Miscellanea
Sabato, 30 Gennaio 2021

La geografia della ricerca clinica evidenzia un mondo di disparità...

A cura di Massimo Di Maio

Una revisione pubblicata da JAMA Oncology fa riflettere sulla geografia della ricerca clinica.Nei paesi a reddito più basso, dove si concentra una grande parte dei casi di tumore nel mondo, si fa molta meno sperimentazione clinica. Un’opportunità mancata, che tradisce la dipendenza della ricerca dai finanziamenti dell’industria.

Wells JC, Sharma S, Del Paggio JC, et al. An Analysis of Contemporary Oncology Randomized Clinical Trials From Low/Middle-Income vs High-Income Countries. JAMA Oncol. Published online January 28, 2021. doi:10.1001/jamaoncol.2020.7478

Ogni anno vengono condotte, nel mondo, migliaia di sperimentazioni cliniche in ambito oncologico. Gran parte delle sperimentazioni ha un promotore profit, in particolare un’azienda farmaceutica, e da questo punto di vista è prevedibile che la maggior parte degli studi promossi dall’industria punti a ottenere risultati positivi per indicazioni che lascino prevedere un buon ritorno economico in caso di autorizzazione all’impiego clinico.

Gli autori dell’interessante studio pubblicato da JAMA Oncology si sono chiesti se il panorama degli studi clinici condotti e pubblicati in ambito oncologico sia proporzionale al “peso” epidemiologico globale dei singoli tipi di tumore. Per farlo hanno passato in rassegna tutti gli studi oncologici randomizzati di fase III pubblicati nel periodo compreso tra il 2014 e il 2017.

Obiettivi dell’analisi erano la descrizione del disegno, dei risultati, e l’outcome in termini di pubblicazione degli studi randomizzati oncologici, descrivendo in particolare la correlazione tra il “peso” epidemiologico dei singoli tipi di tumore e il rispettivo “peso” in termini di studi clinici dedicati.

Allo scopo di descrivere la “geografia” della conduzione degli studi clinici, gli autori hanno diviso gli studi randomizzati sulla base della classificazione economica dei paesi della World Bank (considerando in particolare il paese del primo autore), in particolare dividendoli in:

  • high-income countries
  • upper middle-income countries
  • low/middle-income countries.

L’analisi ha identificato 694 studi randomizzati, in particolare 636 (pari al 92%) condotti in paesi ad elevato reddito e 58 (8%) condotti in paesi a reddito medio-basso (dei quali, in realtà, solo 7 erano condotti in paesi a reddito basso, e 51 in paesi a reddito medio). Nel complesso, 601 studi (pari all’87%) riguardavano la sperimentazione di un trattamento sistemico, mentre 88 (pari al 13%) riguardavano radioterapia o chirurgia.

La proporzione di studi randomizzati condotti in alcune patologie rispetto al totale degli studi identificati non è correlata al “peso epidemiologico” in termini di proporzione di morti per quella patologia sul totale delle morti per cancro nel mondo. In particolare, la proporzione è sbilanciata “in eccesso” per il tumore della mammella (17% degli studi a fronte del 7% dei decessi), e sbilanciata “per difetto” per i tumori gastro-esofagei (6% degli studi a fronte del 14% dei decessi), per il tumore del fegato (2% degli studi a fronte dell’8% dei decessi), per il tumore del pancreas (2% degli studi clinici a fronte del 5% dei decessi), per il tumore della cervice (1% degli studi a fronte del 3% dei decessi).

Gli studi condotti nei paesi a reddito alto erano più frequentemente sponsorizzati dalle aziende farmaceutiche rispetto agli studi condotti nei paesi a reddito medio-basso: rispettivamente, il 73% rispetto al 41%, p<0.001).

Gli studi condotti nei paesi a reddito medio-basso avevano, in media, una numerosità campionaria minore rispetto agli studi condotti nei paesi a reddito alto (numerosità mediana 219 [range interquartile 137-363] rispetto a 474 [range interquartile 262-743]; p < 0.001).

Gli studi condotti nei paesi a reddito medio-basso sono risultati associati a una più elevata probabilità di risultato positivo relativamente all’endpoint primario (39/58 [67%] rispetto a 286 / 636 [45%]; p = 0.001). Mediamente, considerando gli studi disegnati per dimostrare la superiorità del trattamento sperimentale rispetto al trattamento di controllo, la dimensione del vantaggio osservato è risultata significativamente maggiore negli studi condotti nei paesi a reddito medio-basso (hazard ratio 0.62 [range interquartile 0.54-0.76] rispetto a hazard ratio 0.84 [range interquartile 0.67-0.97]; p < 0.001).

Gli studi condotti nei paesi a reddito medio-basso sono stati pubblicati, in media, su riviste con impact factor minore rispetto agli studi condotti nei paesi a reddito elevato: l’impact factor mediano è risultato pari a 7 [range interquartile, 4-21] rispetto a 21 [range interquartile, 7-34]; p < 0.001).
Tale bias di pubblicazione in termini di rivista rimane anche correggendo per la positività o negatività del risultato.

Nel dettaglio, l’impact factor mediano era pari a:

  • 5 [range interquartile, 4-6] per gli studi negativi condotti nei paesi a reddito medio-basso;
  • 18 [range interquartile 6-26] per gli studi negativi condotti nei paesi a reddito elevato; 
  • 9 [range interquartile 5-25] per gli studi positivi condotti nei paesi a reddito medio-basso;
  • 25 [range interquartile 10-48] per gli studi positivi condotti nei paesi a reddito elevato.

Sulla base dei risultati sopra descritti, le conclusioni degli autori sottolineano che la maggior parte della ricerca clinica in ambito oncologico è condotta nei paesi a reddito elevato, e non è perfettamente correlata al peso epidemiologico dei diversi tipi di tumore a livello globale.

Pur essendo poco numerosi, gli studi condotti nei paesi a reddito medio-basso si concludono più frequentemente con un risultato positivo, con una maggiore dimensione del beneficio evidenziato a favore del trattamento sperimentale. Nonostante questo, si evidenzia un chiaro bias di pubblicazione (in termini di impact factor della rivista), che penalizza le ricerche condotte nei paesi a reddito medio-basso che, tra l’altro, sono più frequentemente condotte senza la sponsorizzazione delle aziende farmaceutiche.

Molto interessanti i dati, e molto interessante anche il commento che accompagna la pubblicazione dell’articolo, a firma di Aakash Desai, Nicole Kuderer e Gary Lyman. Nel loro editoriale, gli autori ricordano che il “peso” delle morti per tumore nei paesi a reddito medio-basso è destinato a crescere molto, ma la maggior parte delle evidenze continua a essere prodotta nei paesi a reddito alto.

I risultati si prestano a numerosi commenti. I numeri documentano un chiaro bias di pubblicazione, e i lavori prodotti nei paesi a reddito alto (più spesso sponsorizzati dalle aziende farmaceutiche) sono pubblicati mediamente su riviste con maggiore impact factor. Si tratta di uno sbilanciamento legato alla minor qualità complessiva dei trial condotti nei paesi meno ricchi? Per meglio dire, si tratta di uno sbilanciamento legato a un pregiudizio di minor qualità, o a una minor qualità effettiva?

Sicuramente, con maggiori fondi a disposizione, la numerosa casistica disponibile nei paesi a reddito più basso consentirebbe di condurre molti studi in patologie che oggi sono penalizzate, in quanto in proporzione si fa molta meno ricerca nei tipi di tumore che sono rappresentati di più nei paesi poveri che nei paesi ricchi.

I risultati di questo studio tradiscono uno scenario mondiale in cui lo standard di trattamento rischia di essere profondamente diverso a seconda del reddito dei diversi paesi. E’ probabile che molti paesi a reddito basso non possano permettersi l’introduzione nella pratica clinica dei trattamenti risultati positivi ed approvati per l’impiego nei paesi ricchi.

Fa riflettere, peraltro, il fatto che la dimensione del beneficio, negli studi positivi, sia nettamente più bassa negli studi condotti nei paesi ricchi. In questi ultimi, studi condotti con un numero maggiore di pazienti consentono di evidenziare differenze statisticamente significative, anche se nettamente meno rilevanti sul piano clinico. Molte volte, negli anni scorsi, abbiamo rimproverato questo difetto agli studi sponsorizzati dall’industria, anche se negli ultimi anni da tutte le parti coinvolte è stato fortemente ribadito il concetto della soglia di beneficio clinico da rispettare anche nel disegno degli studi.

L’auspicio è che, rispetto a quanto evidenziato da Wells e colleghi, nel prossimo futuro si possano osservare cambiamenti di strategia: più finanziamenti pubblici per la ricerca nei paesi ricchi (così da bilanciare la proporzione di studi accademici rispetto a quelli sponsorizzati dall’industria), più possibilità per la ricerca nei paesi a reddito più basso, più opportunità di ricerca per i tumori che, a causa della distribuzione geografica, sono almeno in parte penalizzati nelle priorità della ricerca.