E' noto che i pazienti oncologici siano a maggiore rischio infettivo da SARS-CoV-2 e possano avere infezioni più severe. Ora un registo internazionale riporta la percentuale di pazienti con complicanze a lungo termine, che impattano sulla possibilità di cura e sugli esiti dei trattamenti.
Pinato D J, et al. Prevalence and impact of COVID-19 sequelae on treatment and survival of patients with cancer who recovered from SARS-CoV-2 infection: evidence from the OnCovid retrospective, multicentre registry study. Lancet Oncol 2021, epub Nov 3.
https://www.thelancet.com/journals/lanonc/article/PIIS1470-2045(21)00573-8/fulltext
Sebbene sia acclarato il maggiore rischio infettivo da Covid-19 per i pazienti oncologici ed oncoematologici - che non a caso anche nei documenti ministeriali sono stati sempre considerati pazienti fragili, meritevoli di vaccinazione preferenziale per classe di rischio - non è noto l'effetto a medio-lungo termine dell'infezione in chi la supera.
Dai dati disponibili in letteratura, un numero variabile (ma significativo) di pazienti accusa la persistenza di sintomatologia aspecifica per molto tempo dopo l'infezione, ivi inclusi disturbi neurocognitivi, insonnia, ansia i depressione, alterazione dei sensi, e vari gardi di impairment respiratorio anche con reliquati radiologici.
Per chiarire questo dato nei pazienti oncologici, il registro europeo OnCovid si propone di descrivere la prevalenza delle complicanze e delle sequele virali in pazienti oncologici, la possibilità e modalità di ripresa delle cure sistemiche e l'impatto che tali sequele possano determinare sull'outcome della patologia.
Il registro - al quale hanno aderito 35 centri europei ad alto volume - ha incluso pazienti con età maggiore ai 18 anni, diagnosi confermata di infezione SAR-CoV-2 avvenuta tra il 27 febbraio 2020 e il 14 febbraio 2021, successiva guarigione con conferma molecolare e un follow-up clinico in oncologia.
Il registro ha incluso circa 2800 pazienti, dei quali 2634 sono stati considerati nelle analisi finali. Di questi, 1557 hanno avuta una formale rivalutazione clinica e iconografica dopo un tempo mediano di 22 mesi dalla diagnosi di neoplasia e 44 giorni (IQR 28-329) dopo la diagnosi di infezione da Covid-19.
Dopo la guarigione i pazienti con sequele postinfettive sono stati 234 (15%) con una prevalenza di sintomi respiratori (50% complessivo, di cui 34% era dispnea) e fatigue (40%). Certamente non da trascurare anche le sequele neurocognitive (7.5%) e il calo ponderale persistente (5.5%).
I pazienti più frequentemente soggetti a sequele sono:
- maschi (p=0.041 vs femmine)
- over 65enni (p=0.048 vs under65)
- comorbidi (p=0.0006 vs meno di 2 comorbidità)
- fumatori (p=0.0004 vs non fumatori)
La presenza di sequele da Covid-19 si assiciava anche all'ospedalizzazione (p<0.0001) e alla infezione complicata (p<0.001).
Tra i pazienti in terapia attiva (n= 466), il 15% ha definitivamente interrotto il trattamento (con un immaginabile impatto negativo sull'outcome, incremento del rischio di morte con HR 3.53) e il 38% lo ha ripreso a dose ridotta (in questa circostanza senza un chiaroi peggioramento della prognosi).
Il registro OnCovid - con un importante contributo di alcuni centri italiani - riporta per la prima volta la prevalenza delle sequele postinfettive da Covid-19 nel paziente oncologico (15%), le caratterizza (comuni la dispnea e la fatigue protratta), stabilisce quali siano i pazienti a maggior rischio (maschi, anziani, burden di comorbidità, esposizione al fumo) e identifica in questo gruppo un elemento prognostico sfavorevole indipendente.
Da sottolineare che nella popolazione oncoematologica analizzata (in cui il 50% circa aveva malattia metastatica e il 66% malattia attiva al momento dell'infezione), l'aspettativa quoad vitam dopo l'infezione da Covid-19 è fortemente impattata dalla possibilità di riprendere il trattamento sistemico. Rassicura tuttavia il fatto che se la terapia riprende anche a dose ridotta - presubilmente anche a causa delle sequele da Covid - l'otcome non ne risulta peggiorato.
Rimane da stabilire con un follow-up prolungato per quanto tempo durino le sequele da Covid-19, che alle volte - in partioclare nei lungosopravviventi - possono sovrapporsi agli effetti collaterali a lungo termine da terapia oncologica (insonnia, sinfdrome da fatica cronica, neurotossicità sensoriale, chemobrain, ecc...).
Tra i limiti dello studio il non avere incluso pazienti deceduti a causa dell'infezione, la valutazione solamente clinica delle sequele senza una tempistica pre-pianificata ed il possibile overlap di alcuni sintomi possibilmente attribuibili sia all'infezione, che alla malattia che al trattamento oncologico. Inoltre, il registro non ha analizzato il possibile ruolo della vaccinazione nel prevenire le sequele infettive in questa categoria di pazienti (solo il 7% dei soggetti inclusi aveva ricevuto almeno una somministrazione vaccinale).