L'aspirina riduce del 12% l'incidenza di eventi cardiovascolari, sia nella popolazione generale che nei soggetti ad alto rischio. Tuttavia, il suo effetto sulla mortalità cardiovascolare appare meno rilevante.
Ma qual è il ruolo dell'aspirina nella profilassi primaria dei tumori? I benefici potenziali giustificano i rischi? Proviamo a rispondere con la sintesi più aggiornata dell'evidenza scientifica.
Cuzick J, et al. Estimates of benefits and harms of prophylactic use of aspirin in the general population. Ann Oncol 2014; [Epub ahead of print]
L'evidenza a supporto di un'attività antitumorale dell'aspirina è crescente. L'uso profilattico dell'aspirina deve però fare i conti con i potenziali effetti collaterali della stessa.
Uno studio ha sintetizzato i dati disponibili in letteratura riguardo agli effetti dell'aspirina su:
Fra i soggetti a rischio medio, di età compresa tra i 50 e i 65 anni, l'assunzione di aspirina per 10 anni porta ad una riduzione del 7% nel numero di donne e del 9% nel numero di uomini che sperimentano un evento (tumore, infarto del miocardio o stroke) in un periodo di 15 anni. Il beneficio relativo è simile fra i due sessi, mentre il beneficio assoluto è maggiore fra i maschi di età più avanzata. Ciò si spiega per il maggior rischio basale in tale categoria. In sintesi, si stima una riduzione assoluta tra l'0.95% (donne che assumono l'aspirina dall'età di 50 anni) e il 3.4% (uomini che assumono l'aspirina dall'età di 65 anni).
Inoltre, si assiste ad una riduzione relativa del 4% nel rischio complessivo di morte in un periodo di 20 anni.
La riduzione dell'incidenza tumorale costituisce il 61-80% del beneficio complessivo, e la riduzione dell'incidenza di carcinoma colorettale il 30-36% dello stesso.
L'evidenza a sostegno dell'effetto profilattico è maggiore per i carcinomi del colonretto, dell'esofago e dello stomaco. Riguardo a carcinomi mammari, prostatici e polmonari si dispone di dati più limitati.
Gli effetti in termini di prevenzione primaria dei tumori non sono evidenti prima dei 3 anni dall'inizio del trattamento ma, in coloro che hanno assunto l'aspirina per lungo tempo, si mantengono per diversi anni dopo la sospensione. Nessuna differenza è emersa in funzione della dose ricevuta. Tuttavia, va notato che non si dispone di confronti diretti.
Gli effetti collaterali più comuni sono le emorragie gastrointestinali. In termini assoluti, variando in funzione di età e sesso, in un periodo di 15 anni si osserva un incremento tra lo 0.21% e l'1.05% rispetto al basale.
L'aspirina è chiaramente controindicata in presenza di ulcera peptica, recenti episodi di sanguinamento, diatesi emorragica. Altri fattori di rischio emorragico in soggetti che utilizzano l'aspirina sono: età (maggior rischio negli anziani), sesso maschile, diabete, sovrappeso, obesità, ipertensione, fumo, abuso alcolico, infezione da H. pylori.
L'uso profilattico dell'aspirina per un periodo minimo di 5 anni, alla dose tra 75 e 325 mg die, sembra tradursi in un buon rapporto beneficio/rischio (prevenzione del rischio tumorale a fronte di una probabilità bassa di effetti collaterali). Il beneficio è maggiore fra i soggetti che assumono il farmaco per periodi più lunghi. Tuttavia, al fine di poter proporre un uso su larga scala, rimangono da identificare dose e durata ottimali del trattamento, fattori predittivi del rischio emorragico, eventuali misure per prevenire gli effetti collaterali.
Il number needed to treat (NNT) per una assunzione di aspirina della durata di 10 anni varia tra 33 a 127 soggetti da trattare per prevenire un evento maggiore (tumore, infarto del miocardio o stroke). Inoltre, il NNT per prevenire una morte varia tra 46 e 213. Ciò è quasi interamente (89%–96%) ascrivibile alla riduzione delle morti per tumore.