Miscellanea
Sabato, 08 Ottobre 2016

Motivazioni, fiducia, aspettative: perché un paziente accetta uno studio di fase I?

A cura di Massimo Di Maio

Cosa si aspetta un paziente oncologico al quale venga proposto uno studio di fase I? Mediamente, tale proposta avviene dopo l’esaurimento delle terapie standard. Ma le aspettative dei pazienti sono molto (troppo?) alte...

Dolly, S. O., Kalaitzaki, E., Puglisi, M., Stimpson, S., Hanwell, J., Fandos, S. S., Stapleton, S., Ansari, T., Peckitt, C., Kaye, S., Lopez, J., Yap, T. A., van der Graaf, W., de Bono, J. and Banerji, U. (2016), A study of motivations and expectations of patients seen in phase 1 oncology clinics. Cancer. doi:10.1002/cncr.30235

Gli studi di fase I sono una fase essenziale della sperimentazione clinica, in oncologia come in altre specialità.Tradizionalmente, l’obiettivo principale degli studi di fase I è la descrizione della tollerabilità e del profilo di effetti collaterali di nuovi farmaci, al fine di identificare la dose ottimale da testare nelle successive fasi di sperimentazione. Tale obiettivo implica che l’attività del trattamento, e la sua efficacia, sono per definizione ancora da documentare, e quindi tali studi vengono generalmente proposti a pazienti che abbiano già percorso le opzioni terapeutiche standard per la propria patologia.

Quali sono le aspettative e le motivazioni che spingono un paziente a partecipare ad una sperimentazione di fase I? Se lo sono chiesti, in un lavoro molto interessante recentemente pubblicato su Cancer, i ricercatori del Royal Marsden Hospital, che hanno sottoposto un questionario dedicato a pazienti che si trovavano a prendere in considerazione per la prima volta la partecipazione ad uno studio di fase 1 in ambito oncologico.

La compilazione dei questionari avveniva prima del colloquio con il medico / sperimentatore, e dopo il colloquio i pazienti ricevevano una seconda versione del questionario, allo scopo di valutare la modifica nella risposta ad alcune domande.

Complessivamente, l’analisi pubblicata si basa sulle risposte di 396 pazienti (pari al 99% dei soggetti invitati a partecipare) per quanto riguarda il questionario compilato prima del colloquio con il medico / sperimentatore, e su 301 risposte (pari al 76%) date dopo la visita.

La motivazione più frequentemente riferita come la più importante per considerare la partecipazione ad una sperimentazione di fase 1 era la possibilità di ottenere una riduzione della malattia grazie all’attività del trattamento (tale motivazione era riferita dall’84% dei soggetti rispondenti).

A seguire, le motivazioni più importanti erano rispettivamente l’assenza di trattamenti alternativi, al secondo posto (56% dei pazienti); la raccomandazione ricevuta dal proprio medico, al terzo posto (44% dei pazienti), e il fatto che la partecipazione allo studio di fase I può produrre evidenza utile al trattamento di altri pazienti, al quarto posto (38%).

Quando ai pazienti veniva chiesto di stimare il beneficio personale potenzialmente associato alla partecipazione, poco meno della metà di essi (43% prima del colloquio con lo sperimentatore, e 47% dopo il colloquio) riferiva di confidare in una riduzione della malattia. Il 14% dei pazienti riferiva di confidare nella guarigione, grazie all’attività del trattamento sperimentale.

Quando ai pazienti veniva chiesto di stimare i rischi a cui poteva andare incontro sottoponendosi alla somministrazione del farmaco sperimentale, il 71% dei pazienti riferiva di attendersi effetti collaterali moderati (non severi).

La maggioranza dei pazienti, rispondendo al questionario prima del colloquio, non aveva le idée chiare sull’impegno dettato dalla partecipazione allo studio di fase I in termini di accessi in ospedale necessari per le visite e le procedure di studio. D’altra parte, il colloquio serviva a chiarire tale aspetto, che era poi chiaro al 93% dei rispondenti al questionario di follow-up.

Complessivamente, i rispondenti dichiaravano in grande maggioranza la motivazione a partecipare allo studio di fase I, sia prima (72%) che dopo il colloquio con il medico (84%).

 

Gli autori sottolineano che la probabilità di attività registrata nell’ambito degli studi di fase I è mediamente molto più bassa delle aspettative dichiarate dai pazienti partecipanti al questionario, sia prima che dopo il colloquio con il medico.

Questo aspetto è di cruciale importanza per una serena discussione dei rischi e dei benefici associati alla partecipazione ad una sperimentazione di fase I. Anche la convinzione che gli eventi avversi associati alla somministrazione del farmaco sperimentale saranno moderati e non severi va ovviamente discussa durante il colloquio informativo, in cui sarà compito dello sperimentatore enfatizzare che i rischi, per quanto minimizzati dal disegno dello studio, sono comunque potenzialmente elevati.

Molte delle aspettative dei pazienti in tale setting in termini di attività e di efficacia del trattamento sono probabilmente “sproporzionate” rispetto al beneficio realisticamente prevedibile. Peraltro, va sottolineato che, negli ultimi anni, l’aumento delle conoscenze sui fattori predittivi e l’eventuale selezione dei pazienti sulla base di fattori predittivi molecolari già in fase precoce di studio può, almeno in alcuni casi, aumentare concretamente la chance di beneficio personale.

Molti pazienti coglievano già prima del colloquio con lo sperimentatore l’opportunità offerta dalla partecipazione ad uno studio di fase I, in considerazione dell’assenza di alternative terapeutiche di provata efficacia. E’ confortante sottolineare, peraltro, che, seppure con il bias di risposta legato al fatto che un quarto dei soggetti poi non rispondeva al questionario, anche dopo la visita con il medico (in cui erano stati realisticamente chiariti alcuni aspetti importanti in termini di benefici e rischi) una percentuale elevata di pazienti rimaneva favorevole alla partecipazione allo studio di fase I.