Mentre le terapie target stanno rivoluzionando la terapia medica sistemica del paziente con colangiocarcinoma, l'analisi del cell-free DNA si presenta come metodica alternativa per la profilazione genomica della malattia. Molti vantaggi, ma anche qualche limite.
Berchuck JE, et al. The Clinical Landscape of Cell-Free DNA Alterations in 1,671 Patients with Advanced Biliary Tract Cancer. Ann Oncol. 2022 Sep 8:S0923-7534(22)04141-2.
Patologia gastrointestinale infrequente (poco meno di 5.000 nuovi casi/anno in Italia), ma che nella storia recente ha avuto grandi innovazioni terapeutiche. Tra queste, l'oncologia di precisione che permette di individuare un target actionable nel 40-50% dei pazienti (sia BTC-specifiche che agnostiche) e la novità dell'immunoterapia che, con lo studio TOPAZ-1, ha dimostrato come la combinazione di chemioterapia e durvalumab migliori l'outcome del paziente con malattia avanzata.
Nell'ambito della possibilità di individuare un target è noto vi sia una differente incidenza del possibile driver in dipendenza delle sede anatomica della neoplasia primitiva (Lamarca A, et al. J Hepatol 2020), con una maggiore incidenza di fusioni di FGFR2 e mutazioni di IDH negli intraepatici, di alterazioni molecolari di KRAS e SMAD4 negli extraepatici e di overespressione/amplificazione di HER2/3 nelle neoplasie della colecisti.
Il teorico vantaggio di poter profilare la malattia partendo dal cell-free DNA (CfDNA) è molteplice: supera la scarsità di materiale istologico disponibile, descrive l'eterogeneità della malattia nel singolo paziente, offre la chance di prelievi ripetuti nel tempo per il monitoraggio della malattia e l'evidenza precoce di resistenze secondarie, ha la capacità do offrire un semplice mezzo prognostico/predittivo. Tuttavia questa analisi deve essere condoitta e interpretata da personale esperto e se possibile validata da un panel multiprofessionale di un TMB.
In questo panorama gli autori presentano l'analisi NGS (Guardant360 CdX, la prima comprehensive liquid biopsy con analisi genomica approvata da FDA) di oltre 2.000 campioni di CfDNA provenienti da 1670 pazienti con malattia avanzata, mirando a rappresentare l'utilità della tecnica e le sue potenzialità. Inoltre, in una coorte di soggetti si stabiliva il grado di concordanza tra la alterazione molecolare evidenziata in biopsia solida e quella individuata con biopsia liquida.
Tramite l'analisi del CfDNA condotta con assay Guardiant360 (pannello con 73 geni) su oltre 2.000 campioni provenineti da 1670 pazienti è stata evidenziata una qualche alterazione molecolare nel 84% dei pazienti, i oltre la metà dei quali (44%) l'alterazione driver era potenzialmente bloccabile con un trattamento specifico. Le fusioni di FGFR2, le mutazioni di IDH1 e di BRAF risultavano clonali, segno biologico di genesi precoce nella patogenesi della malattia.
Interessante anche notare come la concordanza tra il profilo mutazionale docuemntato in biopsia liquida vs solida variasse a seconda del target: 90% per IDH1, 100% per BRAF, ma solo 20% per FGFR2 - per il quale sono anche stati individuati nuovi putativi meccanismi di resistenza (es: FGFR2 mutazione C492F). Infatti solo 12 dei 67 pazienti con fusione documentata nell'analisi tissutale riportavano la alterazione anche in biopsia liquida. Le motivazioni di questa alta discordanza non sono chiare.
Inoltre, la analisi del CfDNA ha permesso l'indivisuazione di KRAS G12C (1%), mutazioni di PI3KCA (7%) - potenzialmente suscettibili di terapia con alpelisib - e amplificazioni di HER2 (circa 5%) per le quali è teoricamente disponibile un'ampia disponibilità di terapie target. Poichè il test MSI è stato introdotto nell'assay utilizzato solo in un secondo tempo, il dato sull'instabilità microsatellitare era disponibile solo in un campione limitato di 250 soggetti, con una incidenza di MSI-H del 1.5%.
Come ultimo dato, si segnala come vi fosse una associazione tra la frazione di variante alleliche al CfDNA e l'outcome: in caso di valori elevati al basale si registrava un minor tasso di risposta ed una ridotta PFS/OS sia alla chemioterapia che alle terapie target.
L'analisi pubblicata dal gruppo internazionale - che rappresenta ad oggi la più ampia casistica riguardante l'aplicazione del CfDNA nei pazienti con neoplasia delle vie biliari avanzata - offre spunti di riflessione sulla presenza di nuovi target e sui possibili meccanismi di resistenza.
Sebbene l'analisi da sangue periferico abbia noti vantaggi, la complessità tecnica, la necessità di analisi certificate e il bisogno di una corretta interpretazione del dato sono elementi da non trascurare: al momento lo standard rimane la profilazione con NGS di alta qualità sul tessuto - che anche in acccordo allo statement ESCAT dovrebbe essere offerta a tutti i pazienti con colangiocarcinoma (Mosele F, et al. Ann Oncol 2020). Tuttavia, la biopsia liquida potrebbe offrire particolare utilità nella (ri)profilazione al momento della progressione alla terapia target con IDH inibitore o FGFR2 inibitore (spesso si tratta di mutazioni puntiformi nel sito catalitico) e si intravede un prossimo futuro che prevederà la centralizzazione di questa tecnica in centri ad alto volume e particolare expertise.