Miscellanea
Sabato, 29 Luglio 2017

Valutiamo il valore dei trattamenti oncologici: pregi e difetti della scala ESMO

A cura di Massimo Di Maio

La “magnitude of clinical benefit scale” dell’ESMO rappresenta un importante sforzo per la misura del valore dei trattamenti oncologici. Come tutti gli strumenti, tuttavia, la scala ha dei difetti. Proviamo a vedere quali.

Sobrero A, Puccini A, Bregni G, Bruzzi P. The urgent need to improve the tools to assess clinical benefit and value of cancer treatment. European Journal of Cancer 2017 Jul 24 [Epub ahead of print]

Le maggiori società scientifiche oncologiche (ASCO ed ESMO) hanno recentemente proposto due strumenti di valutazione del valore dei trattamenti antitumorali. Al di là delle caratteristiche specifiche di ognuno dei due strumenti, la loro elaborazione ha avuto il grosso merito culturale di portare all’attenzione della comunità scientifica la necessità di provare a quantificare il reale beneficio clinico associato ai nuovi trattamenti oncologici.

Come tutti gli strumenti, anche le scale ASCO ed ESMO sono criticabili e potenzialmente migliorabili. Nell’articolo appena pubblicato su European Journal of Cancer, Alberto Sobrero e Paolo Bruzzi discutono i limiti della scala ESMO.

Gli autori sottolineano che le controversie a proposito della valutazione del beneficio, del valore e a proposito della sostenibilità dei trattamenti sono varie.

Innanzitutto, la percezione dell’impatto dei nuovi farmaci sull’outcome complessivo dei tumori è sorprendentemente eterogenea: il valore attribuito ad un nuovo farmaco da parte della comunità oncologica può essere maggiore di quello percepito da altri specialisti, che tendono a valutare i risultati da una prospettiva più “generale” di salute pubblica.

In secondo luogo, sottolineano Sobrero e Bruzzi, molte voci raccomandano di “alzare l’asticella” nella valutazione dell’efficacia dei trattamenti negli studi clinici, ma al tempo stesso un atteggiamento eccessivamente “restrittivo” porterebbe a sottovalutare molti benefici incrementali che indubbiamente hanno contribuito ai progressi terapeutici ottenuti in numerosi tumori solidi.

Terza considerazione: nessuno dubita che la sostenibilità del costo dei farmaci antitumorali rappresenti una sfida per certi aspetti proibitiva, ma le azioni realmente efficaci intraprese finora sono abbastanza scarse. Sulla base di queste premesse, gli autori dell’articolo commentano i punti critici degli strumenti di valutazione del beneficio, e in particolare della “magnitude of clinical benefit scale” dell’ESMO.

I punti di vista alla base della valutazione del valore di un trattamento possono essere necessariamente diversi, e quindi i differenti “attori” possono pensare, scegliere ed agire in maniera diversa:

La prospettiva dei pazienti: spesso, il paziente non chiede allo specialista il beneficio medio associato al trattamento, ma vorrebbe sapere quale è la sua chance di cura, oppure quale è la chance di essere vivo a distanza di tempo, con il nuovo farmaco rispetto al vecchio. Grande rilievo può avere per il paziente il cosiddetto “effetto possibilità”: poter puntare su una chance anche piccola (es. 10%) di essere vivo a distanza di tempo, se tale chance è praticamente nulla con i trattamenti “vecchi”, rappresenta uno stimolo notevole per il paziente a chiedere il nuovo trattamento. Questo aspetto, sottolineano gli autori, è diventato di grande interesse con i recenti risultati ottenuti con i farmaci immunoterapici (che spesso aumentano la chance di beneficio a lungo termine), anche se le stime del beneficio a un tempo lungo sono necessariamente più imprecise.

La prospettiva del medico: sulle decisioni e sulle convinzioni degli oncologi pesano l’esperienza personale, e l’abitudine a basarsi, per l’interpretazione dei risultati degli studi clinici, su strumenti “classici” come l’hazard ratio (e il relativo intervallo di confidenza), nonché il risultato (es. sopravvivenza globale) mediano.

La prospettiva del “pagatore” (che può essere il servizio sanitario nazionale, la Regione, una compagnia assicurativa etc. ): in questo caso, a farla da padrone nelle considerazioni sono le risorse economiche limitate, l’incremento incontrollato nei costi dei nuovi trattamenti, e la necessità di ripartire le risorse tra branche diverse della medicina.

L’ASCO ha impostato il proprio strumento di valutazione del beneficio clinico associato ai trattamenti antitumorali partendo dalla prospettiva del paziente: è il paziente che discute con il medico i benefici e i rischi associati al trattamento, e decide quindi se vale la pena o no accettare la proposta terapeutica (considerato che nel sistema americano è il paziente ad accollarsi, almeno in parte, i costi della terapia).

L’ESMO, diversamente dalla società scientifica americana, ha prodotto uno strumento che vuole porsi dalla prospettiva della salute pubblica, dichiarando di voler produrre una scala utile in un sistema che si basa sull’uso di risorse economiche limitate, allo scopo di garantire la sostenibilità del sistema. In alcuni stati, la scala ESMO è usata nelle decisioni relative al rimborso dei farmaci oncologici, e l’ESMO stessa basa le raccomandazioni contenute nelle proprie linee guida sull’impiego della scala.

Alberto Sobrero e colleghi elencano alcune problematiche della scala ESMO:

La scala usa criteri arbitrari

Valuta singoli studi (per definizione positivi) e quindi non prende in considerazione tutta l’evidenza eventualmente disponibile per uno specifico farmaco, inclusi gli eventuali studi negativi 

Si basa sulla stima puntuale di efficacia e non tiene conto dell’imprecisione della stima. La decisione di basare la dimensione dell’effetto di un trattamento sul limite inferiore dell’intervallo di confidenza dell’efficacia è un punto debole da correggere: nell’attuale versione della scala ESMO, uno studio più piccolo, quindi con stima più imprecisa dell’effetto, è favorito rispetto ad uno studio di dimensioni più adeguate.

La scala ESMO non prevede un abbassamento del punteggio in caso di una peggiore tossicità del trattamento sperimentale. Gli autori sottolineano giustamente che questo non rispecchia accuratamente la moderna concezione di bilancio tra benefici e danni.

L’articolo appena pubblicato su European Journal of Cancer è sicuramente una lettura interessante per chi è interessato (e dovremmo esserlo tutti) al dibattito sulla quantificazione del valore dei trattamenti oncologici.

Come tutte le novità, alla scala ESMO va riconosciuto l’indubbio merito di aver portato all’attenzione della comunità scientifica un tentativo di standardizzazione della valutazione. Le critiche costruttive sono sempre utili, perché potenzialmente porteranno ad un miglioramento dello strumento.

Non esisterà probabilmente mai un criterio universalmente accettato di valutazione, ma le società scientifiche hanno il dovere di stimolare il confronto, e il dibattito scientifico, su questo cruciale argomento.