Olaratumab era stato approvato dalle autorità regolatorie sulla base dello studio di fase II: presentati in plenaria all’ASCO 2019 i risultati dello studio di fase III, purtroppo completamente negativo. Morale: gli studi di fase II richiedono conferma successiva.
William D. Tap, Andrew J. Wagner, Zsuzsanna Papai, Kristen N. Ganjoo, Chueh-Chuan Yen, Patrick Schoffski, Albiruni Ryan Abdul Razak, Javier Martin Broto, Alexander I. Spira, Akira Kawai, Anders Krarup-Hansen, Axel Le Cesne, Brian Van Tine, Yoichi Naito, Se Hoon Park, Victoria Soldatenkova, Gary Mo, Ashwin Shahir, Jennifer Wright, Robin Lewis Jones; ANNOUNCE: A randomized, placebo (PBO)-controlled, double-blind, phase (Ph) III trial of doxorubicin (dox) + olaratumab versus dox + PBO in patients (pts) with advanced soft tissue sarcomas (STS). J Clin Oncol 37, 2019 (suppl; abstr LBA3)
Olaratumab è un anticorpo monoclonale diretto contro il recettore PDGFR alfa. In un precedente studio di fase II randomizzato condotto in pazienti affetti da sarcomi dei tessuti molli in stadio avanzato, la combinazione di olaratumab e doxorubicina aveva evidenziato un risultato positivo, non solo in termini di sopravvivenza libera da progressione ma anche di sopravvivenza globale, rispetto alla doxorubicina da sola (Tap WD, et al. Lancet. 2016 Jul 30;388(10043):488-97. doi: 10.1016/S0140-6736(16)30587-6.)
Sulla base di quel risultato, il farmaco è stato rapidamente approvato dalle autorità regolatorie, ed è stato condotto uno studio di fase III allo scopo di confermare l’efficacia suggerita dal suddetto studio di fase II.
Lo studio ANNOUNCE prevedeva l’inclusione di pazienti con sarcoma dei tessuti molli localmente avanzato non candidato a intervento chirurgico oppure metastatico, che non avessero precedentemente ricevuto trattamento con antracicline, con performance status secondo ECOG 0 oppure 1.
Lo studio prevedeva la randomizzazione in rapporto 1:1.
In entrambi I bracci, la schedula di doxorubicina prevedeva una dose totale massima (per i pazienti che completassero gli 8 cicli programmati) di 600 mg/mq. Era previsto l’impiego di dexrazoxane come cardio-protettore.
Endpoint primari dello studio erano:
Il disegno prevedeva di considerare positivo il risultato dello studio se una delle due analisi suddette fosse risultata positiva.
Endpoint secondari erano:
Lo studio ha visto la randomizzazione di 509 pazienti: 258 assegnati al braccio sperimentale e 251 assegnati al braccio di controllo. Le caratteristiche basali dei 2 bracci erano bilanciate.
Nella popolazione complessiva, la sopravvivenza mediana è risultata pari a 20.4 mesi nel braccio sperimentale e 19.8 mesi nel braccio di controllo (hazard ratio 1.05, intervallo di confidenza al 95% 0.84-1.30; p = 0.69).
Nel sottogruppo di pazienti affetti da leiomiosarcoma, la sopravvivenza mediana è risultata pari a 21.6 mesi nel braccio sperimentale, rispetto a 21.9 mesi nel braccio di controllo (hazard ratio 0.95, intervallo di confidenza al 95% 0.69-1.31; p = 0.76).
Nella popolazione complessiva, la PFS mediana è risultata pari a 5.4 mesi nel braccio sperimentale e 6.8 mesi nel braccio di controllo (hazard ratio 1.23, intervallo di confidenza al 95% 1.05-1.50; p = 0.04).
Nel sottogruppo di pazienti affetti da leiomiosarcoma, la sopravvivenza mediana è risultata pari a 4.3 mesi nel braccio sperimentale, rispetto a 6.9 mesi nel braccio di controllo (hazard ratio 1.22, intervallo di confidenza al 95% 0.92-1.63; p = 0.17).
L’analisi della tossicità non ha evidenziato tossicità inattese rispetto al profile di tollerabilità già noto per la combinazione, e l’aggiunta dell’olaratumab alla doxorubicina non ha determinate un increment significativo della tossicità cardiaca (l’esposizione alla doxorubicina è risultata simile nei 2 bracci, con un numero mediano di cicli pari a 6 nel braccio sperimentale e 7 nel braccio di controllo).
La scelta di presentare in sessione plenaria dell’ASCO 2019 il risultato negativo dello studio ANNOUNCE ha, a nostro parere, un forte valore simbolico. Il farmaco era stato approvato sulla base dei risultati molto incoraggianti dello studio di fase II, e le autorità regolatorie hanno consentito l’introduzione del trattamento nella pratica clinica, per consentire l’accesso ad una terapia innovativa a pazienti affetti da un tumore raro e povero di innovazioni terapeutiche da molti anni, chiedendo però la conduzione dello studio di fase III che confermasse l’efficacia.
Proprio qualche giorno fa, un’analisi pubblicata su JAMA Internal Medicine ha sottolineato che spesso passano molti anni prima di vedere i risultati degli studi confirmatori successivi all’approvazione accelerata dei farmaci oncologici (Gyawali B, Hey SP, Kesselheim AS. Assessment of the Clinical Benefit of Cancer Drugs Receiving Accelerated Approval. JAMA Intern Med. 2019 May 28. doi:10.1001/jamainternmed.2019.0462. [Epub ahead of print] PubMed PMID: 31135808.)
Ebbene, nel caso di olaratumab lo studio è stato diligentemente condotto dall’azienda farmaceutica produttrice del farmaco, ed i risultati purtroppo non hanno confermato il beneficio evidenziato in fase II.
Sicuramente una grande delusione, in primis per i pazienti, per i quali si era sperato in un’innovazione terapeutica in un setting di trattamento così avaro di miglioramenti, ma anche per gli sperimentatori e per l’intera comunità oncologica. Sulla base del risultato dello studio ANNOUNCE, il farmaco è stato ritirato e non sarà più impiegato per i nuovi pazienti candidati a ricevere trattamento sistemico per un sarcoma dei tessuti molli avanzato.
La storia di olaratumab è quindi un esempio di percorso corretto: approvazione veloce sulla base di un dato preliminare positivo, conduzione tempestiva dello studio di fase III, risultato negativo, ritiro dell’approvazione.
La presentazione dello studio ANNOUNCE è stata anche una lezione metodologica: bisogna sempre ricordarsi che gli studi di fase II, per quanto promettenti, sono intrinsecamente associati a un rischio aumentato di risultato falso positivo, e necessitano la conferma in uno studio di fase III adeguatamente dimensionato per verificare l’ipotesi. Nello studio di fase II, condotto su 133 pazienti, olaratumab aveva suggerito un miglioramento di oltre 11 mesi in sopravvivenza globale mediana, ma tale vantaggio si è purtroppo dissolto nello studio di fase III.
Si tratta di un percorso che, ovviamente, si spera non si debba mai ripetere nell’esito, ma che è da tenere a mente come esempio quando si commentano i risultati di studi di fase II, e si auspica la rapida introduzione di nuovi farmaci nella pratica clinica sulla base di risultati preliminari.