Miscellanea
Giovedì, 11 Agosto 2016

Salute di ferro? METtiamoci più impegno!

A cura di Giuseppe Aprile

Facciamo troppo poca attività fisica per ottenere una significativa riduzione di incidenza di tumori e malattie cardiovascolari. Questa la conclusione di una ricerca che mette in crisi il consiglio della WHO: ogni settimana non sono sufficienti i 600 equivalenti metabolici minuto (MET) consigliati dalla organizzazione mondiale della sanità, ce ne vogliono 4.000.

Kyu HH, et al. Physical activity and risk of breast cancer, colon cancer, diabetes, ischemic heart disease, and ischemic stroke events: systematic review and dose-response meta-analysis for the Global Burden of Disease Study 2013. BMJ 2016;354:i3857

Cos'è un MET?

E' una misura del consumo metabolico necessario per una qualsivoglia attività fisica e corrisponde al rapporto tra la quantità di ossigeno utile per svolgere un minuto di tale attività e la quantità di ossigeno minima indispnesabile durante il riposo (3.5 mL di O2 per Kg di peso corporeo).

Per essere esemplificativi: sfogliare un giornale corrisponde a 1.3 MET (aumento del 30% il dispendio rispetto al riposo); fare una camminata lenta corrisponde a 2.3 MET (il dispendio energetico e poco più che doppio rispetto al riposo); ballo liscio a 4.5 MET; jogging moderato a 7 MET; una pedalata in salita con la mountain bike a 15 MET...insomma ce n'è per tutti i gusti e per qualsiasi attività vi piaccia fare (https://sites.google.com/site/compendiumofphysicalactivities/Activity-Categories).

Una nota di colore? L'attività sessuale consuma circa 2.3 MET (sempre al minuto, si intende), poco più che il giardinaggio (2 MET).

L'organizzazione modiale della sanità consiglia una attività fisica di 600 MET a settimana come soglia minima per conservare un ottimale stato di salute e diminuire l'incidenza delle principali malattie oncologiche e sociali (diabete, incidenti cardiovascolari).

La ricerca nordamerica e Australia recentemente pubblicata sul British Medical Journal è una revisione sistematica dei dati di letteratura che ha considerato 174 studi prospettici di coorte condotti negli ultimi 35 anni. Quest studi avevano come principale endpoint l'associazione tra attività fisica e la riduzione di incidenza di almeno uno degli item oggetto di valutazione: adenocarcinomi del colon, neoplasie della mammella, stroke, cardiopatia ischemica o diabete. I dati sono stati inclusi in una metanalisi dose-risposta con metodologia Bayesiana.

Partendo da oltre 11.000 citazioni, gli studi presi in considerazione sono stati 174, per una impressionante popolazione complessiva di 150 milioni di persone seguite in follow-up. Da notare che questa metanalisi analizza una casistica di molto più numerosa di quelle già disponibili in letteratura.

La categoria di riferimento (quella senza alcuna riduzione del rischio) era costituita da individui con attività inferiore ai 600 MET/settimana, soglia minima consigliata dall'OMS.

Concentrandoci sul vantaggio della attività fisica nella riduzione dell'incidenza di patologie oncologiche si nota che una attività fisica inferiore a 4.000 MET/settimana corrispondeva a una riduzione del rischio di neoplasia mammaria di solo il 4% (pooled RR 0.96, 95% uncertainty interval 0.93-0.99) e una riduzione del rischio di tumore colorettale inferiore al 10% (pooled RR 0.90, 95% uncertainty interval 0.85-0.95).

Gli autori confermano un chiaro effetto dose-risposta: maggiore era il dispendio energetico settimanale, più alta la riduzione del rischio.

Tuttavia, per raggiungere riduzioni del rischio che possiamo definire importanti eran necessaria una attività fisica decisamente più intensa e continuativa: se i MET settimanali erano 8.000 il rischio di neoplasia mammaria si riduceva del 15% (pooled RR 0.86, 95% uncertainty interval 0.82-0.90) e quello di sviluppare adenocarcinoma colico del 22% (pooled RR 0.78, 95% uncertainty interval 0.73-0.75). Vedi diapositiva allegata.

Coerentemente, chi praticava attività moderatamente più intensa o molto piuù intensa del consigliato, riduceva sensibilmente il rischio di diabete (rispettivamente del 25% e del 28%), stroke (19% e 26%) e innafrto miocardico acuto (23% e 25%).

I risultati dello studio hanno varie implicazioni (ma il primo messaggio è certamente il più importante):

1) culturale: per raggiungere una significativa riduzione del rischio di ammalarsi probabilmente necessitiamo maggiore dispendio calorico di quanto sia oggi consigliato

2) sociale: è possibile definire la tipologia di attività che portano al dispendio calorico, promuovendo le più vantaggiose ad ottenere il risultato con apposite campagne pubblicitarie

3) metodologico: la statistica Bayesiana applicata alla metanalisi potrebbe essere sfruttata in altri setting e condizioni dove gli studi dose-risposta sono quantificabili in gruppi definiti e coerenti per esposizione