Qual è l'intervallo ottimale per la somministrazione di acido zoledronico nel trattamento delle localizzazioni ossee da carcinoma mammario, carcinoma prostatico o mieloma multiplo?
Himelstein AL, et al. Effect of Longer-Interval vs Standard Dosing of Zoledronic Acid on Skeletal Events in Patients With Bone Metastases: A Randomized Clinical Trial. JAMA 2017;317:48-58.
Un coinvolgimento osseo si osserva in circa il 70% delle pazienti con carcinoma mammario metastatico. In epoca pre-bifosfonati, la presenza di metastasi ossee era spesso causa di ospedalizzazione a seguito di eventi scheletrici (skeletal-related events: SRE), quali il dolore, l’ipercalcemia, la compressione midollare, le fratture.
Diversi studi randomizzati hanno dimostrato che i bifosfonati riducono l’incidenza di SRE.
Le linee guida ASCO e NCCN raccomandano quindi l’impiego di bifosfonati o di denosumab in pazienti con carcinoma mammario metastatico alle ossa. In particolare, gli agenti consigliati sono i seguenti:
• denosumab 120 mg con somministrazione sottocutanea ogni 4 settimane
• acido zoledronico 4 mg con somministrazione endovenosa ogni 3-4 settimane
• pamidronato 90 mg con somministrazione endovenosa ogni 3-4 settimane
Un’attenzione particolare va posta ai potenziali effetti collaterali di bifosfonati e denosumab, quali nefrotossicità, fratture sottotrocanteriche, osteonecrosi mandibolare.
Proprio in ragione dei rischi legati all’impiego di tali farmaci, ci si è interrogati sulla relazione tra esposizione cumulativa ai bifosfonati e incidenza di effetti collaterali.
Pertanto, le domande chiave riguardo alla terapia con bifosfonati sono:
Quali sono gli studi che hanno cercato di rispondere a tali quesiti?
Lo studio riportato da ONcotwITting è il Cancer and Leukemia Group B (CALGB) 70604. Si tratta di uno studio randomizzato che ha arruolato 1822 pazienti con carcinoma mammario metastatico, carcinoma prostatico metastatico e mieloma multiplo non precedentemente trattati con bifosfonati. La randomizzazione assegnava uno dei seguenti trattamenti: acido zoledronico ogni mese (N=911) verso acido zoledronico ogni 3 mesi (N=911) per due anni.
Endpoint primario: proporzione di pazienti con un SRE (frattura, compressione midollare, ricorso al trattamento radiante sull’osso, necessità di intervento chirurgico su osso) entro i due anni dalla randomizzazione. Il disegno dello studio prevedeva una differenza assoluta del 7% tra i due gruppi quale margine di non-inferiorità.
Endpoint secondari: proporzione di pazienti con almeno un SRE per tipo tumorale, dolore valutato mediante Brief Pain Inventory (range da 0-10), performance status ECOG, incidenza di osteonecrosi mandibolare, nefrotossicità, tasso di morbidità scheletrica (numero medio di SRE per anno), e, in un sottogruppo di 553 pazienti, soppressione del turnover osseo (valutata in base ai livelli di telopeptide C-terminale).
Caratteristiche della popolazione in studio:
In totale, 260 pazienti (29.5%) nel gruppo con somministrazione mensile e 253 pazienti (28.6%) nel gruppo con somministrazione ogni 12 settimane hanno riportato almeno 1 SRE nei 2 anni dalla randomizzazione (differenza pari a −0.3%; P < .001 per non-inferiorità).
Nelle varie patologie (patologia mammaria, patologia prostatica, mieloma multiplo), la proporzione di SRE non è risultata differente in base all’intervallo di somministrazione. Nessuna differenza è stata osservata tra i due bracci di trattamento in termini di dolore, performance status, incidenza di osteonecrosi mandibolare, nefrotossicità. La morbidità scheletrica è risultata numericamente identica nei due gruppi, sebbene sia stato osservato un maggior turnover osseo (livelli di telopeptide C-terminale più alti) fra i pazienti che hanno ricevuto l’acido zoledronico ogni 12 settimane.
In presenza di coinvolgimento osseo da carcinoma mammario, carcinoma prostatico o mieloma multiplo, l’uso di acido zoledronico ogni 12 settimane non comporta alcun incremento degli eventi scheletrici a due anni rispetto all’uso dell’acido zoledronico ogni 4 settimane.
Pur riconoscendo alcuni limiti (disegno open-label, drop-out elevato, mancata valutazione della sopravvivenza), lo studio è convincente e ha le caratteristiche per modificare la pratica clinica attuale.