Miscellanea
Martedì, 10 Agosto 2021

Quando il nome non è una garanzia, di successo.

A cura di Fabio Puglisi

Uno studio randomizzato, ambiziosamente etichettato SUCCESS-A, cerca di rispondere al quesito sulla durata ottimale (5 verso 2 anni) della terapia con acido zoledronico in pazienti con carcinoma mammario in stadio precoce e ad alto rischio di recidiva

Friedl TWP, et al. Prognosis of Patients With Early Breast Cancer Receiving 5 Years vs 2 Years of Adjuvant Bisphosphonate Treatment: A Phase 3 Randomized Clinical Trial. JAMA Oncol 2021 (Epub ahead of print)

Le raccomandazioni NCCN (National Comprehensive Cancer Network) contemplano l’impiego dei bifosfonati nel trattamento di donne in post-menopausa con carcinoma mammario ad alto rischio di recidiva.  

Lo studio SUCCESS-A ha affrontato il quesito relative alla durata del trattamento con acido zoledronico, arruolando un totale di circa 3000 pazienti con carcinoma mammario in stadio precoce.

Disegno: studio di fase 3, multicentrico (250 Centri in Germania), randomizzato, open-label, 2x2 fattoriale, accrual tra settembre 2005 e marzo 2007. 

Popolazione: donne in pre- o in post-menopausa ad alto rischio con stato linfonodale positivo o con stato linfonodale negativo e almeno una delle seguenti caratteristiche: dimensioni tumorali >2 cm, grado istologico pari a 3, recettori ormonali negativi, età ≤35 anni. In aggiunta alla chemioterapia adiuvante, le pazienti con carcinoma endocrinosensibile (sottotipo luminale) ricevevano una terapia endocrina standard. 

Lo studio, in accordo al disegno 2X2 fattoriale, prevedeva una randomizzazione iniziale (non oggetto della pubblicazione attuale) ai seguenti bracci di trattamento:

  • Chemioterapia con 3 cicli di FEC seguiti da 3 cicli di docetaxel
  • Chemioterapia con 3 cicli di FEC seguiti da 3 cicli di docetaxel e gemcitabina

Dopo la chemioterapia, veniva effettuata una seconda randomizzazione:

  • Acido zoledronico 4 mg per 5 anni (ogni 3 mesi per 2 anni, poi ogni 6 mesi per 3 anni) 
  • Acido zoledronico 4 mg per 2 anni (ogni 3 mesi) 

Endpoint primario: disease-free survival;

Endpoint secondari: overall survival, distant disease-free survival, incidenza di eventi avversi scheletrici. 

Le misure di sopravvivenza sono state effettuate dopo 2 anni dall’inizio del trattamento con acido zoledronico (landmark analysis).

L’analisi è stata effettuata su un totale di 2987 pazienti di età mediana pari a 53 anni (range, 21-86). 

Non è stata osservata alcuna differenza significativa tra i due bracci di trattamento (5 vs 2 anni) in termini di disease-free survival, overall survival, e distant disease-free survival anche dopo aggiustamento con i modelli di regressione dell’analisi multivariata. 

  • DFS: hazard ratio [HR], 0.97; 95%IC, 0.75-1.25; P = .81; 
  • OS: HR, 0.98; 95%IC, 0.67-1.42; P = .90;
  • Distant DFS: HR, 0.87; 95%CI, 0.65-1.18; P = .38. 

La percentuale di eventi avversi è risultata superiore nel braccio 5 anni (46.2%) rispetto al braccio 2 anni (27.2%), specie per gli eventi scheletrici quali il dolore osseo (8.3% vs 3.7%) e le artralgie (5.1% vs 3.1%).

In pazienti con carcinoma mammario in stadio precoce trattate con chemioterapia adiuvante, una maggiore durata del trattamento con acido zoledronico (5 anni verso 2 anni) non determina vantaggi in termini di sopravvivenza.

Ad un follow-up mediano di 5 anni, non è stata osservata alcuna differenza significativa tra i due bracci di trattamento in termini di disease-free survival, overall survival, e bone-recurrence–free survival.

I risultati dello studio vanno letti con cautela in considerazione di una landmark analysis non adeguatamente potenziata per evidenziare differenze in DFS tra 5 e 2 anni. Inoltre, il follow-up è da considerarsi breve specie per la popolazione di pazienti con carcinoma luminale nelle quali le recidive possono verificarsi più tardivamente. 

Fatte queste considerazioni e tenuto conto dell’evidenza ancora modesta derivante dai trial individuali e dalle metanalisi, l’uso dei bifosfonati nel trattamento del carcinoma mammario in stadio precoce andrebbe considerato in casi selezionati e attentamente bilanciato rispetto ai potenziali effetti collaterali (insufficienza renale, osteonecrosi mandibolare).