Un’analisi post-hoc dello studio MAGIC conferma che il coinvolgimento linfonodale, e non la risposta patologica, sia il più potente fattore prognostico negativo per pazienti con carcinoma gastrico resecabile che completano chemioterapia preoperatoria e vanno a chirurgia.
Smyth EC et al. Effect of Pathologic Tumor Response and Nodal Status on Survival in the Medical Research Council Adjuvant Gastric Infusional Chemotherapy Trial. J Clin Oncol 2016; epub ahead of print Jun 13.
I risultati positivi dello studio MAGIC (Cunningham D, et al. N Engl J Med 2006), un trial di fase 3 randomizzato che confrontava la terapia perioperatoria + chirurgia vs la sola chirurgia in pazienti con adenocarcinoma gastrico o della giunzione gastroesofagea, hanno contrubuito in modo significativo a portare l’attenzio della comunità scientifica sul valore del trattamento perioperatorio.
Non vi sono tuttavia dei parametri che possano selezionare quali pazienti possano evitare il trattamento antiblastico successive all’intervento né quali pazienti debbano invece essere trattati dopo la chirurgia con una chemioterapia differente e non crossresistente.
In questa stessa popolazione, il valore dell’espressione immunoistochimica di HER2 (Okines AF, et al. Ann Oncol 2013) e della biologia molecolare (Okines AF, et al. Eur J Cancer 2013) rimane limitato o incerto.
Lo studio recentemente pubblicato analizza il valore prognostico in termini di sopravvivenza overall della risposta patologica valutata secondo TRG secondo Mandard (un sistema di classificazione dela ripsosta in 5 categorie) e del coinvolgimento linfonodale evidenziato dal patologo dopo la chirurgia, che nel trial originale era riportato in circa il 60% dei pazienti.
I dati riguardanti i campioni patologici sono stati analizzati per 330 pazienti sui 503 arruolati nello studio clinico (65%); si segnala inoltre che dei 250 pazienti randomizzati nel MAGIC al braccio di chemioterapia perioperatoria, 229 sono stati resecati e di 159 era disponibile il campione patologico.
In analisi univariata, le variabili correlate alla sopravvivenza overall dopo trattamento preoperatorio erano sia la risposta secondo il TRG (HR 1.94, 95%CI 1.11-3.39, p=0.02) che la positività linfonodale (HR 3.63, 95%CI 1.88-7.0, p=0.0001). In particolare, la risposta patologica era valutata accorpando TRG 1-2 (responders) vs TRG 3-4-5 (non responders). La sopravvivenza mediana era non raggiunta nel primo gruppo vs 20.5 mesi nel secondo gruppo.
In analisi multivariata, invece, il solo dato a rimanere significativamente correlato alla sopravvivenza overall dei pazienti tratttati con chemioterapia preoperatoria e chirurgia era la positività linfonodale (HR 3.36, 95%CI 1.70-6.63, p<0.001).
Una analisi interessante ma con alcuni limiti: presenza di potenziali selection e attrition bias, metodologia utilizzata per valutare la risposta patologica, numerosità campionaria limitata nella valutazione congiunta di TRG e positività linfonodale.
Nel complesso, lo studio suggerisce che il coinvolgimento linfonodale dopo chemioterapia e chirurgia resettiva con finalità radicale (definito sul referto patologico come ypN+) sia il più importante fattore prognostico da considerare nei pazienti con adenocarcinoma gastrico localizzato.
Tuttavia, non è chiaro se la negatività linfonodale fosse da mettere in relazione alla chemioterapia ricevuta (i pazienti con adenocarcinoma N0 avrebbero avuto un outcome più favorevole dei pazienti con neoplasia N+ a prescindere dal trattamento preoperatorio).
Rimane anche da stabilire se la nuova classificazione molecolare proposta dal TCGA possa influenzare tale esito in specifici sottogruppi di pazienti e se debba essere evitata ovvero modificata la strategia antiblastica postoperatoria in caso di persistenza di coinvolgimento linfonodale dopo chemioterapia preoperatoria.
Onestamente, dopo la lettura rimaniamo delusi: da un lavoro pubblicato sul J Clin Oncol ci si aspettava di più e di meglio.