori hanno provato a identificare i fattori associati alle probabilità di una richiesta di informazioni sulla prognosi, sia tra i “survivors” che tra i caregiver.
Complessivamente, il 62% delle richieste di informazioni sulla prognosi proveniva da caregiver, rispetto al 38% di richieste che proveniva dai pazienti.
In entrambi i gruppi, sia la chiamata telefonica che la chat istantanea sono stati usati frequentemente per contattare il CIS con domande sulla prognosi.
Le richieste di informazioni sulla prognosi erano più probabili tra i survivors e i caregiver che contattavano il CIS in spagnolo, e le cui richieste erano incentrate sulle fasi di stadiazione, post-trattamento o fine vita.
Per entrambi i gruppi, le richieste di informazioni sulla prognosi erano più probabili nel contesto di discussioni sulla chemioterapia.
Sulla base dei risultati sopra sintetizzati, gli autori concludono che questa analisi può aiutare nell’ottimizzare la comunicazione e l’informazione sulla prognosi tra i pazienti oncologici e i loro caregiver.
Sottolineano inoltre che è giustificata la diffusione di informazioni prognostiche accessibili, che tengano conto delle rispettive esigenze di ricerca di informazioni di pazienti e caregiver, e che sforzi nel migliorare tale offerta di informazione possono contribuire a migliorare la comprensione prognostica, supportare la comunicazione con gli operatori sanitari e migliorare i risultati psicosociali.
Qualche anno fa, uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine (https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMoa1204410) evidenziava che, tra i pazienti statunitensi che stavano ricevendo una chemioterapia per un tumore del polmone o un tumore del colon-retto metastatico, c’era un’alta percentuale di soggetti che dimostrava di non essere consapevole che l’intento della cura che stava ricevendo non era la guarigione, ma il controllo di malattia. Questi dati dimostravano che, anche in un contesto come quello statunitense, nel quale si ritiene che la comunicazione sulla prognosi avvenga in maniera chiara, anche a costo di ripercussioni psicologiche, in realtà tale comunicazione non è sempre efficace.
L’articolo pubblicato da Supportive Care in Cancer conferma che la prognosi è un aspetto tra i più delicati nella comunicazione tra clinici, pazienti e caregiver. In era moderna, è opportuno ragionare sia su ottimizzare la comunicazione “tradizionale”, in ambulatorio, sia su offrire ai pazienti e ai caregiver strumenti integrativi e alternativi, a patto che siano affidabili e certificati. In caso contrario, il rischio è che le informazioni ricevute aumentino la confusione invece di ridurla.