Una survey dell’ESMO ha descritto la prevalenza della sindrome da burnout nei giovani oncologi europei: il problema è più frequente di quello che si potrebbe pensare.
S. Banerjee, R. Califano, J. Corral, E. de Azambuja, L. De Mattos-Arruda, V. Guarneri, M. Hutka, K. Jordan, E. Martinelli, G. Mountzios, M.A. Ozturk, M. Petrova, S. Postel-Vinay, M. Preusser, C. Qvortrup, M.N.M. Volkov, J Tabernero, D. Olmos, M.H. Strijbos; Professional Burnout in European Young Oncologists: Results of The European Society For Medical Oncology (ESMO) Young Oncologists Committee Burnout Survey. Ann Oncol 2017 mdx196. doi: 10.1093/annonc/mdx196
La sindrome da burnout è stata definita da Maslach, tra la fine degli anni Settanta e gli anni Ottanta, come una sindrome caratterizzata da esaurimento emozionale, depersonalizzazione e ridotta efficienza professionale. La sindrome può colpire in particolare le professioni che quotidianamente mettono alla prova le relazioni interpersonali, e sicuramente le professioni sanitarie a contatto con i pazienti oncologici (sia medici che infermieri) sono tra le categorie più a rischio.
La sindrome da burnout può avere, come è facile immaginare, importanti conseguenze negative sulla qualità dell’assistenza offerta ai pazienti, sulla soddisfazione professionale, e sulla qualità di vita stessa (sia professionale che personale) di chi ne soffre. Si potrebbe superficialmente pensare che la prevalenza del burnout aumenti con l’età, con l’accumularsi delle insoddisfazioni, delle tensioni e dello stress lavorativo. Una survey condotta dallo Young Oncologist Committee dell’ESMO ha valutato la prevalenza, e le caratteristiche, della sindrome da burnout nei giovani oncologi (ovvero gli oncologi di età inferiore a 40 anni). Scopo dell’analisi era quello di provare ad analizzare i fattori (sia professionali che personali) potenzialmente associati al rischio di sviluppare il burnout.
La survey ESMO è stata condotta impiegando il Maslach Burnout Inventory (MBI), strumento validato per la misurazione del burnout. In aggiunta, la survey prevedeva la somministrazione di domande riguardanti vari aspetti della vita professionale e della vita personale.
Complessivamente, la survey ESMO ha raccolto le risposte di 737 partecipanti (di tutte le età), provenienti da 41 paesi europei. La maggior parte dei rispondenti erano giovani (595, pari all’81% del totale) e l’analisi si è appunto concentrata su tale popolazione under 40, ampiamente rappresentata nello studio. L’81% dei giovani rispondenti erano oncologi medici, il 52% medici in formazione, e il 62% erano donne.
Complessivamente, il 71% dei giovani oncologi ha mostrato evidenze di burnout. Nel dettaglio, il 50% ha evidenziato segni di depersonalizzazione, il 45% segni di esaurimento emozionale, il 35% segni di scarsa soddisfazione per il lavoro.
Il 22% dei rispondenti ha richiesto supporto per il burnout durante il periodo di formazione, e il 74% ha riportato di non avere possibilità di accesso a servizi di supporto.
L’analisi delle risposte in base alla provenienza geografica dei rispondenti ha evidenziato una significativa differenza tra le varie macro-regioni europee, con la prevalenza di burnout risultata massima nei paesi dell’Europa centrale (84%) e minima nei paesi dell’Europa settentrionale (52%).
Quella pubblicata su Annals of Oncology è la più grande survey che abbia analizzato la prevalenza, e le caratteristiche, della sindrome da burnout nei giovani oncologi europei.
Il risultato è per certi aspetti sorprendente, perché le percentuali di burnout, sia come depersonalizzazione, che come esaurimento emozionale, che come insoddisfazione lavorativa, sono molto alte, se consideriamo che si tratta di una popolazione di giovani di età inferiore a 40 anni.
L’analisi multivariata è interessante perché consente di identificare alcuni fattori associati a un rischio aumentato, e alcuni di questi fattori (come l’assenza di un adeguato servizio di supporto, o la inadeguata quantità di ferie) sono fattori potenzialmente modificabili.
La crescente burocratizzazione del lavoro quotidiano sicuramente contribuisce negativamente al rischio di burnout. Capita regolarmente di dover dedicare agli aspetti burocratici molto più tempo di quello dedicato alla visita del paziente. Come riportato qualche anno fa su CASCO (numero 1, luglio –settembre 2011), Goldstein sottolineava che “la lista delle attività che gli oncologi considerano più onerose non comprende, come si potrebbe pensare, la morte di un paziente, la perdita, le tante ore di lavoro o i turni di notte e dei fine settimana (...); ciò che considerano più stressante è riempire quelle che molti considerano carte senza senso, soprattutto la necessità di dedicarsi a pratiche che non contribuiscono al benessere del paziente”.