Lo zenzero è indicato da molti come rimedio per la nausea in gravidanza, o per il mal d’auto... Serve anche per ridurre la nausea da chemioterapia? Uno studio randomizzato, condotto in Italia, ha provato a dare risposta.
P. Bossi, D. Cortinovis, S. Fatigoni, M. Cossu Rocca, A. Fabi, P. Seminara, C. Ripamonti, S. Alfieri, R. Granata, C. Bergamini, F. Agustoni, P. Bidoli, F. Nolè, M.A. Pessi, F. Macchi, L. Michellini, F. Montanaro, F. Roila; A randomized, double-blind, placebo-controlled, multicenter study of a ginger extract in the management of chemotherapy-induced nausea and vomiting (CINV) in patients receiving high dose cisplatin. Ann Oncol 2017 mdx315. doi: 10.1093/annonc/mdx315
Negli ultimi anni, sono stati compiuti notevoli progressi nella profilassi della nausea e del vomito indotti dalla chemioterapia (CINV, chemotherapy-induced nausea and vomiting).
Rispetto ai decenni precedenti, la disponibilità prima degli antiserotoninergici, e poi degli antagonisti di NK-1 ha molto aumentato la percentuale di pazienti che, dopo la somministrazione di farmaci ad elevato potenziale emetogeno, non vomitano e non hanno bisogno di assumere farmaci “di salvataggio” a causa della nausea e del vomito.
D’altra parte, i risultati ottenuti non sono ancora ottimali, specialmente in termini di nausea ritardata, che può essere significativa in una rilevante percentuale di pazienti, con ovvie ripercussioni sulla qualità di vita e sull’attività quotidiana.
Molte segnalazioni hanno portato all’attenzione della comunità scientifica il potenziale ruolo antiemetico dello zenzero, da tempo indicato come “rimedio della nonna” per l’emesi in gravidanza o per ridurre la chinetosi. Purtroppo, le evidenze disponibili relative all’efficacia dello zenzero nella profilassi dell’emesi indotta da chemioterapia sono di bassa qualità, e le linee guida attualmente non lo contemplano.
In questo scenario, un gruppo di ricercatori italiani ha disegnato e condotto uno studio randomizzato per valutare, con un’adeguata qualità dell’evidenza, l’efficacia dello zenzero.
E’ stato quindi condotto uno studio randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, multicentrico. Erano eleggibili pazienti candidati a ricevere almeno 2 cicli di chemioterapia contenente cisplatino, purché tale farmaco fosse somministrato ad una dose superiore a 50 mg/mq, vale a dire la dose identificata dalle linee guida come associata ad un rischio altamente emetogeno.
I pazienti assegnati al braccio sperimentale ricevevano estratto di zenzero alla dose di 160 mg al giorno (con una dose standardizzata di composti bio-attivi), mentre I pazienti assegnati al braccio di controllo ricevevano placebo.
I pazienti assegnati ad entrambi i bracci ricevevano la profilassi standard, in accordo alle linee guida, per l’emesi da cisplatino, vale a dire una triplice combinazione di NK1 antagonista, 5HT3 antagonista e desametasone.
La somministrazione di zenzero (o placebo) iniziava dal giorno successivo alla somministrazione del cisplatino.
Endpoint primario dello studio era la valutazione dell’efficacia dello zenzero nel prevenire la nausea ritardata .Endpoint secondari includevano la nausea “interciclo” (vale a dire la descrizione della nausea nel periodo intercorso tra un ciclo ed il successivo) e la nausea anticipatoria.
La CINV era misurata mediante strumenti comunemente impiegati negli studi dedicati all’emesi, vale a dire una scala VAS (visual-analogue scale) e il questionario Functional Living Index Emesis (FLIE), che valuta l’impatto di nausea e vomito sull’attività quotidiana e sulla qualità di vita.
Nel complesso, lo studio ha visto la randomizzazione di 244 pazienti, dei quali 121 assegnati al braccio sperimentale (zenzero) e 123 assegnati al braccio di controllo (placebo).
Tutti i pazienti ricevevano, come da criterio di inclusione, chemioterapia a base di cisplatino, e i tumori più rappresentati nella popolazione in studio erano i tumori del polmone (49%) e i tumori del distretto cervico-facciale (35%).
Dal punto di vista della sicurezza, non è stata riportata nessuna differenza tra i bracci in termini di effetti collaterali.
Dal punto di vista dell’efficacia, non è stata osservata alcuna differenza statisticamente significativa tra i due bracci in termini di nausea tardiva, di nausea interciclo e di nausea anticipatoria, sia nel primo ciclo che nel secondo ciclo.
L’analisi dei sottogruppi ha suggerito un vantaggio a favore del trattamento sperimentale (zenzero) in termini della variazione nel punteggio di nausea al giorno 6, nelle donne (p=0.048) e nei pazienti con neoplasia del distretto cervico-facciale (p=0.038).
Sulla base dei risultati osservati, gli autori concludono che la somministrazione quotidiana di zenzero, nei pazienti trattati con chemioterapia a base di cisplatino, purtroppo non si è rivelata efficace nel ridurre la nausea ritardata.
L’analisi di sottogruppi, alla quale gli autori hanno dato particolare enfasi, richiamando tali risultati nell’abstract oltre che nel testo del lavoro, ha suggerito un possibile beneficio nelle donne e nei pazienti con neoplasia del distretto cervico-facciale, ma tali risultati vanno letti con prudenza, come tutte le analisi di sottogruppo, e interpretati come “generatori di ipotesi”.
Agli autori italiani, in primis a Paolo Bossi e a Fausto Roila, vanno fatti i complimenti per aver disegnato, condotto e pubblicato questo studio, seppur negativo, per almeno due motivi.
Innanzitutto, è un grande merito quello di catalizzare le energie di più centri in uno studio dedicato alla terapia di supporto: in questo ambito, la ricerca rischia di essere meno “appealing” e meno gratificante rispetto agli studi dedicati alle terapie antitumorali attive, ma le potenziali ripercussioni per i pazienti, in termini di qualità di vita, sono sicuramente meritevoli dell’impegno di risorse ed energie.
L’altro aspetto, più tecnico ma non meno importante, è quello di aver scelto come endpoint primario dello studio la nausea ritardata, che non è quasi mai contemplata nell’endpoint primario della maggior parte degli studi che hanno portato alla registrazione dei farmaci antiemetici. L’endpoint scelto nella maggior parte degli studi, infatti, la “risposta completa”, comporta l’assenza di vomito e il non aver fatto ricorso a farmaci di salvataggio, e quindi non misura direttamente l’eventuale nausea che, specialmente nei giorni successivi alla chemioterapia, rimane un problema clinicamente rilevante.
Nonostante il risultato negativo, quindi, un plauso a chi ha condotto lo studio.