Un’analisi quali-quantitativa italiana mira a identificare il numero e la tipologia di attività specialistiche richieste nei 2 anni successivi alla presa in carico di ogni singolo paziente. Riflessione (retrospettiva) per misurare i carichi di lavoro, le risorse necessarie a rispondere al bisogno sanitario della comunità oncologica, ma anche stimolo per una efficiente riorganizzazione (prospettica) dei servizi.
Garattini SK, et al. Analysis of workload generated in the two years following first consultation by each new cancer patient: studying the past to plan the future of cancer care. BMC Health Serv Res. 2022 Sep 21;22(1):1184
In un contesto nazionale dove la prevalenza dei pazienti oncologici è in costante aumento, la richiesta di prestazione sanitaria è crescente, la complessità dell'assistenza aumenta rapidamente, la spesa per cure oncologiche raddoppia ogni 5 anni e le risorse finanziarie e umane scarseggiano è doveroso porsi delle domande. Ce la faremo a dare coerenti risposte ai fabbisogni di salute di tutti i pazienti oncologici?
Per rispondere al quesito sfruttiamo una polaroid scattata dai colleghi di Udine, che fotografa il burden di attività generato nei due anni successivi dalla presa in carico di ogni singolo paziente che si presenta ad un primo accesso.
La ricerca retrospettiva, fondata su una analisi dei dati clinici ed amministrativi raccolti in una singola istituzione ad alto volume durante un quinquennio (dal 1-1-2012 al 31-12-2017), analizza le prestzioni erogate dal medico oncologo categorizzandole in accordo al documento di consenso AIOM-CIPOMO del 2017. Sono infatti valutati i tempi clinici, sociali ed amministrativi necessari ad una prima visita (60-90 minuti), ad una valutazione pre-terapia (20 minuti), ad una presentazione non pianificata che spesso avviene in urgenza (60 minuti), ad una visita di controllo (20-30 minuti) e al tempo necessario per impostare e seguire un paziente ricoverato in degenza ordinaria. Inoltre, si prova a fare ordine sul setting nel quale il paziente è seguito dividendo tra visite di folow-up, trattamento adiuvanti e potenzialmente guaritivi vs trattamenti per patologia metastatica che molto spesso mirano a proluingare la durata della vita e a migliorarne la qualità.
Sono state analizzati i dati elettronici registrati per circa 7.500 singoli nuovi pazienti (che hanno prodotto circa 93.000 episodi sanitari), 58% dei quali di genere femminile. Il setting di trattamento era il follow-up nel 25% dei casi, il trattamento adiuvante nel 41% e quello palliativo nei casi restanti.
Le patologie più frequenti, come da letteratura, erano le neoplasie mammarie (32.6% dei casi), quelle gastrointestinali (26%) e quelle polmonari (14%).
Nei due anni successivi alla visita per presa in carico, ogni singolo paziente ha prodotto mediamente 11.3 episodi sanitari (6 visite pretrattamento, 2 follow-up, 1.5 rivlutazioni, 1 presentazione non pianificata, 0.4 ospedalizzazioni, 0.35 consulenze). Come immaginabile, il carico di lavoro è stato trainato dai pazienti seguiti in setting metastatico, dove il numero medio di prestazioni nei 24 mesi è stato 19, vs 13 nel setting adiuvante vs 4 nel follow-up (p<0.001).
Nel caso di pazienti in terapia, il carico di lavoro era concentrato nei primi 6-12 mesi dopo la presa in carico (p<0.001).
L'acuta analisi dei colleghi friulani, pur limitata da una conduzione monocentrica e in parte autoreferenziale, offre lo spunto per alcune sintetiche riflessioni:
1) la necessità assistenziale sta aumentando in un contesto demografico di popolazione tendenzialmente anziana, spesso senza caregiver (il 35% delle famiglie italian è unipersonale), ma con un tempo in trattamento attivo per fortuna di durata sempre maggiore.
2) la progressiva sproporzione tra le risorse umane disponibili e il reale fabbisogno di salute per pazienti oncologici è un dato tangibile e si fa nel tempo più preoccupante (vedi tweet del 17-5-2019 intitolato "2040: di quanti oncologi abbiamo bisogno?"). Qui forse le reti formative, che prevedono stretta collaborazione tra Università ed Ospedali, potrebbero fare di più.
3) la misura oggettiva del tempo da dedicare ad ogni singolo nuovo paziente preso in carico con una precisa quantificazione potrebbe aiutare nella pianificazioni delle risorse umane necessarie ad ogni Unità di Oncologia di medie dimensioni (cfr anche l'algoritmo di calcolo proposto in Fasola G, et al. J Oncol Pract 2012). Si rimane tuttavia in attesa di un rinnovato nomenclatore delle prestazioni erogate che tenga conto, valorizzi e tariffi ogni possibile prestazione dell'oncologo. In questa linea vanno alcuni dei recenti documenti di AGENAS.
4) Il carico di lavoro da assegnare ad ogni professionsita sanitario deve essere misurato e ben calibrato (al netto di 2). Non solo per dedicare il giusto tempo di cura ad ogni paziente, ma anche per evitare il burnout, fenomeno al quale sono frequentemente esposti i professionisti sanitari che operano in oncologia. La partita è difficile, ma certamente merita la pena giocarla nel migliore dei modi.
5) la ricerca organizzativa condotta dai professionisti sanitari - seppur lontana dagli applausi a scena aperta guadagnati dalla presentazione ai congressi dei trial randomizzati - può riservare grandi motivi di soddisfazione ed essere funzionalmente utile alle Istituzioni nel progettare il reshaping dei futuri sistema sanitari regionali.