E' ancora il trattamento del melanoma ad esaltare la scena della ricerca oncologica sul palcoscenico del New England Journal of Medicine. Dopo le recenti apparizioni delle combinazioni tra inibitori di BRAF e inibitori di MEK, è la volta del nivolumab, anticorpo monoclonale umanizzato che blocca l'interazione tra recettore PD-1 e i suoi ligandi PD-L1 e PD-L2, liberando dal segnale negativo che regola l'attivazione e la proliferazione delle cellule T.
Robert C, et al. Nivolumab in Previously Untreated Melanoma without BRAF Mutation. N Engl J Med 2014 [Epub ahead of print]
In uno studio in aperto, randomizzato di fase 3, rivolto a pazienti con melanoma resistente all'ipilimumab, il nivolumab ha prodotto un tasso di risposte obiettive superiore rispetto alla chemioterapia (32% vs. 11%) (Weber JS, et al. ESMO 2014).
Adesso, uno studio randomizzato di fase 3, in doppio cieco, confronta nivolumab verso dacarbazina nel trattamento di prima linea di pazienti con melanoma metastatico senza mutazione di BRAF.
Randomizzazione 1:1 ad uno dei seguenti trattamenti:
Stratificazione:
Endpoint primario: overall survival
Sopravvivenza a un anno: 72.9% con nivolumab vs. 42.1% con dacarbazina (hazard ratio 0.42; P<0.001).
Progression-free survival: 5.1 mesi con nivolumab vs. 2.2 mesi con dacarbazina (hazard ratio 0.43; P<0.001).
Tasso di risposta: 40% con nivolumab vs. 13.9% con dacarbazina (odds ratio, 4.06; P<0.001).
Il beneficio in sopravvivenza del nivolumab rispetto alla dacarbazina si è confermato in tutti i sottogruppi prespecificati e indipendentemente dallo stato di PD-L1.
Effetti collaterali comuni del nivolumab: fatigue, prurito, nausea. Una tossicità di grado 3/4 è stata osservata nell'11.7% dei pazienti trattati con nivolumab e nel 17.6% di quelli trattati con dacarbazina.
Il nivolumab è superiore alla dacarbazina nel trattamento di prima linea del melanoma avanzato senza mutazione di BRAF. Il beneficio è stato osservato sia in termini di overall survival che di progression-free survival.
L'anticorpo monoclonale ha determinato una riduzione del rischio di morte del 58% rispetto alla chemioterapia. Il beneficio è risultato consistente fra tutti i sottogruppi prognostici e indipendente dallo stato di PD-L1.
Nel braccio con dacarbazina è stata registrata una sopravvivenza più elevata di quanto precedentemente riportato, verosimilmente a causa di quel 38% dei pazienti che hanno ricevuto ipilimumab dopo aver terminato il trattamento chemioterapico in studio.
Il nivolumab ha anche infranto l'assioma "immunoterapia = risposta tardiva", riportando un tempo alla risposta mediano di 2.1 mesi.
E ancora una volta la ricerca sul melanoma si fa leggere, a pieno titolo, sulle pagine prestigiose del New England Journal of Medicine.