Un trial di fase 2 nordamericano, condotto in pazienti con neoplasia gastrica avanzata, testa l’efficacia e la sicurezza di una tripletta con platino e taxano a intensità attenuata. Una cosa è certa, gli amanti del “tutto subito” rimangono sempre meno...
Shah MA, et al. Randomized Multicenter Phase II Study of Modified Docetaxel, Cisplatin, and Fluorouracil (DCF) Versus DCF Plus Growth Factor Support in Patients With Metastatic Gastric Adenocarcinoma: A Study of the US Gastric Cancer Consortium. J Clin Oncol 2015, epub ahead of print 14 Oct.
L’evoluzione della terapia di prima linea del carcinoma gastrico avanzata ha avuto, per alcuni versi, un moto pendolare. Partiti da una chemioterapia con un solo farmaco negli anni 80, si è rapidamente passati a una doppietta con platino negli anni 90 e a una alla tripletta degli anni 2000 (ECF, ECX, EOF, EOX nel trial REAL 2). Recentemente, la comunità scientifica internazionale ha invertito la rotta, e anche i più accessi sostenitori del trattamento intensivo sembrano ora riconsiderare la loro posizione, preferendo la doppietta come terapia standard.
Rimane anche una parte di oncologi (soprattutto nordamericani) fedeli all’utilizzo del taxano in prima linea nell’ambito di uno schema a tre farmaci (DCF). Questa preferenza è sostenuta dai risultati dello studio TAX-325 (Van Cutsem et al, J Clin Oncol 2007), studio apostrofato duramente dal famoso editoriale di Ilson intitolato “DCF in gastric cancer: does the punishment fit the crime?” a causa della notevole tossicità dello schema.
Nell’intento di mantenere un’elevata attività ma assicurando al contempo una molto più contenuta tossicità, lo studio recentemente pubblicato arruola 85 pazienti con età inferiore ai 75 anni a ricevere lo schema DCF classico con supporto midollare primario ovvero una sua versione attenuata (mDCF) con 5-fluorouracile 2.000 mg/m2 in 48 ore, docetaxel 40 mg/m2 al giorno 1 e cisplatino 40 mg/m2 al giorno 3, ripetuto ogni due settimane.
Endpoint primario dello studio era la PFS a sei mesi; lo studio prevedeva dei criteri per l’early termination nel caso fosse stata registrata una tossicità inaccettabile (oltre il 70% di tossicità G3 o G4 nei primi tre mesi).
I pazienti sono stati arruolati tra il 2006 e il 2010: il lungo periodo testimonia un difficile accrual e una grande selezione dei pazienti.
La PFS a sei mesi è stata del 63% per i pazienti randomizzati a mDCF e del 53% per quelli esposti al regime classico. In accordo a questo dato, PFS mediana (9.7 mesi vs 6.5 mesi, p=0.2) e OS mediana (18.8 mesi vs 12.6 mesi, p=0.007) erano numericamente piuù lunghe per i pazienti che ricevevano la tripletta attenuata.
Il numero mediano di cicli ricevuti è stato di 5.7 con il mDCF (range 3.4-6.8) vs 4 con il DCF classico (range 2.6-6.3).
Il rate di tossicità G3-G4 nei primi tre mesi è stata del 54% con mDCF, 22% dei pazienti sono stati ospedalizzati). Il braccio che prevedeva DCF, invece, è stato chiuso anticipatamente per un tasso di tossicità del 71% nei primi tre mesi e un tasso di ospedalizzazione del 52% nonostante fosse previsto il supporto midollare.
Sebbene il dato sulla tollerabilità della tripletta attenuata sia vantaggioso rispetto a quello del regime originale, lo schema non è di certo privo di tossicità (soprattutto midollare e sistemica) e deve quindi essere usato con cautela solo in pazienti selezionati.
Nel momento in cui abbiamo a disposizione più linee di terapia durante la traiettoria del trattamento (da ricordare che in Italia oltre il 50% dei pazienti riceve una seconda linea e il 25% circa ne riceve una terza), pare più ragionevole scegliere la strada di una sequenza di trattamenti piuttosto che una tripletta di primo acchito. In una strategia moderna, infatti, il taxano può essere omesso dallo schema iniziale, optando per una combinazione a due farmaci, per essere poi recuperato in seconda linea eventualmente in associazione al ramucirumab.