Miscellanea
Venerdì, 17 Maggio 2024

La dieta macromediterranea può diminuire le recidive di cancro della mammella?

A cura di Giuseppe Aprile

Il tema nutrizionale, molto studiato nei pazienti oncologici, si aricchisce di un nuovo dato. Lo studio randomizzato italiano DIANA-5 testa se la modifica alimentare con il passaggio ad una dieta mediterranea arricchita di elementi macrobiotici possa ridurre le recidive in donne operate per neoplasia ad alto rischio. 

Berrino F, et al. The Effect of Diet on Breast Cancer Recurrence: The DIANA-5 Randomized Trial. Clin Cancer Res. 2024 Mar 1;30(5):965-974.

Per accorgersi di quanto il tema nutrizionale in senso lato sia legato all'oncologia è sufficiente entrare in una qualsiasi libreria e dare un'occhiata ai testi esposti. Il numero di articoli scientifici, inoltre, è in costante aumento e la nutrizione clinica quando supportata da dati con evidenza scientifica si traduce in effetti immediati nel percorso del paziente oncologico.

Migliorare gli aspetti nutrizionali (combattere l'obesità, contrastare la cachessia, ecc...) e combinare ad essa un adeguato esercizio fisico non solo è un'arma vincente nella prevenzione primaria raccomandata dalle più prestigiose società scientifiche e integrata alle politiche di salute pubblica, ma anche migliora i risultati per pazienti con malattia avanzata. Nonostante il sovrappeso/obesità, l'insulino resistenza e il livello plasmatico di testosterone siano stati correlati ad un maggior numero di recidive, rimane poco chiaro se uno specifico intervento nutrizionale possa diventare un fattore prognostico per pazienti con neoplasia mammaria precoce.

Lo studio di Berrino - comunicatore e studioso noto al grande pubblico anche per essere un sostenitore di regimi dietetici marcatamente ipocalorici - coinvolge 11 centri italiani che randomizzano 1.542 donne operate per carcinoma mammario in stadio I-III a dieta non controllata vs dieta macro-mediterranea.

L'alto rischio di recidiva era definito come assenza di recettori per estrogeni (ER-) ovvero la presenza di almeno una delle seguenti condizioni metaboliche: testosterone sierico ≥0.4 ng/mL o insulina sierica ≥7 IU/mL (50 pmol/L) oppure la presenza di sindrome metabolica [circonferenza addominale ≥80 cm; PA sistolica ≥130 mmHg/ PA diastolica ≥85 mmHg, glicemia a digiuno ≥100 mg/100 mL, diabete di tipo II, squilibrio lipidico con ipertrigliceridemia e ipercolesterolemia. 

L'intervento consisteva nel favorire una dieta mediterranea arricchita di cibi macrobiotici con aumento dell'introito di fitoestrogeni. In sintesi, la modifica dietetica suggeriva di 1. preferire cibi altamente sazianti (verdure, fibre, legumi), 2. evitare zuccheri composti e cibi ad alto indice glicemico, 3. ridurre l'introito di grassi saturi, 4. ridurre molto i prodotti animali (preferendo quelli ricchi in omega 3), 5. inserire nella dieta abituale prodotti della tradizione alimentare giapponese e della dieta macrobiotica (latte di soia, tofu, miso, tempeh, umeboshi, alghe).

La modifica dietetica era anche supportata da lezioni di cucina e cene sociali con dei motivatori, oltre che da un programma personalizzato di attività fisica. Era anche utilizzato un Dietary Index - uno strumento non validato contenente un elenco di cibi raccomandati e di quelli sconsigliati.

L'assesment dietetico era ottenuto tramite un diario 24-hour food frequency  completato in modo autonomo dal paziente al baseline (prima di ogni raccomandazione dietetica), poco prima dell'avvio delle modifiche alimentari, una volta al mese durante il primo anno di osservazione, alla fine del primo anno e ogni 3-4 mesi negli anni successivi.

Endpoint primario dello studio era l'effetto dell'intervento sull'outcome recidiva (definita come lo sviluppo di un secondo tunore mammario, ricaduta locale o a distanza o morte nel caso di mancanza di altre informazioni); lo sviluppo di carcinoma in situ - non specificato se duttale o lobulare - non era considerato un outcome di studio.

Sono state randomizzate in totale 1542 donne (769 al braccio di intervento vs 773 a quello di non intervento).

Circa il 40% delle pazienti arruolate aveva al baseline un BMI inferiore a 25, in questo caso non era applicata restrizione calorica (calorie max 500 per pasto) ma solo consigli nutrizionali.

Dopo un anno di osservazione le donne randomizzate al braccio di intervento avevano avuto mediamente un calo di 2,4 Kg vs un calo di 0,9 Kg per quelle randomizzate al non intervento.

A 5 anni si sono censiti 95 casi di recidiva nel braccio di intervento vs 98 casi in quello standard (HR 0.99; 95%CI 0.69–1.40, differenza non significativa). Nessuna differenza in recurrence-free survival era osservata in nessuno dei timepoint annuali.

Si segnala tuttavia che avere dimostrato una miglior compliance al Dietary Index correlava con un minor rischio di recidiva a un anno (terzile superiore vs terzile inferiore, HR 0.63, 95%CI 0.22–1.79).

Lo studio DIANA-5 è negativo, non avendo dimostrato alcun vantaggio significativo per la dieta macro-mediterranea vs una dieta standard non guidata.

Nemmeno il miglioramento dei parametri clinici e biochimici suggestivi di sindrome metabolica si è successivamente tradotto in un vantaggio prognostico.

I possibili limiti dello studio (raccomandazioni nutrizionali vs dieta specifica, numerosità campionaria limitata, assenza di misura precisa dell'intake calorico, definizione particolare di alto rischio di recidiva, i limiti di età imposti) non ne alterano il key-message.

Sebbene per le donne operate di cancro alla mammella rimanga valido il consiglio di raggiungere il normopeso, di favorire una dieta "sana" secondo le raccomandazioni WCRF e ASCO e di praticare attività fisica (soprattutto aerobica), la modifica nutrizionale testata nello studio non pare efficace.

Molte domande riguardo la relazione su dieta e prognosi di pazienti con neoplasia mammaria restano quindi senza risposta. E sebbene sia molto sfidante condurre trial randomizzati controllati sul tema della nutrizione, solo dopo avere ottenuto una solida evidenza clinica si è giustificati a dare messaggi forti alla popolazione dei pazienti oncologici.