Uno studio di popolazione condotto in Danimarca descrive l’incidenza di secondi tumori, confermando che si tratta di un problema tutt’altro che raro. Molti secondi tumori sono attribuibili ai medesimi fattori di rischio associati ai primi: la prevenzione potrebbe ridurre notevolmente i numeri.
Trille Kristina Kjaer, Elisabeth Anne Wreford Andersen, Giske Ursin, Signe Benzon Larsen, Pernille Envold Bidstrup, Jeanette Falck Winther, Michael Borre, Christoffer Johansen, Susanne Oksbjerg Dalton. Cumulative incidence of second primary cancers in a large nationwide cohort of Danish cancer survivors: a population-based retrospective cohort study. The Lancet Oncology, 2023, ISSN 1470-2045, https://doi.org/10.1016/S1470-2045(23)00538-7.
I secondi tumori sono un problema probabilmente sottostimato in letteratura, caratterizzato da una relativa frequenza nella pratica clinica. Ricevere una seconda diagnosi di tumore non è solo colpa della sfortuna, ma in alcuni casi può essere attribuito a un rischio eredo-familiare, oppure all’esposizione a stili di vita e fattori di rischio comuni a più neoplasie.
E’ noto, ad esempio, che la presenza di un’alterazione germinale nei geni BRCA predispone a un rischio aumentato di sviluppare un tumore della mammella, nonché un tumore dell’ovaio, del pancreas o della prostata. E’ noto altresì che il fumo di sigaretta non aumenta solo il rischio di sviluppare un tumore del polmone, ma anche altri tumori delle vie aeree, nonché tumori della vescica, tumori del rene, tumori del pancreas e in altre sedi.
Allo scopo di descrivere l’epidemiologia delle diagnosi di secondi tumori, gli autori dell’articolo pubblicato a dicembre 2023 da Lancet Oncology hanno studiato una coorte retrospettiva di pazienti danesi, di età superiore a 40 anni, che avessero ricevuto una diagnosi di primo tumore tra il gennaio 1997 e il dicembre 2014, e che fossero vivi a distanza di 1 anno dalla diagnosi. Il follow-up partiva dalla data di diagnosi del primo tumore, ed è aggiornato al 31 dicembre 2020, quindi fino a 24 anni dalla diagnosi.
Oltre a descrivere l’incidenza cumulativa di secondi tumori nella casistica complessiva e a seconda del tipo di tumore, gli autori hanno descritto l’associazione tra le diagnosi di primo e secondo tumore e la potenziale eziologia dei tumori (alcol, fumo, virus, consumo di carni rosse e processate, tumori ormono-relati).
I dati sono stati ottenuti grazie al Danish Cancer Registry, e le informazioni dei registri hanno consentito di acquisire anche dati relativi alle patologie concomitanti e alle caratteristiche socio-demografiche dei pazienti.
Lo studio ha incluso complessivamente 457334 pazienti adulti danesi. Nel dettaglio, la casistica includeva 230150 pazienti di sesso maschile (pari al 50·3%) e 227184 pazienti di sesso femminile (pari al 49.7%). L’età mediana alla diagnosi era pari a 68.3 anni, con un follow-up mediano pari a 3.6 anni.
L’incidenza cumulativa di secondo tumore è risultata pari:
L’incidenza cumulativa maggiore di secondo tumore a distanza di 10 anni dalla diagnosi è stata osservata in chi aveva avuto un primo tumore della laringe (21.8%, intervallo di confidenza al 95% 20.5% - 23.1%), orofaringe e cavità orale (19.5%, intervallo di confidenza al 95% 18.7% - 20.3%) e vescica e vie urinarie (18.5%, intervallo di confidenza al 95% 18.0 – 19.0).
I pazienti che abbiano ricevuto una prima diagnosi di tumore alcol-relato hanno un rischio significativamente più elevato di avere una seconda diagnosi di tumore con la medesima etiologia (hazard ratio 1.09, intervallo di confidenza al 95% 1.06 – 1.13), così come i pazienti che abbiano ricevuto una prima diagnosi di tumore correlato al fumo (hazard ratio 1.73, intervallo di confidenza al 95% 1.68 – 1.78), i pazienti che abbiano ricevuto una diagnosi di tumore correlato al consumo di carni rosse o lavorate (hazard ratio 1.32, intervallo di confidenza al 95% 1.24 – 1.39) e i pazienti che abbiano ricevuto una diagnosi di tumore correlato a infezione virale (hazard ratio 1.23, intervallo di confidenza al 95% 1.13 – 1.35).
I pazienti che abbiano ricevuto una prima diagnosi di tumore ormono-relato hanno un rischio significativamente inferiore di avere una seconda diagnosi di tumore con le medesime caratteristiche (hazard ratio 0.77, intervallo di confidenza al 95% 0.73 – 0.81).
Sulla base dei risultati sopra sintetizzati, gli autori sottolineano che l’analisi del rischio di sviluppare un secondo tumore in chi ha già avuto una prima diagnosi oncologica può aiutare ad ottimizzare la prevenzione, in particolare lavorando sui fattori di rischio modificabili.
I numeri assoluti e l’incidenza cumulativa confermano che si tratta di un’evenienza tutt’altro che rara, naturalmente condizionata dalla prognosi del primo tumore. Non a caso, i tumori più frequentemente associati a un rischio di sviluppare una seconda neoplasia nel corso del follow-up sono mediamente tumori a prognosi favorevole, mentre chi ha una prima diagnosi di tumore del polmone, o tumore del pancreas, chiaramente ha un rischio competitivo di morte legato alla prognosi della prima neoplasia che rende meno probabile lo sviluppo, nel corso del follow-up, di un secondo tumore.
L’incidenza di secondi tumori ha una implicazione potenzialmente rilevante anche nella gestione clinica delle potenziali metastasi metacrone in chi è in follow-up per il primo tumore. All’aumentare del tempo trascorso dalla diagnosi, l’ipotesi che un’apparente localizzazione secondaria del primo tumore possa essere in realtà “altro” è abbastanza concreta. Naturalmente, questo non vuol dire obbligo di rebiopsiare qualunque lesione evidenziata dal follow-up strumentale.
Il tempo trascorso dalla diagnosi del primo tumore, le caratteristiche strumentali della lesione, la sede del tumore primitivo e della lesione sospetta secondaria, e soprattutto le diverse implicazioni terapeutiche di una diagnosi di metastasi rispetto a una diagnosi di secondo tumore devono dettare le decisioni diagnostiche e terapeutiche nell’ambito di una discussione multidisciplinare.