Dopo CRICKET, PRESSING e CAVE, le evidenze sul rechallange si arricchiscono di un importante tassello con la pubblicazione del trial di fase II CHRONOS.
Sartore-Bianchi A, et al. Circulating tumor DNA to guide rechallenge with panitumumab in metastatic colorectal cancer: the phase 2 CHRONOS trial. Nat Med. 2022 Aug;28(8):1612-1618. Epub 2022 Aug 1
Numerose evidenze cliniche permettono di sostenere che la maggior parte dei pazienti con carcinoma colorettale metastatico RAS/BRAF all WT sia inizialmente candidato a un trattamento di combinazione con chemioterapia e EGFR inibitore, in particolar modo se con neoplasia primitiva localizzata al colon sinistro.
E' anche noto che, invariabilmente, l'ererogeneità della neoplasia colorettale abbia un peso nell'evoluzione della malattia. Anche dopo un'ottima risposta al trattamento di combinazione, i cloni resistenti vanno via via aumentando portando alla progressione radiologica della malattia. In questi casi è naturale passare ad un trattamento non crossresistente, modificando l'assetto della terapia, per poi poter riutilizzare il trattamento con EGFR inibitore in una linea successiva. Questo è il concetto di rechallange che, differentemente dalla reintroduzione, prevede il riutilizzo di un trattamento precedentemente utilizzato in prima linea, dimostratosi attivo e al quale la neoplasia è divenuta secondariamente resistente, ma successivamente ad una seconda terapia sistemica senza EGFR inibitore.
Nella costruzione della strategia del rechallange ci sono stati alcuni paper importanti. Daniele Santini (Ann Oncol 2012) ha intuito tale meccanismo un decennio fa; poi gli studi preclinici del gruppo di Alberto Bardelli (Misale S, et al. Resistance to anti-EGFR therapy in colorectal cancer: from heterogeneity to convergent evolution. Cancer Discov 2014; Siravegna G, et al. Clonal evolution and resistance to EGFR blockade in the blood of colorectal cancer patients. Nat Med 2015), quindi le prinme applicazioni cliniche del concetto con il trial CRICKET (Cremolini C, et al. JAMA Oncol 2018).
Proprio nello studio italiano CRICKET si è dimostrato che in una piccola popolazione molecolarmente selezionata (28 soggetti con adenocarcinoma pretrattato RAS e BRAF wild-type) e con una precedente storia di trattamento ben scandita dai criteri di selezione, il tasso di risposta al rechallange con cetuximab e irinotecan era del 21% con un 32% di stabilità di malattia. Inoltre, si dimostrava che i pazienti che beneficiavano della strategia del rechallange in PFS e OS erano quelli dove non si riscontravano mutazioni di RAS nel ctDNA al momento dell'avvio della terapia sperimentale.
Un ulteriore sviluppo si è avuto con il trial CAVE (Martinelli E, et al. JAMA Oncol 2021) nel quale il rechallange con cetuximab e avelumab ha prodotto in 77 pazienti un tasso di risposta del 10%, un controllo della malattia nei due terzi dei casi e una median OS di quasi 12 mesi (che diventava di 17 mesi se il tumore non dimostrava alterazioni di RAS/BRAF alla analisi basale del ctDNA in biopsia liquida, senza sostanziali differenze in dipendenza dello stato di instabilità microsatellitare).
In questo contesto va letto lo studio CHRONOS, un complesso trial di fase II con una fase di screening molecolare pretrial e una fase di trattamento con panitumumab in pazienti esposti in prima linea a chemioterapia + EGFR-inibitore e biologia molecolare permissiva (con conferma in biopsia liquida ripetuta a specifici endpoint). Endpoint primario dello studio, in linea con altre sperimentazioni sulla stessa tematica era la overall response rate; endpoint secondari erano la PFS, OS e la safety della strategia proposta. La caratteristica dello studio era l'inclusione (con la filosofia dello ‘zero mutation ctDNA triage’) e il monitoraggio dei clono resistenti nel sangue del paziente con ctDNA.
Nel trial CHRONOS sono stati screenati 52 pazienti con caratteristiche di eleggibilità, 16 dei quali sono stati esclusi in quanto è stata scoperta una mutazione di resistenza.
Sono stati trattati 27 pazienti con età mediana di 64 anni, PS quasi sempre 0-1, tutti MSS; la neoplasia primitiva era localizzata nel colon destro nel 18% dei casi. Il numero mediano di precedenti linee di terapia era 3. Un quarto dei pazienti aveva anche già ricevuto regorafenib e/o trifluridina tipiracile.
Tra i 27 pazienti trattati il tasso di risposta - endpint primario della sperimentazione clinica - è stato del 30% (8 pazienti) con un tempo mediano di durata della risposta di 17 settimane; il 63% (17 pazienti) hanno comunque ottenuto un controllo di malattia.
Il messaggio dello studio CHRONOS - trial di fase II prospettico che indaga la ricerca molecolare con ctDNA utilizzata come guida alla scelta terapeutica di rechallange con EGFR inibitore - si allinea a quello di altri studi clinici, arricchendolo. Si dimostra che il rechallange con EGFR inibitori, in pazienti molto ben selezionati, produce una risposta nel 30% dei casi con un dato decisamente più favorevole rispetto a quanto sia ragionevole attendersi dalla chemioterapia di terza/quarta linea.
Nella pratica oncologica non abbiamo strumenti "clinici" per selezionare pazienti che possano beneficiare dal rechallange: ORR e PFS in prima linea, motivo di interruzione del EGFR inibitore, EGFR-inibitore free interval, numero di linee senza anti-EGFR; tempo dall'ultima somministrazione: nessuno di questi si è dimostrato predittore di beneficio (Rossini D, et al. Clin Colorectal Cancer 2020). Rimane quindi necessario seguire la strada della biologia e selezionare i pazienti candidati al rechallange con la ricerca di mutazioni in biopsia liquida - affidandosi a centri con expertise nella metodica. La biopsia liquida, oltra a guidare la scelta del trattamento, potrebbe permettere di personalizzare la tempistica alla quale proporre l'inizio del rechallange.
Quale sia la migliore collocazione del rechallange con panitumumab nella sequenza terapeutica ottimale è oggetto dello studio randomizzato PARERE, tuttora in corso in molti centri italiani, e del trial PULSE.