L’esperienza olandese documenta, nelle settimane dell’emergenza, una riduzione del numero di nuove diagnosi di tumore rispetto all’atteso. E’ un problema comune a molte realtà, che potrebbe avere ripercussioni nei prossimi mesi.
Avinash G Dinmohamed; Otto Visser; Rob H A Verhoeven; Marieke W J Louwman; Francien H van Nederveen; Stefan M Willems; Matthias A W Merkx; Valery E P P Lemmens; Iris D Nagtegaal; Sabine Siesling. Fewer cancer diagnoses during the COVID-19 epidemic in the Netherlands. The Lancet Oncology, ISSN: 1470-2045. Published: April 30, 2020
In tutto il mondo, l’emergenza sanitaria legata all’esplosione della pandemia di COVID-19 ha determinato un repentino stravolgimento della quotidianità dei cittadini, nonché della gestione del servizio sanitario, concentrando le attenzioni e le risorse sulla cura dei pazienti contagiati.
In tale scenario, non solo per la concentrazione delle risorse sui percorsi dedicati ai pazienti COVID, ma anche per la paura della popolazione a recarsi in visita presso gli ambulatori o presso gli ospedali se non per assoluta urgenza, si è assistito alla riduzione del numero di diagnosi di molte patologie.
Il problema è stato ripetutamente segnalato, ad esempio, in ambito cardiologico a proposito della riduzione delle diagnosi di infarto del miocardio. Essendo difficile ipotizzare una reale riduzione del numero di infarti, è probabile che molti pazienti, pur in presenza di sintomi sospetti, non si siano recati tempestivamente in ospedale (come sarebbe avvenuto prima dell’emergenza). Naturalmente, nel caso dell’infarto, questo ritardo o addirittura mancato intervento può comportare ovvie conseguenze sulla prognosi e sulla possibilità di praticare terapie efficaci.
Analogamente, si pone il problema del ritardo nelle diagnosi oncologiche, che generalmente avvengono tramite screening (per i tumori per i quali esiste dimostrazione di efficacia dello screening e per i quali esistono quindi programmi organizzati di popolazione) oppure, in seguito a sintomi, tramite il sospetto posto dalla visita da parte del medico di medicina generale, oppure da parte di uno specialista, oppure, in caso di sintomi acuti e severi, in seguito ad accesso in pronto soccorso. Tutti questi canali sono stati, per motivi diversi, potenzialmente ostacolati o ritardati dalla recente emergenza sanitaria.
Gli autori della recente pubblicazione su Lancet Oncology hanno considerato i dati del registro tumori nazionale olandese (Netherlands Cancer Registry) allo scopo di confrontare i numeri di nuovi casi di tumori con l’andamento delle diagnosi nel periodo precedente l’emergenza sanitaria. Nei Paesi Bassi, le nuove diagnosi di cancro vengono notificate al Nationwide Network of Histopathology and Cytopathology.
Gli autori descrivono l’andamento nel tempo, sia complessivo, che per fasce di età, che per regione geografica, che per tipo di tumore: tumori del distretto cervico-facciale, tumori del tratto gastrointestinale, tumori del polmone, tumori della mammella, tumori ginecologici, tumori urologici, neoplasie ematologiche.
L’andamento nel tempo è espresso in percentuale di diagnosi settimanali, fatto 100% il numero delle diagnosi nelle prime settimane del 2020 precedenti l’inizio dell’emergenza COVID-19.
Gli autori rapportano graficamente l’andamento del numero di diagnosi oncologiche, settimana dopo settimana, a 3 eventi:
L’analisi del periodo compreso tra il 24 febbraio 2020 ed il 12 aprile 2020 ha evidenziato una riduzione del numero di diagnosi di cancro nei Paesi Bassi.
Nel dettaglio, gli autori riportano una riduzione del numero di nuovi casi particolarmente marcata per i tumori della cute, ma ridotta anche per gli altri tipi di tumori.
Nella settimana di inizio dell’emergenza sanitaria (corrispondente ai primi casi di diagnosi di COVID-19) le nuove diagnosi di tumori si sono ridotte al 75% per i tumori della pelle (melanomi e neoplasie spinocellulari) e si sono ridotte all’81% per tutti gli altri tipi di tumori ad eccezione dei tumori della pelle, riducendosi ulteriormente (rispettivamente al 64% e al 73%) nella settimana successiva.
Nelle settimane seguenti, coincidenti con le misure di distanziamento sociale, il numero di nuove diagnosi di tumori cutanei si è ridotto ulteriormente (attestandosi al 56%, 45% e 39% rispettivamente nelle settimane del 16, 23 e 30 marzo), ed anche il numero di nuove diagnosi di tutti i tumori esclusi i tumori della cute si è ridotto (attestandosi al 91%, 81% e 75% rispettivamente).
Nella settimana del 6 aprile, vale a dire successivamente all’inizio della campagna pubblica di sensibilizzazione sull’importanza della diagnosi oncologica, si è osservata una inversione di tendenza, con un incremento dal 39% al 45% per le diagnosi di tumori cutanei e dal 75% al 95% per le diagnosi di altri tipi di tumori.
L’andamento delle diagnosi dei singoli tipi di neoplasia documenta un andamento simile nel tempo, ad eccezione dei tumori ginecologici. In tutti gli altri casi, il grafico documenta un numero di nuove diagnosi costantemente inferiore ai valori precedenti l’emergenza, con segni di ripresa dopo la campagna di sensibilizzazione (per quanto il periodo di osservazione dopo tale campagna sia limitato ad 1 settimana).
I risultati pubblicati dagli autori olandesi fanno riflettere sulle possibili conseguenze “indirette” dell’emergenza COVID sulla salute complessiva della popolazione. In teoria, un ritardo nella diagnosi di un tumore potrebbe essere detrimentale in termini di presentazione clinica, di stadio di malattia, di prognosi, di chance terapeutiche radicali.
L'analisi presenta alcuni limiti (è riferita ad una specifica realtà nazionale, e a un periodo di tempo limitato, in quanto la descrizione si ferma alla settimana del 12 aprile, nella quale si osservava una tendenza, sia complessiva che per ciascun tipo di tumore, a una "ripresa" delle diagnosi). Peraltro, i dati presentati dagli autori olandesi sono parzialmente incompleti, in quanto ancora privi dei numeri riferiti a un centro nazionale di riferimento oncologico, pur comprendendo tutti gli altri centri.
Naturalmente, è importante sottolineare che non è detto che l’eventuale ritardo (specialmente se contenuto, come si spera, in qualche settimana) abbia ripercussioni significative sulla prognosi, ma è un rischio da tenere in conto.
In Italia, nel corso dell’emergenza, le attività delle discipline oncologiche sono rimaste aperte (con qualche temporanea eccezione nelle realtà più duramente provate dallo stravolgimento degli ospedali, dalla riduzione del personale in servizio e dalla concentrazione delle risorse sui pazienti acuti). Anche gli screening (necessariamente sospesi nel periodo di maggiore criticità, in cui la priorità era quella di contenere gli accessi e i rischi di contagio) stanno ritornando a regime.
Il 26 marzo 2020, l'Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), l'Associazione Italiana di Radioterapia Oncologica (AIRO) e la Società Italiana di Chirurgia Oncologica (SICO) hanno pubblicato un comunicato per ribadire che “ogni Società ha offerto ai propri operatori sanitari delle indicazioni di orientamento per meglio affrontare tale emergenza. Sulla base delle disposizioni Regionali, si è inoltre cercato di stabilire con le Direzioni Ospedaliere una scala di priorità di presa in carico per i pazienti nelle varie fasi della loro malattia, in maniera da ottimizzare le risorse disponibili e continuare ad offrire a tutti i nostri pazienti il massimo servizio possibile. Per definire queste priorità si sono utilizzati criteri legati alla biologia delle diverse neoplasie, alle condizioni generali del paziente, alla sede del tumore ed alle caratteristiche dei trattamenti indicati. Ci saranno pazienti che necessiteranno di presa in carico in tempi rapidi, altri in cui la presa in carico potrà essere ragionevolmente dilazionata ed altri ancora in cui la presa in carico dovrà essere condivisa con indicazioni adattate alla particolare situazione contingente.”
Il 7 aprile 2020, AIOM, AIRO e SIE (Società Italiana di Ematologia) si sono rivolte ai cittadini e alle istituzioni. "Nell’intento di incentivare il più possibile il proseguimento delle terapie salvavita per i pazienti oncologici e onco-ematologici e per rassicurare cittadini e caregiver sulle strategie messe in atto dal Governo per tutela della salute dei pazienti e di tutta la popolazione, sulla base dell’esperienza e del buon senso clinico, [le Società scientifiche] si rivolgono a pazienti oncologici e onco-ematologici, istituzioni nazionali e regionali e cittadini per - ricordare che il cancro va curato in tutte le fasi di malattia - ribadire che i percorsi oncologici e onco-ematologici sono attivi e protetti in tutti gli ospedali italiani - incoraggiare tutti i pazienti a rivolgersi con fiducia e serenità alle loro strutture di riferimento, dove sono stati attivati protocolli specifici per la protezione dal contagio da COVID-19 - invitare le istituzioni nazionali e regionali a facilitare questi percorsi così come indicato nelle Raccomandazioni per la gestione dei pazienti oncologici e oncoematologici in corso di emergenza da COVID-19"
Nelle scorse settimane, pur essendo operative, è stata esperienza comune di molte oncologie italiane una riduzione del numero di nuove diagnosi e nuove prese in carico. E’ ipotizzabile che, nelle prossime settimane / mesi si possa assistere, di rimbalzo, ad un aumento dei casi, determinato dall’ “accumulo” di casi dei mesi precedenti. Questo potrebbe comportare uno “stress” della nostra capacità di garantire le prese in carico, l’esecuzione degli esami e la somministrazione delle terapie necessarie in tempi ottimali.
In vista della fase 2 dell’emergenza, la sfida principale sarà quella di garantire i percorsi dei pazienti oncologici, in termini sia di sicurezza sanitaria che di tempestività.