Uno studio di coorte condotto al MSKCC su 12.000 pazienti indaga quale sia l'utilità nella pratica clinica dei test per determinare mutazioni germinali e a quanti pazienti sia poi prescritto un trattamento guidato dall'informazione genetica.
Stadler ZK, et al. Therapeutic Implications of Germline Testing in Patients With Advanced Cancers. J Clin Oncol 2021, Epub Jun 16
Se da un lato la necessità di governare il complesso mondo informativo derivato della profilazione molecolare in oncologia solida ha fatto nascere i Tumor Molecular Boards, dall'altro l'interpretazione dei test genetici per le mutazioni germline sono sempre stati ollegati all'identificazione di sindromi con aumentato rischio neoplastico.
Questo era vero fino al 2014, quando sono emersi in modo prepotente i dati dei PARP inibitori in pazienti con mutazioni di BRCA 1/2. In anni più recenti, nota l'estensione di efficacia di questa classe di farmaci (patologia mammarica, ovarica, pancreatica, prostatica, ecc...) molte linee guida incorporano la necessità di avere informazioni di mutazioni somatiche/germinali in varie neoplasie solide.
Lo studio condotto al Memorial Sloan Kettering Cancer Center ha raccolto informazioni su 11.947 pazienti testati prospetticamente con una analisi germline di 76-88 geni target (MSKCC IMPACT-panel), in accordo alle linee guida del Collegio Americano di Genetica Medica e Genomica. Sono state descritte solo le variati patogeniche o probabilmente patogeniche e le alterazioni germline sono poi state classificate secondo OncoKB knowledge base, che si riferisce alla possibilità di utilizzo di una terapia target approvata da FDA in base a un predittore di risposta stabilito; le alterazioni germinali a potenziale ignoto non sono state descritte.
Obiettivo dello studio era comprendere l'impatto del testing germline nella pratica clinica e la chance per un paziente che si era sottoposto al test di vedersi poi prescrivere una terapia mirata guidata dalla presenza della alterazione molecolare.
In termini assoluti, la probabilità di avere una alterazione molecolare germline era del 17% (2.037 pazienti su 11.947).
Circa la metà di queste alterazioni geniche (9%, 1.042 casi) avevano una qualche implicazione terapeutica: nel 4% dei casi livello 1, cioè con evidenza di un target predittore di risposta per una terapia FDA-approved).
Tra le mutazioni germline identificate, le mutazioni più frequenti erano quelle di BRCA 1/2 (42%), seguite da CHEK2 (13%), ATM (12%), geni del mismatch repair (11%) e PALB2 (5%).
Limitandosi ai casi di malattia avanzata (9.079, circa il 75% del totale), l'8% dei casi aveva una alterazione molecolare germline potenzialmente oggetto di terapia spcifica (quindi livello 1 o 3B secondo OncoKB precision oncology) e il 3.2% dei pazienti riceveva trattamenti germline genotype-directed.
L'esperienza del MSKCC, istituzione mondiale nella genetica clinica applicata all'oncologia, offre alcuni spunti di interesse. Lo studio conferma che l'analisi del DNA germinale - oltre ad identificare sindromi ereditarie e individui a rischio aumentato di neoplasia (candidati a chirurgia di profilassi, chemioprevenzione o programmi di sorveglianza specifica) - può dare nuove informazioni sfruttabili in campo terapeutico.
Partendo da una coorte di quasi 12.000 pazienti, gli autori riescono a quantificare la percentuale di soggetti con mutazioni germline potenzialmente target di farmaci specifici, percentuale che è certamente destinata a crescere nel tempo, di pari passo con la disponibilità di alta tecnologia, l'evoluzione delle conoscenze biologiche e la positiva "nudge" data dalle aziende farmaceutiche.
L'approccio al testing molecolare germline utilizzando in pazienti oncologici un pannello complesso multigenico (MSKCC-Impact panel) potrebbe inoltre permettere di identificare nuovi potenziali target ed avere risvolti importanti anche in setting di malattia precoce.