Una metanalisi pubblicata dal BMJ riassume le evidenze esistenti in letteratura: in molti casi, ritardare anche solo di un mese le terapie quando l’obiettivo è la guarigione può comportare una riduzione dei successi.
Hanna Timothy P, King Will D, Thibodeau Stephane, Jalink Matthew, Paulin Gregory A, Harvey-Jones Elizabeth et al. Mortality due to cancer treatment delay: systematic review and meta-analysis BMJ 2020; 371 :m4087
Obiettivo di questa revisione sistematica della letteratura, con metanalisi degli studi eleggibili, era quello di quantificare l’associazione tra eventuali ritardi nelle terapie antitumorali, in setting di malattia potenzialmente candidati a guarigione, e la mortalità, assumendo come “unità di misura” del ritardo un intervallo di 4 settimane.
Sono stati inclusi nell’analisi gli studi pubblicati dal gennaio 2000 all’aprile 2020.
Sono stati presi in considerazione i trattamenti (chirurgia, trattamento sistemico, radioterapia) somministrati con l’obiettivo della guarigione (es. chirurgia, chemioterapia neoadiuvante, radioterapia neoadiuvante, chemioterapia adiuvante), per 7 tipi di neoplasia (vescica, mammella, colon, retto, polmone, cervice uterina e testa-collo).
L’outcome misurato è stata la sopravvivenza globale (overall survival, OS), esprimendo l’eventuale danno associato al ritardo delle terapie in termini di hazard ratio (HR) per un ritardo di 4 settimane, in ciascuna delle indicazioni considerate.
Il ritardo è stato misurato dalla diagnosi al primo trattamento (es. alla chirurgia, quando non preceduta da trattamenti neoadiuvanti, oppure al trattamento neoadiuvante), oppure è stato misurato dal trattamento a quello successivo (es. dalla chirurgia all’inizio del trattamento adiuvante).
Gli studi sono stati considerati di elevata validità se avevano esplicitamente considerato nell’analisi la correzione per i fattori potenzialmente associati al ritardo nel trattamento (ad esempio, età del paziente, stadio della malattia, patologie concomitanti, performance status). L’analisi principale ha compreso solo gli studi considerati di elevata validità, appunto per ridurre il rischio che un’eventuale associazione tra ritardo e prognosi sfavorevole fosse in realtà viziata da bias nelle caratteristiche sfavorevoli dei pazienti che possono di per sé produrre ritardi rispetto ai tempi ottimali.
La revisione sistematica ha incluso 34 studi per complessive 17 indicazioni terapeutiche (tali studi avevano incluso complessivamente 1272681 pazienti.
Non per tutte le indicazioni sono stati trovati in letteratura studi di elevata validità. Ad esempio, non sono disponibili dati di elevata qualità per stimare il ritardo terapeutico per 5 delle indicazioni radioterapiche, e nemmeno per la chirurgia del tumore della cervice.
In 13 delle 17 indicazioni terapeutiche considerate, è stata descritta un’associazione significativa (p<0.05) tra il ritardo nel trattamento e un aumento della mortalità.
Per quanto riguarda la chirurgia, i risultati ottenuti in diversi tipi di tumori sono consistenti nel dimostrare un impatto significativo del ritardo di 4 settimane sulla mortalità (hazard ratio compresi tra 1.06 e 1.08).
Per quanto riguarda i trattati sistemici, la stima del danno associato al ritardo è risultata variabile, compresa tra 1.01 (praticamente nessun danno) e 1.28 (un aumento del 28% della mortalità). Nel dettaglio:
Per quanto riguarda la radioterapia, i risultati disponibili hanno evidenziato:
Un’analisi di “sensitivity” ha incluso anche gli studi che erano stati esclusi per mancanza di informazioni su parametri considerati importanti per il ritardo nel trattamento (es. patologie concomitanti o performance status), e i risultati sono risultati sostanzialmente sovrapponibili.
Da molti anni, esistono in letteratura studi che hanno provato a quantificare l’eventuale effetto detrimentale del ritardo nella somministrazione dei trattamenti antitumorali. Questa revisione sistematica ha provato a quantificare tutta l’evidenza disponibile, concentrandosi sui setting di malattia dove i trattamenti hanno un intento guaritivo, e quindi l’eventuale danno si traduce in una diminuzione della chance di guarigione e in un aumento della mortalità.
Quattro settimane possono sembrare poche, e spesso tendiamo a minimizzare anche le conseguenze di ritardi legati a liste di attesa o a problemi logistici, eppure i risultati suggeriscono che anche un ritardo di questo tipo può comportare un aumento statisticamente significativo della mortalità.
Si tratta naturalmente di studi per definizione osservazionali, in quanto il ritardo non è stato mai “voluto” intenzionalmente per poterne analizzare le conseguenze. Semplicemente sono stati descritti i dati, confrontando la mortalità di chi ha avuto un ritardo nel trattamento rispetto a chi non lo ha avuto.
Naturalmente, i motivi di ritardo possono essere legati non solo a cause logistiche “subite” dai pazienti, ma anche a cause cliniche, ad esempio complicanze del trattamento precedentemente ricevuto, patologie concomitanti, necessità di ulteriori esami dettati dallo stadio o dalle condizioni cliniche. Questo è esattamente il motivo per cui gli autori hanno incluso nell’analisi principale solo gli studi caratterizzati da elevata qualità, vale a dire quelli che avevano esplicitamente considerato nelle analisi questi potenziali fattori confondenti.
Altra precisazione importante è che l’analisi si concentra su setting di trattamento potenzialmente guaritivo, e non sui trattamenti dei pazienti con malattia avanzata, nei quali l’obiettivo della terapia non è l’eradicazione della malattia ma il suo controllo. Naturalmente, anche questi pazienti meritano un trattamento tempestivo, ma le stime contenute nel lavoro si riferiscono ai pazienti candidati a trattamenti con intento guaritivo.
L’argomento delle conseguenze negative dei ritardi nei trattamenti è importante, lo era anche prima dell’emergenza legata alla pandemia di covid-19, ma lo è ancor di più in questo momento. Se la riorganizzazione degli ospedali sotto pressione comporta ritardi nella presa in carico e nei trattamenti, questo aggiunge una voce “indiretta” al conto dei danni provocati dal coronavirus. In questo momento si stanno facendo grandi sforzi per continuare a garantire l’assistenza ai pazienti oncologici, ma se gli operatori si ammalano, se una parte dei reparti viene chiusa per far posto ai pazienti covid, se una parte delle sale operatorie deve cancellare la programmazione, inevitabilmente si creano conseguenze anche per i pazienti oncologici. E’ uno dei mille motivi per impegnarsi, tutti, a ridurre la pressione sulle strutture sanitarie in questo drammatico momento.