Da patologia negletta a star del cambiamento. Il carcinoma esofageo squamoso è ora sotto i riflettori per il marcato beneficio che i pazienti possono avere dall'immunoterapia, sia in combinazione alla chemioterapia standard che in doppia associazione senza antiblastici.
Doki Y, Ajani JA, Kato K, Xu J, Wyrwicz L, Motoyama S, Ogata T, Kawakami H, Hsu CH, Adenis A, El Hajbi F, Di Bartolomeo M, Braghiroli MI, Holtved E, Ostoich SA, Kim HR, Ueno M, Mansoor W, Yang WC, Liu T, Bridgewater J, Makino T, Xynos I, Liu X, Lei M, Kondo K, Patel A, Gricar J, Chau I, Kitagawa Y; CheckMate 648 Trial Investigators. Nivolumab Combination Therapy in Advanced Esophageal Squamous-Cell Carcinoma. N Engl J Med. 2022 Feb 3;386(5):449-462. doi: 10.1056/NEJMoa2111380
Alzi la mano chi 10 anni fa si interessava al trattamento del carcinoma esofageo squamoso.
Onesatemente, si trattava di una patologia quantomeno poco studiata (se non addirittura trascurata), ritenuta ostica per le molto limitate soddisfazioni terapeutiche nel trattare pazienti "difficili", che spesso esordivano con un quadro avanzato, con una limitata risposta ai trattamenti antiblastici (median PFS inferiore ai 6 mesi, median OS 10-12 mesi) e con una bassa chance di sopravvivenza overalla a 2 anni. Inoltre, la chemioterapia con cisplatino e fluoro sembrava essere un immutabile standard da almeno 15 anni.
Recentemente, invece, tutto è cambiato.
Ad esempio, lo studio Keynote 181 (Kojima T, et al. J Clin Oncol. 2020) ha dimostrato che il pembrolizumab ha efficacia come trattamento di seconda linea dei pazienti con neoplasia esofagea avanzata, selezionati sulla base dell’espressione di PD-L1 superiore a 10. Lo studio Keynote 590 (Sun JM, et al. Lancet 2021) ha dimostrato che la combinazione di pembrolizumab e chemioterapia era superiore in sopravvivenza overall alla sola chemioterapia nel carcinoma squamoso avanzato con CPS PD-L1 score di almeno 10, stabilendo un potenziale nuovo standard terapeutico in questo setting.
Ora, arrivano i dati del trial CheckMate 648 (presentati all'ASCO 2021), in cui quasi 1.000 pazienti sono stati randomizzati 1:1:1 e trattati con una combinazione di immunoterapia con nivolumab e chemioterapia ovvero duplice immunoterapia con nivolumab e ipilimumab ovvero la terapia standard con solo chemioterapia.
Il trattamento durava fino a 24 mesi o, comunque, fino alla progressione della malattia o al raggiungimento di una tossicità inaccettabile del trattamento. I due primary endopoint erano la OS e la PFS determinata con revisione centralizzata, con un test statistico gerarchico condotto preliminarmente nella popolazione con espressione di PD-L1 uguale o superiore a 1%.
Dopo un follow-up minimo di 13 mesi, sono stati pubblicati i dati di confronto per i 970 pazienti randomizzati nello studio globale.
La combinazione di chemioterapia e nivolumab si è dimostrata superiore in sopravvivenza overall vs la sola chemioterapia sia nella popolazione con PD-L1 >1% (OS mediana 15.4 mesi vs 9.1 mesi, HR 0.54, 99,5%CI 0.37.0.80, p<0.001), che - sebbene in misura inferiore - nella popolazione overall (OS mediana 13.2 mesi vs 10.7 mesi, HR 0.74, 99.1%CI 0.58-0.96, p=0.001). Molto importante il beneficio assoluto nel tasso di sopravvivenza a 1 e a 2 anni: a 1 anno la probabilità di sopravvivenza passa da 37% con la chemioterapia a 58% con la chemioterapia combinata a nivolumab.
In modo analogo, anche la nota combinazione dei due immunomodulanti (nivolumab ed ipilimumab) rispetto alla chemioterapia standard si è dimostrata superiore in OS sia nella popolazione con PD-L1 >1% (valore mediano 13.7 vs 9.1 mesi, HR 0.64; 98.6%CI 0.46-0.90, p=0.001) che nella popolazione generale (valore mediano 12.7 vs 10.7 mesi, HR 0.78, 98.2%CI 0.62-0.98, p=0.01).
Da notare che nella popolazione con espressione di PD-L1 >1% solo la combinazione di chemioimmunoterapia si è dimsotrata superiore rispetto alla chemioterapia esclusiva in PFS (HR 0.65, 98.5%CI 0.46-0.92, p=0.002, con un vantaggio di 2,5 mesi in PFS mediana).
Importante anche sottolineare la buona tolleranza per i trattamenti sperimentali e il vantaggio (sebbene non statisticamente significativo) riportato anche in QoL con i PRO e i questionari di qualità di vita dedicati e validati.
Lo studio CheckMate 648 - un rigoroso trial randomizzato globale - disegna un nuovo scenario terapeutico con un vantaggio in OS mediana che varia tra 2.5 e 6.5 mesi per l'introduzione dell'immunoterapia in prima linea nel trattamento di pazienti con carcinoma squamoso ed espressione di PD-L1 >1%, che rappresentava circa la metà della popolazione.
Da qualsiasi punto di vista si analizzino le curve di sopravvivenza (OS mediana, HR, beneficio assoluto, tasso di sopravvivenza a lungo termine), il vantaggio è chiaro, e va letto assieme al maggior tasso di risposte e di controllo di malattia, al prolungamento della sopravvivenza senza progressione (per chemio-immuno) ed alla discreta tolleranza del trattamento.
Lo studio non era disegnato per comparare i due bracci sperimentali (ipi-nivo vs chemio-nivolumab), ma - al netto della possibilità prescrittiva e in attesa delle analisi post hoc in corso - certamente la futura scelta nella pratica clinica dovrà essere basata su molti fattori, incluso il performance e le comorbidità del paziente, la necessità di avere una risposta rapida, l'espressione di PD-L1 ed il rapporto beneficio/danno della scelta in considerazione del diverso profilo di tossicità delle due opzioni.
Molta componente asiatica, ma anche un coautore italiano nel manoscritto, con Maria Di Bartolomeo dell'INT di Milano.