Miscellanea
Sabato, 17 Dicembre 2016

Quando tra le terapie c’è l’imbarazzo della scelta…

A cura di Massimo Di Maio

Sono varie le situazioni cliniche nelle quali l’oncologo può scegliere tra diverse alternative terapeutiche, spesso in assenza di confronti diretti… L’AIOM ha affrontato l’argomento in un position paper appena pubblicato su ESMO Open, la nuova rivista ufficiale.

Di Maio M, Bruzzi P, Perrone F, et al. Methodological issues in the choice among different drugs approved for the same therapeutic indication: a position paper by the Italian Association of Medical Oncology (AIOM). ESMO Open 2016;1:e000109. doi:10.1136/esmoopen-2016000109

Negli ultimi anni, a seguito delle difficoltà economiche e della consapevolezza della limitatezza delle risorse, il concetto di sostenibilità ha guadagnato un ruolo cruciale nel dibattito scientifico relativo all’efficacia delle terapie.

Al fine di evitare inaccettabili disparità, ma anche per evitare che sia il singolo medico, di fronte al singolo paziente, a dover far prevalere considerazioni economiche sulla valutazione del rapporto tra rischi e benefici clinici delle possibili scelte terapeutiche, è importante che le scelte economiche vengano prese al livello decisionale più alto possibile, quanto più lontano possibile dal singolo rapporto medico-paziente. L’invito ad “alzare l’asticella” (“raise the bar”) nella valutazione dell’efficacia dimostrata dai trattamenti sperimentali negli studi clinici va declinato a livello dell’autorità regolatoria centrale, e non delle singole realtà periferiche amministrative o a livello dei singoli professionisti. Naturalmente, questo non equivale a sostenere che il singolo medico possa e debba disinteressarsi delle ripercussioni economiche delle decisioni terapeutiche. La delicatezza di questi temi impone, anzi, che le decisioni siano prese con il contributo di tutti gli stakeholders, compresi i medici ed i pazienti stessi.

La problematica di farmaci diversi disponibili per la medesima indicazione terapeutica può avere ripercussioni anche sull’innovazione: in particolare, la disponibilità nella pratica clinica di farmaci caratterizzati dalla medesima efficacia, ma da un costo minore, rispetto al precedente standard (come nel caso dei biosimilari) dovrebbe consentire un risparmio delle risorse. Le risorse “liberate” potrebbero quindi essere impiegate per garantire l’accesso a farmaci innovativi di costo maggiore.

Nel 2015, l’Associazione Italiana di Oncologia Medica ha affidato a un gruppo di lavoro composto da oncologi clinici e metodologi il compito di produrre un documento sull’ “equivalenza terapeutica”: il documento prodotto è stato pubblicato sul sito AIOM, ed ora, in versione aggiornata, su ESMO Open, la nuova rivista ufficiale di AIOM.

Il position paper AIOM è articolato nella discussione di 3 scenari: i farmaci biosimilari e i farmaci con diverso principio attivo ma approvati per la medesima indicazione terapeutica, sia nel caso di medesimo meccanismo d’azione che nel caso di un diverso meccanismo d’azione.

Farmaci biosimilari

Sia nel caso dei farmaci “di supporto” (es. fattori di crescita), che nel caso di farmaci anti-tumorali in un’indicazione palliativa (trattamento della malattia avanzata), che nel caso di farmaci anti-tumorali in un’indicazione potenzialmente curativa (es. trastuzumab nel setting adiuvante), l’introduzione di un biosimilare nella pratica clinica presuppone il superamento di un esame da parte delle agenzie regolatorie, sufficiente a consentirne l'uso nelle indicazioni registrate. In particolare, il cosiddetto “comparability exercise” (esercizio di comparabilità) è una procedura sperimentale, richiesta ai fini dell’approvazione da parte dell’agenzia regolatoria, per la quale il farmaco biosimilare viene confrontato da un punto di vista fisico-chimico, pre-clinico e clinico (in genere con studi randomizzati) con il farmaco originatore, in un’indicazione e con endpoint ritenuti i più sensibili ad evidenziare eventuali differenze tra i farmaci.

Lo scopo dell’esercizio di comparabilità non è quello di dimostrare, in sé, efficacia e sicurezza del farmaco biosimilare, ma piuttosto quello di dimostrare la comparabilità di quest’ultimo rispetto al farmaco di riferimento, in termini di qualità, efficacia e sicurezza. La fiducia nell’esito positivo dell’esercizio di comparabilità comporta la fiducia nella sostanziale equivalenza terapeutica tra il farmaco biosimilare e il farmaco originatore e il successivo impiego del farmaco biosimilare, nell’ottica di un risparmio dei costi a parità di efficacia.

Una volta accettata l’affidabilità dell’esercizio di comparabilità che ha portato all’approvazione del biosimilare per l’impiego nella pratica clinica, ne consegue che gli studi post-marketing di confronto diretto tra biosimilare e farmaco originatore non hanno, a giudizio del gruppo di lavoro, una elevata priorità.

Medesima indicazione terapeutica: farmaci con il medesimo meccanismo d’azione o con diverso meccanismo d'azione.

In assenza di studi di confronto diretto tra le possibili strategie terapeutiche, è necessario impiegare valutazioni indirette, che però sono caratterizzate da un elevato grado di arbitrarietà, mancano di standard metodologici riconosciuti per la valutazione della loro qualità, e di conseguenza producono un’evidenza di affidabilità mediamente discutibile. I confronti indiretti sono, in generale, poco affidabili. A giudizio del panel, nella valutazione del rapporto tra rischi e benefici dei singoli trattamenti disponibili, i risultati dei semplici esercizi matematici (tipo “network meta-analysis”), pur se eseguiti in maniera formalmente corretta, dovrebbero essere meno rilevanti rispetto ad un’attenta analisi metodologica degli studi esistenti. L’interpretazione dei confronti indiretti dovrebbe limitarsi alla discussione di eventuali differenze medio-grandi, ignorando la significatività statistica e le differenze di rilevanza clinica modesta, in cui il peso dei bias del confronto può essere maggiore della reale differenza tra i trattamenti studiati. In generale, le metanalisi “network” non permettono un affidabile confronto dei profili rischio – beneficio dei singoli trattamenti.

In generale, in considerazione dei limiti grossolani dei confronti indiretti, gli organismi pubblici (autorità regolatoria, società scientifiche, gruppi cooperativi) dovrebbero ritenere prioritario l’investimento di risorse in confronti diretti (post-marketing), in quanto tali studi avrebbero come obiettivo dichiarato l’aumento della conoscenza e l’ottimizzazione delle scelte terapeutiche. La priorità dell’investimento di risorse in confronti diretti dipende dalla rilevanza clinica e dalla rilevanza economica (differenze di prezzo tra i farmaci) degli eventuali quesiti clinici irrisolti, e dal costo che la conduzione di tali studi comporterebbe. Sarebbe auspicabile che le società scientifiche sollecitassero l’autorità regolatoria ad identificare dei meccanismi amministrativi ed economici per facilitare la conduzione di tali studi, limitandone al massimo i costi.

In presenza di più farmaci approvati per la stessa indicazione, ma non ancora confrontati direttamente, la scelta tra un disegno di superiorità e un disegno di non inferiorità (e la successiva decisione relativa al margine auspicato per la superiorità o al margine accettabile per la non inferiorità) dipendono dal confronto tra i profili di tossicità (confronto possibile a priori, pur in assenza di un confronto diretto) e dal differenziale di efficacia (che necessariamente, in assenza di confronto diretto, è solo “presunto”).

Ad esempio, nel caso in cui sia plausibile ipotizzare un’equi-efficacia (ovvero differenze piccole di efficacia tra i trattamenti in questione), sarà il farmaco più tossico a dover dimostrare, in un confronto diretto, un’efficacia maggiore, che giustifichi il suo impiego a fronte dell’eccesso di tossicità. Quindi, in questo caso, è corretto pensare a un disegno di superiorità, in cui il braccio di controllo è rappresentato dal trattamento meno tossico, e il braccio sperimentale dal trattamento più tossico. Il margine di superiorità (ovvero la “soglia” di incremento di efficacia) sarà necessariamente tanto più grande quanto maggiore è l’incremento di tossicità. In caso di studio negativo, il farmaco meno tossico rimane preferibile come standard nella pratica clinica.

Nel caso in cui, invece, sia plausibile che il farmaco più tossico sia anche associato ad una maggiore efficacia, sarà il farmaco meno tossico a dover dimostrare, in un confronto diretto, che il suo impiego non è associato ad una perdita di efficacia “rilevante”. Quindi, in questo caso, è corretto pensare a un disegno di non inferiorità, in cui il braccio di controllo è rappresentato dal trattamento più tossico, ed il braccio sperimentale dal trattamento meno tossico. Il margine di non inferiorità (ovvero l’efficacia che “si è disposti a sacrificare”) sarà mediamente tanto più piccolo quanto minore è il vantaggio in termini di tossicità. In caso di studio negativo (non inferiorità non dimostrata), il farmaco più tossico rimane conservativamente preferibile come standard nella pratica clinica. Il panel ha ritenuto utile sottolineare che gli studi di non inferiorità andrebbero eseguiti solo quando il trattamento sperimentale presenta dei chiari vantaggi per il paziente (ad esempio, una minore tossicità, oppure una via di somministrazione più conveniente).

In molte situazioni, studi clinici di confronto tra diverse opzioni terapeutiche approvate per la medesima indicazione produrrebbero evidenza utile per la pratica clinica. D’altra parte, molti di tali confronti non rientrano, e non rientreranno, nello sviluppo registrativo dei farmaci, e la loro conduzione, nella fase post-registrativa, dipende dall’iniziativa della ricerca indipendente e accademica.

Il position paper dell’AIOM, che ha visto la partecipazione di oncologi medici e metodologi della sperimentazione clinica, ribadisce l’importanza dell’adeguato supporto alla ricerca. Il paper identifica le priorità nell’allocazione delle risorse finanziarie per la conduzione di studi non-profit, volti all’ottimizzazione delle decisioni terapeutiche nella pratica clinica, da parte di agenzie regolatorie, società scientifiche, gruppi cooperativi. La priorità per studi di confronto è tanto maggiore quanto potenzialmente maggiori sono le differenze tra le opzioni terapeutiche esistenti.

Naturalmente, la fattibilità di molti studi è anche subordinata al costo di conduzione, e il documento AIOM invoca lo snellimento, per le “voci” che potenzialmente lo consentono, degli oneri economici per la ricerca indipendente.