Come l'emergenza da COVID-19 ha influenzato la ricerca clinica in oncologia.
de Paula BHR, et al. Recommendations from national regulatory agencies for ongoing cancer trials during the COVID-19 pandemic. Lancet Oncol 2020 [Epub ahead of print]
Uno slogan universalmente condiviso afferma che ci si cura meglio dove si fa ricerca, sancendo l’indiscutibile principio di integrazione tra ricerca e pratica clinica. In oncologia, la disponibilità di studi con nuovi farmaci significa poter offrire opportunità terapeutiche aggiuntive. Inoltre, specie nel caso di tumori a cattiva prognosi o quando i trial riguardano terapie guidate da specifici biomarcatori, la partecipazione agli studi può anche essere preferita allo standard, sia dai medici che dai pazienti.
Tuttavia, diverse barriere possono precludere l’accesso dei pazienti alle sperimentazioni cliniche. Adesso, ci si è messa anche la pandemia COVID-19.
Del resto, se la normale pratica clinica ha dovuto adattarsi all’emergenza sanitaria, non stupisce che la ricerca ne abbia parimenti risentito.
Le scelte sono guidate da attente valutazioni del rapporto rischio/beneficio, sebbene siano ancora poco noti i fattori predittivi del rischio da COVID-19 per i pazienti oncologici.
La Food and Drug Administration (FDA) e altri enti internazionali hanno fornito indicazioni per sponsor e ricercatori al fine di garantire la sicurezza delle persone arruolate nei trial e, al contempo, mantenere la compliance con i principi di Good Clinical Practice.
Nella sezione "risultati" riportiamo, ad esempio, la guida dell'FDA e, per l'Italia, quella della FICOG (Federation of Italian Cooperative Oncology Groups).
FDA (2 aprile 2020)
Indicazioni operative FICOG (documento disponibile sul sito http://www.ficog.org/it)