Uno studio di fase II - con importante contributo italiano - testa in prima linea la combinazione di nivolumab e ipilimumab a basse dosi nel carcinoma colorettale avanzato MSI-H/dMMR: nuovi dati a favore dello straordinario impatto dell'immunoterapia in questi pazienti.
Lenz HJ, et al. First-Line Nivolumab Plus Low-Dose Ipilimumab for Microsatellite Instability-High/Mismatch Repair-Deficient Metastatic Colorectal Cancer: The Phase II CheckMate 142 Study. J Clin Oncol. 2021 Oct 12:JCO2101015. doi: 10.1200/JCO.21.01015. Epub ahead of print.
L'effetto sinergico della combinazione di inibitori di PD-1 e di CTLA-4, che con meccanismi d'azione differenti restorano la funzione del sistema immunitario dell'ospite, porta a casa un altro punto a favore nel trattamento di quella quota di pazienti con carcinoma colorettale avanzato più sensibili all'azione dell'immunoterapia.
Il CheckMate 142 è uno studio di fase II che testa la combinazione di nivolumab ed ipilimumab in multiple coorti: alcuni risultati dello studio multicentrico riguardo ai pazienti pretrattati sono già stato pubblicati (Overman MJ, et al Lancet Oncol 2017; Overman MJ et al, J Clin Oncol 2018).
La pubblicazione ora in questione presenta i dati della terapia con nivolumab 3 mg/Kg somministrato ogni due settimane) e ipilimumab a basse dosi (1 mg/Kg ogni sei settimane) in pazienti con neoplasia colorettale avanzata e non resecabile MSI-H/dMMR, ECOG PS 0-1 e non precedentemente trattati.
Endpoint primario dello studio era la risposta obiettiva con valutazione dell'investigatore (erano utilizzati criteri RECIST 1.1, non immunoRECIST); endpoint secondari era la ORR rivalutata centralmente da reviuewer blinded, la PFS, la safety e la tollerabilità della terapia. I dati sono stati pubblicati in forma estesa dopo un follow-up mediano di circa 30 mesi.
Come atteso, tra i pazienti inclusi nel trial vi era una alta incidenza di neoplasie del colon destro, dove è più frequente la condizione MSI-H/dMMR (58% dei casi), con una frequenza di mutazioni BRAF in un terzo dei casi.
Nei 45 pazienti arruolati nella sperimentazione il tasso di risposta ha sfiorato il 70% (69%, 95%CI 53-82) con un tempo mediano alla risposta inferiore ai tre mesi, un paziente ogni 8 raggiungeva la risposta completa (complete response rate 13%) e si registrava un controllo di malattia nel 85% dei casi.
Alla rivalutazione centralizzata delle immagini non variava in modo significativo il numero delle risposte complessive (63%), ma quelle complete incrementavano, passando al 24%.
Non vie era differenza in termini di risposta o controlo di malattia in dipendenza del make up molecolare della malattia (incluso RAS e BRAF).
Dopo due anni di minimo follow-up, non erano state raggiunte né la durata della risposta mediana, né la median PFS, né tantomeno la median OS. Da notare anche che nei 14 pazienti che avevano interrotto la terapia, 10 rimanevano liberi da progressione.
Il primo report sulla doppia immunoterapia (senza chemioterapia) in prima linea per pazienti con carcinoma colorettale avanzato centra il bersaglio: il tasso di risposta è davvero elevato (tanto per fare un paragone "metodologicamente scorretto" quello della tripletta e bevacizumab nel TRIBE-2 è del 62%) e una volta ottenuta la risposta è particolarmente duratura.
Il trattamento è stato ben tollerato, senza evidenza di effetti collaterali inattesi.
Un complimento va ai molti investigatori italiani che hanno contribuito all'accrual dei pazienti e alla riuscita della sperimentazione.
I dati del CM 142, certamente da considerare assieme a quelli del fase III KN 177 che ha testato in pazienti non pretrattati pembrolizumab vs chemioterapia, rinforzano il messaggio su quanto sia dirompente l'effetto dell'immunoterapia in questo sottogruppo di pazienti con carcinoma colorettale avanzato. Il test per MSI in prima linea si posiziona quindi al primo posto tra i fattori da considerare nella scelta terapeutica per il trattamento della malattia metastatica.
Interessante notare come le progressioni iniziali con l'immunoterapia di combinazione si riducano nettamente rispetto a quelle documentate tra i pazienti trattati con solo pembrolizumab (13% nel CM 142, 29% nel KN 177), suggerendo che la combinazione possa meglio controllare le resistenze intrinseche. Nonostante questa suggestione, la risposta finale riguardo a cosa realmente aggiunga la combinazione dell'anti CTLA-4 con nivolumab rispetto alla sola immunoterapia verrà dal trial CK 8HW tuttora in corso (Abdullaev S, et al. ASCO 2020, TPS266) mentre gli studi che combinano chemioterapia a immunoterapia potrebbero rivelare strade alternative per limitare le progressioni precoci.
Tra i punti di debolezza dello studio vi sono il sample size limitato (45 pazienti) e l'assenza di un braccio di comparazione/calibrazione.