No, non si tratta di un film poliziesco. Ma dell'azione dell'immunoterapico in una patologia deturpante, aggressiva per natura, e con limitate chance terapeutiche. Lo studio presentato all'ESMO 2016 e recentemente pubblicato dimostra l'efficacia di nivolumab nei pazienti con neoplasia del distretto cervico-facciale recidivata resistente al platino.
Ferris RL, et al. Nivolumab for recurrent squamous-cell carcinoma of the head and neck. N Engl J Med 2016;375:1856-67
Una patologia difficile la neoplasia maligna del distretto cervicofacciale: colpisce oltre 600.000 pazienti ogni anno a livello mondiale, oltre 9.000 in Italia nel 2016 (dati da I numeri del Cancro 2016), con una notevole percentuale di pazienti con malattia localmente avanzata o metastatica.
Al momento della progressione ad un trattamento con platino, la aspettativa di vita è limitata a circasei mesi e sostanzialmente non vi sono convincenti armi terapeutiche, sebbene sovente sia utilizzata una monoterapia con un agente antiblastico o un EGFR-inibitore.
La biologia della malattia è influenzata dall'immunoevasione, mediata dall'espressione di PD-L1 e PD-L2 e da PD-1, potenzialmente bloccato dall'azione del nivolumab.
Lo studio di fase III randomizzata ha arruolato oltre 360 pazienti con patologia del distretto cervicofacciale (in particolare cavità orale e faringe) in progressione entro sei mesi dal termine di una chemioterapia con cisplatino. I pazienti sono stati randomizzati 2:1 a ricevere nivolumab alla dose di 3 mg/Kg di peso corporeo vs una monoterapia scelta a discrezione dell'investigatore (metotrexate, ocetaxel o cetuximab). Endpoint primario dello studio era la sopravvivenza overall; endpoint secondari la PFS, il tasso di risposte obiettive, la safety e la qualità di vita misurata con questionari validati (EORTC QLQ-30, QLQ-H&N35, EQ-5D-3L).
Inoltre, veniva indagata l'associazione tra espressione di PD-1 e infezione da HPV con la sopravvivenza.
I pazienti sono stati randomizzati in circa 1 anno (da giugno 2014 a agosto 2015); oltre il 90% aveva ricevuto radioterapia e oltre un terzo almeno due linee di terapia sistemica. La quasi totalità dei pazienti aveva meno di 75 anni e l'età mediana era di circa 60; il PS era di 1 secondo ECOG in tre quarti dei pazienti inclusi.
Sebbene non si registrassero differenze in PFS mediana (HR=0.89), la sopravvivenza mediana è stata di 7.5 mesi nel braccio con nivolumab vs 5.1 mesi in quello standard (HR 0.70, 97.7%CI 0.51-0.96, p=0.01) e la sopravvivenza stimata a 1 anno era più che raddoppiata per i pazienti trattati con immunoterapico (36% vs 16%).
Il vantaggio era inoltre ottenuto con un miglior profilo di tossicità (effetti collaterali di grado 3 o 4 13% nel braccio sperimentale vs 35% in quello standard) e con un vantaggio in termini di qualità di vita.
L'immunoterapia fa un altro centro: anche i pazienti con tumore del distretto cervicofacciale resistente al platino possono beneficiarne, sebbene dal trattamento derivi un vantaggio non particolarmente entusiasmante. I nostri complimenti a Lisa Licitra, ricercatrice clinica italiana presente come co-autore sul lavoro.
Rimane da stabilire se il beneficio in sopravvivenza possa essere maggiore nel sottogruppo di pazienti con più alta espressione di PD-1 e con tumore p-16 positivo.