Miscellanea
Lunedì, 24 Febbraio 2025

PRO-TECT: I patient-reported outcomes funzionano anche nella realtà di tutti i giorni.

A cura di Massimo Di Maio

Anni dopo la pubblicazione dello studio STAR, che era stato condotto al Memorial Sloan Kettering e quindi accusato di essere “lontano” dal real world e dalla pratica clinica quotidiana, lo studio PRO-TECT, pur non confermando il beneficio in sopravvivenza, ha confermato il vantaggio associato all’impiego dei patient-reported outcomes nella pratica clinica in termini di qualità di vita e riduzione degli accessi in pronto soccorso.

Basch, E., Schrag, D., Jansen, J. et al. Symptom monitoring with electronic patient-reported outcomes during cancer treatment: final results of the PRO-TECT cluster-randomized trial. Nat Med (2025). https://doi.org/10.1038/s41591-025-03507-y

E’ stato ampiamente documentato, in numerosi lavori, che le tossicità “soggettive” associate al trattamento anti-tumorale sono a rischio di sottostima e under-reporting da parte dei medici. Fino a qualche anno fa, non era chiaro se una raccolta sistematica di tali informazioni direttamente da parte dei pazienti, ad esempio mediante questionari cartacei dedicati o mediante strumenti elettronici come i tablets, oltre a rendere più fedele il report della tossicità, servisse anche a migliorare la gestione delle tossicità e potesse quindi tradursi in un beneficio diretto per i pazienti.

Negli ultimi anni, numerosi studi hanno documentato un vantaggio in termini di qualità di vita e di altri endpoint clinici, come un miglioramento dell’aderenza alla terapia e una riduzione degli accessi in pronto soccorso, con l’impiego del monitoraggio digitale dei sintomi per i pazienti in trattamento antitumorale attivo.

Tra gli studi più famosi, lo studio STAR pubblicato nel 2016 e coordinato da Ethan Basch, che aveva documentato l’efficacia della raccolta sistematica delle tossicità (https://www.oncotwitting.it/fad-miscellanea/articolo-10).

Sulla base dei suddetti studi, ESMO ha prodotto linee guida sul ruolo dei patient-reported outcomes nella pratica clinica per i pazienti oncologici (https://www.oncotwitting.it/miscellanea/patient-reported-outcomes-nella-pratica-clinica-le-linee-guida-ora-ci-sono-la-sfida-e-applicarle)

Una delle critiche allo studio STAR era stato il fatto che era condotto in un singolo centro, il Memorial Sloan Kettering. Molti si interrogavano sulla reale applicabilità di questo modello di monitoraggio dei sintomi in un contesto meno “controllato” e più vicino al real-world rispetto allo studio STAR. Per rispondere a questa critica, Ethan Basch e colleghi hanno condotto uno studio che, con un confronto simile, era però condotto in un contesto multicentrico, in numerosi centri territoriali negli Stati Uniti.

La randomizzazione non era prevista per ciascun paziente partecipante, ma erano i centri ad essere randomizzati (“cluster randomization”) alla visita standard oppure all’impiego dei patient-reported outcomes per il monitoraggio digitale dei sintomi.

Nei centri randomizzati all’impiego dei PRO, i pazienti oncologici (avevano una malattia metastatica, e non c’erano limiti di inclusione sulla base del tipo di trattamento) erano invitati a completare questionari settimanali sui sintomi. Quando i sintomi riferiti erano gravi oppure in peggioramento rispetto alle precedenti valutazioni, questo produceva un alert al team di assistenza.

L’endpoint primario dello studio (sulla base del risultato dello studio STAR, che oltre a documentare un vantaggio in qualità di vita aveva anche documentato un prolungamento della sopravvivenza globale) era la sopravvivenza globale.

Endpoint secondari dello studio includevano gli accessi in pronto soccorso, il tempo al deterioramento della funzionalità fisica, il tempo al deterioramento dei sintomi, il tempo al deterioramento della qualità della vita e la soddisfazione del paziente con l’impiego dei patient-reported outcomes.

Lo studio ha visto l’inclusione di 1.191 pazienti.

Non è stata evidenziata alcuna differenza tra i due gruppi di pazienti in termini di sopravvivenza globale (hazard ratio [HR] 0.99, intervallo di confidenza al 95% 0.83-1.17), p=0.86).

Il tempo al primo accesso in pronto soccorso è stato significativamente prolungato nel gruppo assegnato ai patient-reported outcomes rispetto al gruppo assegnato alle cure standard (HR 0.84, 95%CI 0.71 – 0.98, p=0.03), con una riduzione del 6.1% nell'incidenza cumulativa di visite di emergenza e un minor numero di visite medie a 12 mesi (1.02 e 1.30, rispettivamente; p<0.001).

Il gruppo assegnato ai patient-reported outcomes ha riportato un vantaggio in termini di tempo al deterioramento della funzionalità fisica (mediana 12.6 rispetto a 8.5 mesi, HR 0.73; p=0.002), tempo al deterioramento dei sintomi (mediana 12.7 rispetto a 9.9, HR 0.69; p<0.001) e tempo al deterioramento della qualità di vita (15.6 rispetto a 12.2, HR 0.72; p=0.001).

Analisi di sensitività hanno confermato il beneficio nelle analisi di tempo al deterioramento, anche includendo i decessi tra gli eventi considerati nelle analisi.

Buono il risultato di soddisfazione da parte dei pazienti: la maggior parte dei pazienti ha ritenuto che l’impiego dei PROs abbia migliorato le discussioni con il team di assistenza (77.0%), li abbia fatti sentire più in controllo delle loro cure (84.0%) e lo consiglierebbe ad altri pazienti (91.4%)

Sulla base dei risultati sopra sintetizzati, gli autori concludono che il monitoraggio dei sintomi mediante l’impiego di patient-reported outcomes digitali migliora significativamente i risultati clinici, l'esperienza del paziente e l'utilizzo dei servizi sanitari. Pertanto, concludono, dovrebbe essere incluso come parte standard dell'assistenza clinica per i pazienti oncologici.

Tecnicamente, l’endpoint primario dello studio era negativo, ma c’è da discutere se fosse corretto scegliere la sopravvivenza globale come endpoint primario. L’impiego dei patient-reported outcomes ha dimostrato, e confermato, in numerosi studi un chiaro beneficio in qualità di vita: basta questo, a nostro avviso, per ritenere necessaria l’implementazione dei PROs nella pratica clinica, indipendentemente dal prolungamento dell’aspettativa di vita.

E’ importante che, anche al di fuori di un contesto selezionato e “quasi-sperimentale” quale era stato lo studio STAR condotto al Memorial Sloan Kettering, anche uno studio condotto in realtà “di provincia”, in oncologie distribuite sul territorio, abbia confermato i benefici dei PROs in termini di qualità di vita e di riduzione degli accessi in pronto soccorso.